Studi Sociali - anno III - n. 18 - 25 aprile 1932

Ma lasciamo <la parte l'incorreggibile gente di polizia; lasciamo da parte gl'interessati ooe men– tono sapendo di menUre; lasdamo da parte I vili c'he si scagliano addosso a noi per evitare I colpi che potrebbero cadere anche su di loro, - e ragio– niamo un poco colla gente di buona fede e di buon senso. Prima di tutto riduciamo le cose alle loro giuste proporzioni. Un re é stato ucciso; e poiché un re é pur sem– pre un uomo, il fatto é da deplorarsi. Una regina é stata ·vedovata; e poiché una regina é anch'essa. una donna, noi simpatizziamo col suo dolore. Ma perché tanto chiasso per la morte di un uo– mo e per le lagr-ime di una donna quando si accet– ta come una cosa naturale il fatto che ogni giorno tanti uomini cadono uccisi, e tante donne piangono, a causa delle guerre, degli accidenti sul lavoro, delle rivolte represse a fucilate, e dei mille delitti prodotti dalla miseria, dallo spirito di vendetta, dal fanatismo e dall'a!coo!Ìsmo? Perché tanto séoggio di sentimentali-smo a propo– sito di una disgrazia particolare, quando migliaia c milioni di es.seri umani muoiorio di fame e di malaria., fra l'indifferenza di coloro che avrebbero i mezzi di rimediarvi? Forse perché questa volta Iè vittime non sono dei volgari la:voratori, non un onest'uomo ed un'onesta donna qualunque, ma un re ed una regina? ... Ve· ramente, noi troviamo il caso pili interessante, ed il nostro dolore é pili sentito, pili vivo, pili vero, quando si tratta di un minatore schiacciato da una frana mentre lavora, e di una vedo.va c,he resta a morir di fame coi suoi figliuol etti! Nullameno, anche quelle dei reali sono sofferenze umane e vanno deplorate. Ma sterile resta il la– mento se non se ne indagano le cause -e non si cer– ca di eliminarle. Chi é che provoca la violenza? Chi é che la rende necessaria, fatale? 'I'ntto il sistema sociale vigente é fondato sulla forza brutale messa a servizio di una piccola mino– ranza che sfrutta ed opprime la grande mas-sa; tut– ta 1',educazione. ·çhe si d3. ai ragazzi si riassume. ~n una continua apoteosi della rorza brutale; tutto l'ambiente in cui viviamo é un continuo esempio di violenza, una continua suggestione alla violenza. Il soldato, cioé l'omicida professionale, é onorato, e sopra di tutti é onorato il re, la cu1 caratteristi– , ,ca storica é quella di essere capo di soldati. Colla forza brutale si costringe il lavoratore a farsi derubare del prodotto del suo lavoro; colla forza brutale si strap.pa l'indipendenza alle naziona– lita deboli. L'imperatore di Germania eccita i suoi soldati a non ·dar quartiere ai Cinesi; il governo. inglese trat- ta da ribelli i Boeri che rifiutano di sottomettersi )] alla prepotenz_a straniera, e brucia le fattorie, e caccia le donne dalle case, e perseguita anche i non 1 1 combattenti, e rinnova le gesta orribili della Spagna in Cuba; il Sultano fa assas,sinare gli Armeni a centinaia di migliaia; il go,verno Americano mas,sa- I ·era i Filippini dopo averli vilmente traditi. I capitalisti fan morire gli operai nelle miniere, sulle ,ferrovie, nelle risaie per non fare le spese I necessarie alla sicurezza del lavoro, e chiamano i soldati per intimidire e fucilare all'occorrenza i la– ~oratori che, domandano d,i migliorare le loro condi– zioni. Ancora una- volta, da chi viene dunqne la sugge– stione, la provocazione alla violenza? ·Chi fa appa– rire la violenza come la sola via d'uscita dallo sta– to di cose attuale, come il solo mezzo per non subire eternamente la violenza altrui? Ed in Ital!a é peggio ehe altrove. Il popolo soffre perenn:emente la fame; i signorotti s-padroneggiano peggio che nel Medio-e,vo; il governo a i;-ara coi proprietari, dissanguo. i lavoratori per arricchire i suoi e sperperare il resto in imprese dinastiche; Ja polizia é arbitra della liberta dei cittadini, ed ogni grido di protesta, ogni benché sommesso .la– mento é strozzato in gola dai carcerieri, e soéfo· cato nel sangue dai soldati. Lunga é la lista dei massacri: eia Pietrarsa a Conselice, a Calatabiano, alla SiciHa, ecc. Solo due anni or sono le truppe regie massacra– rono i1 popolo inerme; sol,o alcuni giorni or sono le regie truppe han portato ai proprietari di Moli, ne.Jla il soccorso .delle loro baionette e del loro la– vo~o forzato, contro i lavoratori famelici e dispe– rati. s·.rum SOCIALI ·Chi é il colpevole della ribellione, chi· é il col– pevole della vendetta che -di tanto in tanto scoppia_: il pro,vocatore, l'offensore, o chi -denunzia l'offesa e vuole eliminarne le cau..se? M-a, dicono, il re non é responsabile! Noi non pigliamo certo sul serio la burletta delle finzioni costituzionali. I giornali "liberali" dhe ora argomentano sulla irresponsabilita del re, sapevano bene, quando si trattava di loro, che al disopra del parlamento e dei ministri, vi era un'influenza po– tènte, un'"alta sfera" a ·cui i regi procuratori non permettevano di fare troppo chiare a11usioni. ·Ed i conservatori, che ora aspettano una unno.va era" dall'energia del nuo,vo re, mostrano di sapere che il re, almeno in Italia, non -é poi quel fantoccio che ci vorrebbero far credere quando si tratta di stabilire le responsabilita_. E d'altronde, anche se non fa 11 male direttamente, é sempre responsabile di esso, un uomo che, potendo, non lo impedi'sce, - ed il re é capo dei soJ.dati e pu6 sempre, per lo meno, impe– dire ohe i soldati facciano fuoco sopra popolazioni inermi. ,Ed é puranche responsabHe chi non potendo impedire un màle, lascia che si faccia in nome suo, piuttosto che rinunziare ai vantaggi del posto. E' vero che se si prendono In conto le considera– zioni di eredita, di educazione, dt ambiente, la re– sponsabilita personale dei potenti si attenua di mo!· to e forse sparisce completamente. Ma allora, se é irresponsabile il re dei suoi atti e delle sue a.missioni, se malgrado l'oppressione, lo si,ogliamento, il mas– sacro del popolo fatto in suo nome, egli avrebbe do– vuto restare al primo posto del paese, perché mai sarebbe responsabile il Bresci? Perché mai dovreb– be il Bresci scontare con una vita di inenarrabili patimenti un atto che, per quanto si voglia giudi– care sbagliato, nessuno pu6 negare essere stato i– s·pirato da intenzioni altruistiche?· Ma .questa questione della ricerca d1,lle re-sponsa– bilita c'interes•sa mediocremente. Noi non crediamo nel diritto di punire, noi re– spingiamo l'idea di vendetta come un sentimento barbaro: noi non intendiamo essere né giustizieri, né vendicatori. Piil santa, ·piil nobile, piil feconda ci pare la missione di liberator-i e di pacificatori. Ai re, agli oppressori, agli sfruttatori noi sten– deremmo .volentieri 1a mano, quandò soltanto. éHd volessero tornare uomini , f.ra gli uomini, uguali tra gli uguali. Ma intanto che ·es·si si ostinano a gode· re dell'attuale ordine di cose ed ·a difenderlo colla forza, producendo cosi il martirio, l'abbrutimento e la morte per stenti a milioni di creature umane, noi siamo nella necessita, siamo nel dovere di opporre la forza alla for~. Opporre la forza alla ·forza! Vuol dire ci6 che noi ci dilettiamo in complotti melodrammatici e siamo sempre nell'atto o· nell'-in– tenz-ione di pugnalare un oppresso're? Niente affatto. Noi abborriamo dalla violenza per sentimento e per -principio, e facciamo semp-re il possibile per e.vitarla: solo la necessita di resistere al male con mezzi idonei ed eMicaci ci pu6 indurre a ricorrere alla violenza. .Sappiamo che questi fatti di violenza singola, sen– za sufficiente preparazione nel popolo restano ste– rili e spesso, provocando reazioni a cui si é inca– paci a resistere, producono dolori infiniti e fanno male alla causa stessa a cui intendevano -servire. Sappiamo che l'essenziale, !'indiscutibilmente u– tile si é, non gia l'uccidere la persona di un re, ma l'uccidere tutti i re - quelli delle corti, dei parla– menti e delle oWcine - nel cuore e nella mente della gente; di sradicare cioé la fede nel principio di autorita a cui presta culto tanta parte di popolo. Sappiamo che meno la rivoluzione é matura e piit essa riesce sanguinosa ed incerta. Sa-ppiamo che, essendo la violenza sorgente di • autorita, anzi essendo In fondo tutta una cosa col principio di autorità, piil la rivoluzione sara vio– lenta e piil vi sara pericolo ch'oosa dia origine a nuove forme di autorita. E perci6 ci sforziamo di acquistare, prima di ado– perare le ultime ragioni degli oppressi, quella forza· morale e materiale che occorre per -ridurre al mi– nimo la violenza necessaria ad abbattere il regime di violenza a cui oggi l'umanita soggiace. Cl :si lascera in pace al nostro lavoro di' propa– ganda, ·di organizzazione, di preparazione ri-voluzio– naria? · ' In, Italia è'im·pedis·cono di parlare, di scrivere, di associarci. Proibiscono agli operai di unirsi e lotta– re pacifica-mente, nonché per l'emancipazione, nem- 3 meno per migliorare in mm1me proporzioni le lo~o incivili ed inumane condizioni di esistenza. Carceri domicilfo coatto, repressioni sanguinose sono i mez– zi che si oppongono non .solo a noi anarchici, ma a chiunque osa pensare ad una piil ci,vile condizio– ne di CO~~~ r' Ohe meraviglia se, perduta la speranza di poter combattere con profitto per la propria causa, degli animi ardenti .si lasciano trasportare ad atti di giu– stizia vendicatiT&? Le misure di polizia, di cui sono sempre vittime i meno pericolosi; la ricerca affannosa di inesisten– ti istigatori, 'che appare grottesca a ohiunque oono– "ce un puco Io spirito dominante tra gli anarchici; le millB buffe proposte di sterminio avanzate da di– lettanti di poliziottismo, non servono che a mettere in evidenza il fondo selvaggio che corva nell'animo delle clas·si governanti. Per eliminare totalmente la rivolta sanguinosa delle vittime, non v'é altro mezzo che l'abo1izione dgll'oppressione, mediante la giustizia sociale. Per diminuirne ed attenuarne- gli scoppi, non v'é altro mezzo· che lasciare a tutti liberta di propagan– da e di organizzazione; c'he lasciare ai diseredati, a– gli oppressi, ai malcontenti, la possibilita di lotte ci– vili; che dar loro la speranza di poter conquistare, sia pur gradualmente, la propria emancipazione per vie incruente. Il gover,no d'Italia non ne fara nulla; continuera a reprimere. . . e continuera a raccogliere que.Jlo che semina. Noi, pur deplorando la cecita dei _go-vernanti che imprime alla lotta un'aspre-zza non necessaria, con– tinueremo a combattere per una societa in cui sia eliminata ogni violenza, in ·cui tutti abbiano pane, Iiberta, s·cienza, in cui l'amore sia la legge suprema della vita. ERRICO MALATESTA. (Dal _numero unico "Cause ed Effetti - 1898- 1900", Londra, settembre 1900, "pubblicato a ·cura di un gruppo socialista-anarchico".) La «Nuova Utopia» e I' Anar– chismo di Ricèard'o Mella (Continuazione e fi.ne; ve:d-i numero precedente) ·;Ricca,rdo' Mella riassunse Je -sue idee per presen– tarle al Con,gresso, <lhe avrebbe do,vuto tenersi 'in Parigi nel settembre dBI 19Q0. Egli diceva allora, in ·una relazio-ne tradotta in francese: ... Perc,hé l'anarchismo ha da essere comuni– sta o collettivista? La sola enunciazione di queste -parole da a chi ascolta l'idea di nn piano precòn– cetto, df'un sistema chiuso. E no1i, anar.chici, non siamo :sistematici, no1_1preconizzi.amo panacee in· fa.llibili, non costruia,mo su mobil,i àrene dei ca– stelli che il più Jieve soffio -d,i vento· del prossimo avvenire rovescera. PropaiPhiamo la liberta di fat• to, la possibilita di oprare liberamente i-n ogni tempo ed i'n ogni luogo ... "Noi, anarc,hici, potrnmo allora dire al popolo: -Fa oi6 che vuoi; aggruppati come ti pia,ce; rego– la Je tue relazioni pe-r l'uso della ricchezza· co·me credi piil con-veniente; organizza la vita della li– berta come sai e puoi. E sotto la in;fluenza delle diverse o.pinioni, sotto ]',influenza del clima e della ra-A!Za, sotto l'influenza dell'anìbiente fisico e di quello sociale, si prod•urrà una. attivita in di-rezin– n,i multipl e, si a pplicheranno metodi dif.ferenti ed anche, a 1uii.go andare, l'es-pe·rienza e le ne·cessitA ge·nerali determineranno soluzioni annonfohe ed univer.sali di conv-ivenza •sociale. Otterremo con l'esperienza_, a-Imeno in parte, ci6 che non raggiun– geremmo con tutte le d,iscussioni e tutti gli sforzi intelettuali possibili ... " ... Quel che cerco di dimostrare é la contradi– zione in cui si cade quando aila parola anarchia si associa un s1'stema chtiu"so,inva-riabile, unifornie. soggetto a regole predeterminate. · · "Po tra esserci nel cer,vello di tutti noi questo spirito di ampia Iiberta, q-uesto criterio generale che io designo col nome di cooperazione libera; per6 i risultati pratici dimostrano che, piil o meno. al!e parole comu.nismo, collettivismo, Bcc. si asso– cia l'idea di un piano comp-lato di convivenza, fuo– ri -de! quale tutto sarebbe erro·neci. · "I nostri dissens,i derivano precisamente da que– sta associazione di certe idee a certe naroie, in cui rdsiede ogni esclusiv-ismo. E quando nella pro– pagan-da si p orta,nò parti.colarismi di scuola, i r-i• sultati. sono fata.li, perché invece di fare degli a– narC:hici coscienti. facciamo dei fanatici del comu~ r>.ismo A o fanatici del comunis,mo B, fanati-ci in• somma di un dogma,, qualunque esso sia. Mella conclude poi: " ... Dalle e-sperienze espo– ste deduco ohe l'avvenire si s,viluppera secondo un princiopio genera!": quello del possesso comune

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