Studi Sociali - VIII - n. 6 serie II - 20 set. 1937

degli episodi clel genere in Francia, peni q 1wst i non provano molto. Il pericolo :;ta nella t('ndcnZ:a generale di questo movi– nu•ulo di re:-tzJone internazionale di sini– nra e nelle st1e possibili. Gonsegnenze. 01:):)ene: Lulto qt1esto riposa su un soslc– gno a1 tificialc che dovrebbe essere facile distruggere con un'opera cU chiarificazione e rnn una condotta coerente e retta· dei ri– voluzionari sinceri. Tanto i fascisti. che gli stalinisti inaistono disperatamente. sul di– lemma "Roma o Mosca" che rappresenta l'ancora cli salvezza del principio d'autori– ta, radice d'ogni privilegio. Il dilemma, se pur e'é mai sLato, é sparito da un pezzo e viene mantenuto in piedi solo dai discorsi cli propaganda e - cosa assai piu grave.- .. dalla sottile abilita della grande stampa d'informazione. Per6 anche quest'apparen– za, alla luce della realta, fiuira per cadere. E allora? La delusione di grandi masse di lavora– tori rappresenta certo un pericolo, ma un pericolo da affrontare, perché la rivoluzio– ne non si pu6 basare che sulla verita, sotto 11ena di non essere che un colpo di stato. Io stessa ho visto spiriti sinceri, pieni di abnegazione, abbandonare la lotta con a– marezza e ripiegarsi su se stessi dopo esser passali attraverso le scoperte e la crisi spi– rituale che hanno trovato in Gide la loro voce. E le masse? E' probabile che non credano più a nessuno dei grandi Messia. né al Duce che guida con mano ferma i clestini d'Italia, né all'amato e venerato qa– po elci proletariato mondiale. E allora com- La comune STUDI SOCIALI {ll'encleranno che l'unita non é altro· che la solidarieta degli uomini coscienti che ba– sano sulla dignita del proprio lavoro il pro– prio cliritto alla vita ed alla Jiberta. Senti– ranno d'ave·re o cercheranno d'acquistare la capacita di pensare e dirigersi sole. Non é un processo semplice; sopratutto, nel periodo ciifficile in cui viviamo, é pieno di pericoli. li risveglio da un'illusione é sempre un'incognita. In quel momento, che s'avvicina, é necessario che le forze di li– berta siano vigorose. E' necessario che co– loro che diranno: "La salvezza nessuno la pn6 promettere né dare: sta in ciascuno di noi", siano pronti a dare l'esempio ed a gettare le basi d'un mondo nuovo. I nostri compagni spagnoli sono stati fi– nora, pur tra deviazioni ed errori, all'al– tezza di questo compito. Fuori di Spagna c'é ancora molto da fare in questo senso. Per6 é confortante vedere come, sotto la spinta degli avvenimenti, molte coscienze libertarie che si ignoravano, ritrovano se stesse ed enlrano nella lotta, spesso senza nessun vincoìo col nostro movimento. La liberta sul cui corpo Mussolini ha fat– to passare il suo carro trionfale ed é ora incatenata all'altare dai suoi falsi sacer– doti, trova pur modo d'aprirsi strada nel mondo e di preparare l'avvenire. I suoi de– stini stanno nelle mani di ciascuno di noi. Saremo degni di combattere per lei se sa– premo guardare in faccia la verita e pro– c-lamarla coraggiosamente, come Berneri. LUCIA FJrnnA m. ungherese ----- \, Circa i ltt'~"ii flvoHisi neJl'Un;theria jt .l i'f1s-1.t v'-- , ~ sempre stata uaa strana indifferenza. Essi non irn– i,ressero nella memoria rlel pr.Jletariato tracce molto profonde. A causa, forse, d'una rJuasi assoluta man– canza di documentazione, non si é valutata la ri– voluzione ungherese in Lutta la sua eccezionale gran– C:iosità. 11 suo vero carattere, e le ca.use reali tanto -Oel suo avverarsi quanto del1a sua catastrofe furono sem.pre misconosciute, oppure ignorate. Si suppone genera..lrnente ch'essa costitui una audace e sfortu– nata gesta del "bolscevismo", ed il più diffuso giu– dizio ,critico a 1 pp1icalo alla sua tragica scomparsa si circoscrive, per gli uni, alla supposta inettitudine del popol.1 magiaro, e per gli aJ.tri alla scarsac e– nergia con la qua.le i prin,cipii -del "marxismo-le-ni– ni,smo" ed i metodi coer-citivi della "clitlatura del proletariato" sarebbero stati adottati ed applicati da Rela-I<un e dai suoi luogotenenti. Questo saggio per6 polverizza tali errori o aeg~ gende (1). A Pierre Ganivet, ,nella sua qualita d'ap– passivnato studioso dei problemi danubiani, svet– tava rendere giustizia al,la Comune Ungherese. Col solo concorso tl'una serrata documentazione, d'una meticolosa cronologia e d'un'analisi acutissima, egli riesce a comporre un quadro ,cvmpletissimo ove si– tuazioni, fatti e uomini vengono coLlocati nella viva luce della verit~. • • r La Comune Ungherese non fu· il risultato d'una spasmodica .convulsione, ma d'una rivoluzione vera e grandiosa, benché lnconclusa. Nel limiti d'una esi– stenza effimera, fra tutti i tentativi d'emancipazione operaia e di superaz-ione umana, essa •risalta come uno dei più luminosi e promettenti. La sua riper– cussione sui destini dell'Europa post-bellica fu im– mensa. lì'n una rivoluzione assassinata, non a·bor– tita. La sua perdizione non si dovette che ad un crimine orrendo; duplice crimine la cui responsahi– litA ricade esclusivamente sulla democrazia borghe– se, e su quei settori ,politici che considerando la massa opera•ia congenitamente incapace di difendere i propri! interessi ed elaborare il proprio avvenire, s'arroganv la funziono storica d'infallibill conduttori del proletariato. Anziché peccare d'immaturità rivoluzional'ia, in quei giorni di ·fuoco e d'angustia in .cui "vinti" e "vincitori" uscivano, ugualmente cllssanguati, dalla geenna della gran guerra, l'Ungheria sommava in sé, più d'ogni altro paese, le condizioni obbiettive che "'d una 1.:risi riv(l~onnria. con[eriscono [orza di fa– talitù. e le condizioni so;getti~--; alt; a risolverla, t.aJe crisi, in una magnifica sintesi costruttiva. At– traverso lo sgretolarsi dell'Im1rnro degli Absburgo, 13 nazionalita secolarmente oppresse che l'iutegJ·a– vano si risvegliavan a vita indipendente. ·Contempo– raneamente, nell'Ungheria, l'antico disagio d'una po– ,polazione di 14 milioni di contadini - dei quali 11 mili<rni e mezzo veri servi della gùeba - giungeva al parossismo. Si risollevavan perci6, ineludibili, i due problemi fondamentali - latenti e concomitanti già dai lontani tempi di Kossuth-: ·quello dell'au– tonomia nazionad.e e quello della riforma agraria per la dislruzione d'ogni vestigio feudale. Combinati, tuf– fati nell'atmosfera rovente respirata in ,quegli anni da tutta l'Europa, questi due elementi, cioé il poli– tico e l'economico, .costituivano un formidabiJe po– tenziale rivoluzionario, che solo l'errore od il terrore potevan frnstrare. Jil regime transilorio del conte Karo1y non fu che un vano tentativo di separare il problema. economi•co da •quello pol!t!co e di tarpare le ali a,lla rivoh1- zione ungherese. Paladino dell'indipendenza nazio– nale, democratico, simpatizzante degl! A,lleati, legato ai ,principi! glacvbini del 1-793, Karoly tendeva ad impedire che Ja marcia della rivoluzione valicasse i confini d'una lotta ant!-feudale per6 conservatrice della proprleta ·privata. Nel raggiungimento di que– sti propositi, egli contava sull'appoggio del governi alleati che avevan sostenuta e guadagnata la guerra del 1914-18 i11 nome dei sacri prlncip!i di naziona– lilft., autodeterminazione e de1nocrazia. Oltreché in una affiniLà ideale. calcolava sicuramente che la borghesia democratica occidentale era poderosamen– te interessata a consolidare i frutti 'della sua vit– to.ria, garautendo un'Ungheria indipendente, la defi– nitiva scomparsa dell'Impero Absburglco e della <po– tenza teutonica. Per6 sotto la maschera wilsoniana si celava i1 volto felino di Clemenceau. La "<lemo– crazia" rappresentata dalle potenze vincitrici abban– don6 e tradl la 1'epubblica democratica di Karoly, come più tardi avrebbe. tradito tutte Je alt:.re demo– crazie pericolanti. J11ut!lmente allora alcune voci se– gnalarono che il sabottaggio alla Repubblica Unghe– rese, tiepidamente democratica, cosUtuiva per l'In– tesa un enorme pericolo. "Karoly - protestava su "L'Action Française'' del 24 marzo 1919 il nazio- 11alista Jacques Bainville, unendo Ia -sua voce a quella di liberali e socialisti - si é offerto a noi nella nostra lotta contro la Germania. Eppure lo si 3 -é lasciato cadere''. Cosi pure R. Recolmy sul "Fi– garo" (28 marzo) ed E. A. Bartlett sul "Daily ,:ele• graph" (24 giugno 1919) s"egÌ1alavano eh~ Clemen– ceau, al suo timore d'una rivoluzivne, sacrifi.cava i frutti della "vittoria" pre1>arando il ritorno dell'as– solutis.mo imperialista nell'Europa Centrale. Ma que– sti prolestatarii non comprendevano, - e non lo c.;:,mprendeva Karoly, - che la "democrazia", appa– rentemente consolidata dalla vittoria bellica, entrava uella sua fase declinante col repentino inasprirsi delle sue contraddizioni di fronte alle esigenze e– gualitarie e redentrici del proletariato. E l'aiuto ne-– gato alla R0pubblica Ungherese nata il 4 ottohre, 1918 fu invece prestato ad Horty! Ii proletariato organizzato costituiva nell'Unghe– ria l'unica forza capace d'impedire una catastrofe_ Sotto la pressione dell'agitazione operarla e conta– dina e del pericolo esteriore, Karoly consegn6 li potere a Bela-Kun. 11 merito di Karoly consiste nel– l'aver preferito passare alla storia come una scialba figura piuttosto che come un sanguinario. Effettivamente egli non era all'altezza del suo compito. Come afferma P. Ganivet, aveva inutHmente tentato controllare degli avvenirnenti più forti di lui. Per6 grli avvenimenti dovevan essere anche più forti di Bela-Kun. Be.Ia-Kun fn chiamato in iscena nell'a1iogeo del fer– mento rivolltzi.:,nario delle masse operaie e conta– dine. Una delle più sorprendenti rivelazioni del libro che presentiamo é la dimostrazione delle profonde trad\zioni rivoluzionarie, dell'intensa attivitA e d21la capacita d'autogoverno del popolo magiaro. Ben lun– gi d'essere la temeraria, prematura avventura d'una élite di dirigenti. H movimento ascensionale della ri– voluzione ungherese culminato nella proclamazione della Comune (21 marzo 1919) fu di gestazione pret– tam~nte pop.:>lare, con profondissime radici nel paH– sato e presente storico.sociale del 1>aese. I capi pc,li– tici cancliclati al potere non avevano fomentato né iniziato essi la rivoluzione. S"inserirono nella rivo– ~uzione quasi a1l'ullimv rnomento, non ,permanendovi che come ingrediente inassimilabile e negativo. 11 ruolo ùisimpegnato dailla •massa produttrice e quello ùei suoi "dirigenti" in uso del potere, furono sem– pre diversi e frequentemente contrapposti. Rela-Kun ed i suoi seguaci Importavano Ja neo– nata ideologia leninista della dittatura proletaria, ossia ciel monopolio della cosa pubblica durante il processo rivoluzionario, in nn ambiente fertile alle creazioni della libera iniziativa p,opolare. Nell'Unghe– ria i primi germi rivoluzionari non eran stati sparsi da p~liticantl e da idolatri dello Stato, bensl da a•po– stoli e:! agitatori i quali, ispirati alle idee d'un ToJ– stoy o d'un Kropotkine, propiziavano l'azione diretta, autonoma, dal basso, delle forze proletarie. Perci6 10 organizzazioni di .classe del proletariato magiaro •3i erano realizzate fuori del clima politico. Non as• sunsero forma di "partito", bensf di cooperativa, di gruppo ideologico e colturale o di sindacato. J conati insurrezionali manifestatisi nell'Ungheria nel– l'ante-guerra e poi con crescente intensitA in piena C..Jndagrazione non furono dei volgari "putsch" per la conquista del potere. Furono rivolte di massa, per6 d'un~ massa perfettamente cosciente della sua mis– sioné, come lo dimostra la spontanea germinazione <li soviet.li .liberi, di consigli di operai, contadini e solddti. Lo stessa Partito Comunista ungherese, do– ve le forze libertarie eran cosi ingenti e dinamiche, nou fu un partito ''bolscevico" e la formula "dit– tatura proletaria" da esso adottata non ebbe un senso strettamente leninista. Come ogni rivoluzkme dove le masse proletarie disimpegnano una funzione attiva e non sono irretite dall'autoritarismo, la rivoluzione ungherese fu stra– ordinariamente feconda in realizzazioni. La Comune d'Ungheria ebbe appena una fugace durata di 13G giorni. Per6 ·questo breve periodo bast6 alla per– fetta organizzazione, ,su basi socialistiche, della pro– duzione rurale ed inclustriale, alla riorganizzazione dei trasporti, ed alla preparazione d'un'opera cc>!tu– rnle la quale, non essendo affogata nel sangre, a– vrebbe stwpito il mondo. Bela-Kun e gli altri elementi nutriti di principii bolscevichi tentarono invano - per6 lo tentarono! - di soffocare lo sforzo creatore della massa ""'"O duttrice Imponendole il giogo del totalitarism0 sta– tale. Tutte le ,cause interne che contribuirono alla scomparsa della Comune Ungherese vanno ricercate. senza eccezione, nei contrasti suscitati dall'intromis– sione governati va nello svolgimento della rivohtzio– ne. Andrea Révérz, nel suo l!bro "Bela-Kun y el Comunismo Hungaro" (1919), segnala 11na mano,•rn del "dittatore" per sopprimere l'autonomia sindaca– le. Jn una conferenza pronunziata il 14 maggio 1919

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