Studi Sociali - anno III - n. 22 - 16 novembre 1932

6 luto essere altro che dei semplici tentativi di porre alcune questioni e di cercarne delle soluzioni nel senso libertario suindicato. Le questioni gi3. abbordate non sono molte, men– tre quelle che si presenteranno all'atto pratico sa– ranno innumerevoli, e non poche delle pili. impellen– ti. Per esempio, la questione degli "alloggi", e quel– la della "delinquenza" non sono fra le meno impor– tanti. Ma quello che primeggia su tutte, perché quas; tutte le raccoglie, é il problema della forma più pratica e soddisfacente per armonizzare tutti gli sforzi, che gli individui prima, i gruppi e le comu– nit3. poi, svolgeranno per la realizzazione dul loro benessere insieme a quello di tutti. E' senza dubbio questa la questione pili spinosa, perché la sua so– luzione dovrà saper accordare la libertà e l'interesse ciel singolo con la libertà e l'interesse di tutti. Quale sara la forma organizzativa clel!a societa futura? Quale sara insomma la forma a·organizza– zione che meglio sapra rispettare la libertà e l'in– teresse di tutti? Noi rispondiamo: la libertaTia; ma questa risposta non é ancora sufficiente, perché é necessario precisare di più la forma che l'organiz– zazione assumera nella pratica. Dal punto di vista politico, l'organizzazione da noi auspicata e propagandata é: l'individuo libero nel gruppo, e il gruppo libero nella federazione. Nel campo economico~sociale, tenendo in conto le necessita imprescidibili sfa della produzione che del consumo, l'organizzazione dei procluttori e dei con– sumatori sara basata sulla libera adesione dell'indi– viduo, che rimarra. sempre la base cli ogni societa, al gruppo dei produttori (cooperativa o altro) fon– dato sul principio della libera accettazione dei patti che si stabiliranno; e cosi del gruppo nelle com unita (che potrebbero anche essere i "municipi liberi"), e infine cli tali comunitA nelle unioni nazionali e in– ternazionali. Ad ognuno, individuo, gruppo o comunita, spet– tera un compito chiaro e definito. L'esularne sara mancare al patto liberamente stipulato ed accetta– to, cioé opera autoritaria e di conseguenza ripro– vevole la quale clarà diritto agli altri di ribellar– visi, .a'i non riconoscei~ne i deliberati, che automati– camente saranno nulli. L'ingranaggio di funziona– mento ne sara il più semplice e il più diretto, cioé il sistema dei "consigli", con scopi, funzioni e tem– po limitati. Il buon funzionamento di una simile organizzazio– ne richiedera. indubbiamente, uno stadio di evo– luzione abbastanza avanzato. Ma, senza contare che un periodo ,rivoluzionario accelera sempre il movi– mento evolutivo e dispone gli uomini ad accettare anohe i provvedimenti più arditi, noi potremmo ten– tarne l'applicazione immediata in tutte quelle ini– ziative nostre che gia si potrebbero chiamare, i ger– mi della societa libertaria di domani, in quanto con la pratica ed il ,costume andranno man mano elabo– rando organismi ed organizzazioni sempre pili per– fette. Andranno, cioé, acquistando - a seconda ciel grado e del costume associazionista che si sani rag– giunto - forme e funzionamento sempre pili rispon– denti alle aspirazioni del nostro ideale, a quell'idea– le di libertà e di benessere che in fondo fermenta in ciascun essere umano. • • • Il nostro scopo é la realizzazione dell'anarchia, o almeno l'avvi-cinarci a tale realizzazione il più ch'é possibile, svuotando, se non possiamo abbatterlo subito, ogni governo di quanta pill autorit8. e forza potremo, contrapponendo ai suoi organismi delle iniziative e organizzazioni a base libertaria. Ma que– sta realizzazione, non potendo essere opera di af– tirettate improvvisazioni, richiede e sarA il risul– tato di 11n lungo lavorio di elaborazione e di prec!– &azione. Per tutto ci6, queste nostre discussioni di pro– getti e di tentativi di realizzazione non sono che al• trettante pietre, altrettanti contributi portati alla costruzione dell'edificio futuro, che sara tanto più armonico e perfetto quanto più la nost:ra pratica non si allontanerà dalle nostre idee. E' necessario, -per6, rper riuscire ad elevare qual– cosa di consistente, di uscire dalle idee generali e generiche per abbordare anche il campo del detta– glio. E tutto il mio lavoro passato su i "problemi della rivoluzione" vuol essere uno dei contributi suaccennati a tale scopo. Anche se in esso non sono riuscito ad approfondire, ,come era necessario, data la vastità del tema, tutte le questioni, esso rappre– senterA per6 sempre, almeno, un tentativo che aiu– terà e deciderà altri a farn di più e cli meglio. E questo sarA giA qualche cosa, in questi momenti, in cui la vita e l'evoluzione dei popoli, nel ritmo degli avvenimenti, marciano a grandi passi verso situa– zioni nuove, ohe richiedono un esame attento e con– tinuo sia delle loro caratteristiche generali, sia cli quelle particolari, le quali ultime a volle assumono importanza inaspettata e possono decidere la buona o cattiva soluzione di tutta una situazione o un movimento. Bisogna esse·re preparati, insomma, ad influire sugli avvenimenti che maturano, in modo da dare a questi una impronta, se non decisiva, almeno ab– bastanza profonda delle iclee, della pratica e dell'a– zione libertaria. In qualunque rivoluzione si deter– mini, il nostro intervento deve -essere attivo, non so– lamente nella lotta che deve smantellare il vecchio regime, ma anche nell'opera tendente ad erigere la società nuova. La quale per6 non u-scira compie- STUDI SOCIALI tamente fatta e perfetta dall'opera e dall'azione di un giorno o di un anno, ma richiederà lavoro ed at– tività, a volte lenti e penosi, a momenti vivaci ed irruenti, ma sempre lunghi prima di arrivare a quel– lo stadio di quasi completa perfezione che noi auspi– chiamo e propagandiamo. L'essenziale é di non lasciarsi vincere, nei pe– riodi in cui Il lavoro é più lento e penoso, dallo sco– raggiamento, e dalla tendenza ad accusare le· idee delle colpe che sono sempre degli uomini. Caduti. magari sconfitti, sempre con nuova lena e tenacia bisogna rimettersi al lavoro, ritentare l'esperienza. Cosi, domani, indubbiamente la vittoria sara no– stra. HUGO TRENI Dall~ bolgie del ''Confino" fascista In Italia, dove manca ogni controllo dell'opinione pubblica, della stampa e delle associazioni popola– ri, é convinzione di molti che per essere assegnati al confino di polizia per un periodo che spesso é di 5 anni, si debba per lo meno esercitare una attività avversa al regime fascista o si debbano commettere reati che comporterebbero il carcere, e elle si venga cosi giu-dicati ecl inviati in un'isola a scontare una pena più o meno legalmente giustificata. Le voci più ottimiste sono sparse ad arte in »ro– posito. I •meglio informati, quelli che avvicinano i "ras" di turno 1DelJarotazione del potere, van dicendo che al confino poi non si sta male, che i confinati godono cli lutti gli agi di una villeggiatura, che pos– sono costituire enti con direttiva propria, usufruire di licenze per brevi ritorni in famiglia e che infine, con una domanda implorante la clemenza del duce, vi é sempre l'immediata possibilità del condono. Menzogne! Ma tali !llusioni sollevano spesso l'a– nimo del confinato, che se le sente ripetere sin nelle carceri, durante la via crucis che lo conduce al calvario lontano da ogni consorzio civile, in balia di un'a1:toritA senza controllo esercitata con spirito di rappresaglia su uno scoglio perduto nell'immen– sità del Mediterraneo. Ma perché adunque si viene assegnati al confino? Una risposta esatta e precisa non si potrebbe dare. L'arbitrio di un commissario di polizia, il sospetto di un basso gerarca o gregario del fascismo, una ragione d'interesse o di concorrenza personale, un~ assoluzione del 'l'ribunale Speciale, lutto pu6 costi– tuire motivo per un tal provvedimento. Furono trat– tenuti in carcere e assegnati al cdnfino, finita la loro pena, dei cittadini che si trovavano in prigione dal 1920-21; cioé si sono loro applicati, ora, gli ef– fetti d'una legge emanata 6 6 7 anni clopo il loro ultimo giorno di permanenza nel consor~io civile. . Certamente non pochi confinati sono figure assai nol>e •del movimento rivoluzionario di un tempo, ed oppositori al fascismo che si segnalarono per la loro ostilità al regime in passato nei campi politici più diversi. Ma sarebbe errore il credere che tutti gli assegnati alle isole siano dei rivoluzionari. Un buon numero cli essi, inviativi per ragioni diverse, sono appena de ribelli, taluni analfabeti, che solo la paura di qualche funzionario ha voluto individuare come "pericolosi" al regime. Altri come per esempio il finanziere Gualino, i deputali fascisti Belloni e Terzaghi, per non ricor– dare altri gregari fascisti con precedenti penali po– co chiari, .sono o furono al confino per ragioni a noi ignote probabilmente molto losche. Ma i più, la massa dei vinti che soffrono nelle isole, sono qui per il dubbio, per il sospetto; per garantire i funzionari del regime cla una eventuale attivit:i sovversiva e perché taluni capi fascisti non vogliono e non possono tollerare, specialmente nei piccoli centri, la presenza di un singolo che_ i?on abbia del tutto piegata la schiena alla schiav1tu e alla miseria ed abbia serbata immutata una carat• teristica pe~sonale in contrasto con la mentalitU. amorfa del servo che vive per ubbidire. • • • Il viaggio di venuta in "villeggiatura" si cornpie in ... guanti, cioé ammanettati e per traduzione a tappe, - dura circa un mese dall'Alta Italia, - as– sieme agli assegnati alle case di pena e agli inqui– siti delle carceri giudiziarie. Ovunque é la sempre lamentata mancanza d'aria e delle norme piU ele– mentari di pulizia. Dir6 di piti. Nelle carceri di transito v'é l'offesa più bruta al senso cli clignita umana, v'é lo schiaffo del vizio e la vergogna del– l'abbiezione al progredire della solidarietà sociale, v'é l'abbrutimento più rassegnato che ferisce l'uomo che sogna di amare e di irrogreclire. I transiti di Bo– logna e di Palermo hanno tolto il primato alla Na– I>Oli di un tempo. La memoria non ricorda che con ribrezzo. Caia– nello: giornata fredda e piovosa di dicembre. Un androne senza finestre, sui muri grigi d'un grigio sporco scritti e saluti di reclusi, di vinti, in mezzo a fitte virgole di sangue di parassiti schiacciati col dito, sul pa vimenlo viscido la melma di fango e di escrementi umani formanti un ·unico appiccicaticcio; da un lato una fila cli tavolacci con su otto coperte per 15 nuovi arrivati. Taluni corrono a prenderne una. Svolsi l'ultima rimasta: era lunga non più cli un iT1etro e larga circa 60 centimetri. Provai a leg- gere sui muri. In ogni scritto, in ogni frase una tragedia, un'accusa, un rimpianto. Poi una parola ammonitrice: i tavolacci son pieni di piiocchi. In– genuamente chiamai un carabiniere per protestare; ma quello non volle guastarsi il sangue a discutere. E fu filosofo. "Senta, mi disse bonariamente, lei va al confino, quindi conoscerA la storia. Ricorda l'in– CO!ltro di Garibaldi e Vittorio Emanuele Il avve– nuto qui a Caianello nel 1860'! Ebbene da allora il transito é sempre stato cosi! Lei pensi alla salute ... Cosi fu e cosi san\''. Rimasi in piedi 24 ore e partii di Il con la febbre. Sul piroscafo che eia :slapoli ci port6 a Palermo, fummo condotti in una stiva e, dopo averci distesi sempre ammanettati su ,di una cuccetta, fummo le– gali con una catena ai ferri del letto. Con noi era un ergastolano, e con ci6 si giustific6 la cosa. Provai a chiedere del comandante o d'un ufficiale del piroscafo, ma inutilmente. Tutta la notte rima– nemmo a quel modo. Verso il mattino, forse per una abbondante bevuta d'acqua del Serino per inganna– rs la fame, un mio vicino incominci6 a soffrire un rorte dolore alla vescica. Chiese di venire accompagnato a un gabin:etto, ma nessuno •dei sorveglianti c'era, e la porta era chiusa. Url6 eia! clolore fino a che l'istinto non vinse il d– tegno. Poco dopo il disgraziato che giaceva di sotto fu costretto a rannicchiarsi tutto da un lato della cuccetta per non venire bagnato dall'abbondante stil– licidio che proveniva da sopra. Fra tanta incomprensione, fra tanto odio cattivo, ed assurdo, vorrei qui additare la fierezza e la no• bile dignitA cli un marittimo. Per non compromet• terio ne taccio il nome manifestandogli in si:{'nzio la mia imperitura riconoscenza. .. ... Al nuovo giunto al confino, dopo una sommaria.· perquisizione, viene consegnata negli uffici della Direzione della Colonia la cosidetta "carta di per– manenza", che egli firma per conoscenza delle nor~ me a cui ogni confinato deve attenersi. Varrebbe la pena di riportare per intero tutti i 26 articoli che la compòngono. Eccone alcuni: "10. 0 - Tenere buona condotta, tenere contegno• corretto verso il Direttore, gli appartenenti all'Uf– ficio di direzione, gli ufficiali ed agenti della forza pubblica, le autorita giudiziarie, civili, politiche e militari; non questionare con compagni o con cit– tadini, non dare luogo a sospetti. 11 13. 9 - Non formare assembramenti in luoghf pubblici o aperti al pubblico, non tenere riunion: private né parteciparvi, non tenere conferenee. "17.o - Non giocare d'azzardo, non fare questue o collette, raccolta cli fondi o di oggetti, né soffo scrizioni tra confinati. "23.o - Non discutere di politica e non fare pro– paganda politica in modo anche occulto." E come se ci6 non bastasse, poi subentrano le· interpetrazioni arbitrarie del suddetto regolamento da paTte dei militi fascisti preposti alla sorveglian– za, che pongono il disgraziato confinato alla mercé dei suoi diretti avversari. Questi militi, in grande maggioranza, sono de fi– gli di ~avoratori che non banno mestiere né occu– pazione, fuori quella di tare i soldati della reazione. Quasi sempre privi della più elementare cultura politica, non infrenati da rispetto per l'avversario che considerano nemico, privi di disciplina nei confronti dei confinati, sfogano spesso l'istinto •della violenza sempre ed ovunque esaltata, con atti di brutalitA su inermi indifesi. Ma anche quando ci6 non avviene, una minima infrazione (o considerata tale nel rapporto) agli obblighi sanciti dalla "carta di permanenza", comporta pel confinato la pena del carcere da tre mesi ad un anno. La prigionia poi non viene contata come periodo di confino. In Lipari si sono vissuti momenti di terrore, si é sofferta l'ingiuria e la percossa, si é visto il com– pagno battuto a sangue col calcio del moschetto morire pochi giorni dopo di. . . polmonite e sepolto di notte. In Lipari si impazzisce, avvengono tentati suicidi e suicidi (non ultimo quello di due fratelli); in Lipari si soffre la fame e tutti i tormenti di una prigionia che estenua e sfibra quasi come il car– cere, e che del carcere ha ogni coercizione con una: più stretta sorveglianza. Citare dei particolari non varrebbe la pena. Ecco per6 l'ultimo. Alla notizia del confessato proposito di Angelo Sbarclellotto ciel suo concepito attentato, i militi si sentirono in diritto di rompere la testa a quattro confinati. E sempre col solito sistema della violenza in dieci armati contro un solo inerme, che I faacisti non smetteranno mai! Nessun sacrificio di vittime varrà ad eliminare nn tal sistema. La cOnclanna vi sara solo quando la coscienza del po– polo saprA. imporla. • • • Lipari é un'isola di formazione vulcanica, tutta roccia, con elevazioni montane di circa 600 metri. S0lo a l~vante -digrada in un pendio, ove é posta la cittadina con due porticc!uoli. Il Castello con mnrn ciclopiche di un'arte barbara, domina con una linea ampia, ferrigna e severa l'abitato e le due maTine. Nell'isola non scaturisce un sol filo d'acqua. Gll

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