Studi Sociali - anno II - n. 14 - 16 ottobre 1931

6 lattie là dove speravano trovare il so~te_gno della vita propria e di quella della loro fanuglla, muoio– no detestando l'ingrata professione! ~v~ndo ~vu– to nella mia pratica frequenti occas10111 di ossei va– re questa sventura, mi sono dedicato, per_ quell~ che m'e ra possibile, a scrivere sulle malattie. degl~ artigla.ni. " Egli spera che la sua opera servirà d pungolo ad altri medici. La sua é opera di c_oscien- Jn eta avanzata Ramazzini non si la-sc16 ,spa– !:~tare dalla novità del progetto, dall'immenso. la; voro che richiedeva la raccolta delle osservaz1on~ . r l i Quanti libri da consultare pe1 fatte prima e 1 u · orto col tema: estrarne qu~lcos~ che ~vessletre~~~Pdi medicina. E lilwi di storia d economia o . . ·ancora: le os~ervazioni nei. laboratori, ~-ei_ ~~n~\~~~ nei campi. E bis?gnava s_cn:esse c~i~fm~c~ti. E bi– città per avere 1nformaz10m e s . alati Sol– sognava interrogare particolarmente 1 m · st: tanto un cuore generoso poteva ,sostenere un formidabile sforzo. . . Ramazzini non cerca soltanto i mezzi per_ guf~ rire~ i lavoratori, ma anche que~li per prev~n1re be l~r? maiattieia!g~elco~:~~i~a, ..~u:~ 0~• t:~t:,.:~:C~ ~o~- v1s1la uenn:1~ntrato" e "di non decidere qu3:5i di– so app l t 'é da fare glocandosi cosi strattamente que c le,, c . ece "di sedersi per della vita di un uomo ' ma mv di m o su una semplice panca, ,come su. qualch:lt;~n.: dorata, e la, con espressione_ affabile: \::'t:r~ogare il malato su tutto quello che. i pr:ce;~'. dell'arte e i doveri del cuore esigono sta _mer f ato" La domanda necessaria: quale mestiere ~i f ? ___:_ é di frequente dimenticata, e di frequente n~~dico non si occupa affatto del mestie~e _del ma– l t "benché questo possa influire molt1ss1mo sul s~1:cesso della ,cura". In merito ai rapporti tra ma~ Jattia e pro!essione, Ramazzini insiste molto. Eglt dice ad esempio: "Quando un medico avrà un pe: scatore malato da curare, fara bene a ricor_dars1 dei r delle difficoltà di questo mestiere, i venti ~ f;a t1e!peste alle quali questi uom~ni son~ _esposti_, il freddo rigoroso dell'inverno e gh ecces~1v1_calori estivi che essi sopportano, il loro mod_o di ncopr ;– si il loro genere di vita irregolare, _il_ lavoro c e s~no forzati a fare la notte .... I med1c1 n?n ~osso: no guarirli se non conoscono 11.loro mestiere . Co si scrivendo dei fornaciai, d:i 1mportan_za al ,fa\to -che costoro sono esposti alle intemperie dell ar a, delle stagioni, al calore ardente del !orno, ma ag– giunge che essi si nutrono molto male e che sono esauriti da un lavoro ,eccessivo. Ma q_uando_van~o all'ospedale vi sono trattati come_ glt '.'ltn ma a– ti con purganti e salassi "perché t med1c1 noll; co– n~scono il loro mestiere". Avviene lostes~o per 1 po• veri braccianti, sfiniti dal lavoro .ecces~1v_o e. dall_a cattiva nutrizione. "Cosi quei cli1tSgraz1ah p1 efen– scono soccombere ai loro mali nelle lo~o stal~e, che perire a forza di salassi e di purganti ne~ll ospe: dali. Ogni anno, dopo la mietitura, _questi luoghi pubblici sono pieni di mietitori malati, e non é r~– clle stabilire se Ja falce della morte non ne sacri: !\chi più della lancetta del chkurgo. Sono stato d'. frequente stupito di come molti dt costoro sfu~go_ no alle malattie acute che li aWiggono non direi senza rimedi poiché questo non. mi stupir_ebbe, ma mangiando molto e più del solito. Infatti, quando i contadini sono malati, nonostante la povertA ne:– la quale gemono, i parenti, gli amici va_nno a v~– sitarli in folla, portando loro uova, polli e Je . Cl· barie che essi apportano, o guariscono 1 mal_at1 .o li liberano più presto di una vita che la miseria i'~nde loro pesante. Si che si usa dire al nostro paese che la gente della campagna va all'altro mon– do dopo essersi saziata e rimpinzata, mentre 1~ gen– te di città muore di fame e tormentata da, me- dici". . , Ramazzini attribuisce grande m1portanza a_llec: cessivo lavoro anche a proposito delle malat~1e d~ ,coloro che lavorano nelle saline, dei sapona_1, de~ cardatori di lana, mentre gli autori consul~att ed 1 suoi corrispondenti consideravano essenz~almente od unicamente, le emanazioni, la polvere, 11 calore eccessivo, l'aria malsana, ecc. Il nostro autore co– nosce la miseria delle campagne e delle citta, e sa. bene che i consigli della scienza sono di frequente un'ironia davanti alle necessità della vita. Camb!~– re il genere di lavoro, egli osserva, ecco un cons1• glia che ben difficilmente Il medico pu6 dare .. An– che le cure debbono accordarsi con Ja s1tuaz1one sociale del malato. Con i poveri bisogna accelerare la cura, altrimenti gli operai riprendono il lavor? non ancora ristabiliti e tralasciano le cure. I cons1• gli profilattici e terapeutici del suo trattato d!_mo– strano come egli avesse costantemente presenti le difficoltà della miseria. Egli cita di quando in quan– do gli autori classici, ma non perde il senso della realtA. Egli non fa proprie le pitture di maniera degli Arcadi. Avendo citato un verso di Virgilio di– chiarante felici gli agricoltori, aggiunge che il ver– so vale per gli antichi contadini "che coltivano i propri campi con i propri bovi" e non per quelli dei tempi suoi "che, lavorando delle terre che non appartengono loro, devono combattere e le fatiche del loro mestiere e la miseria che li annienta". Il trattato di Ramazzlni non si occupa soltanto degli operai, ma il soggetto principale •é "la condi– zione disgraziata di questi onorevoli artigiani, i cui Javori, benché vili e disprezzabili in apparenza, so– no cosi necessari e benefici per il bene della re- BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI pubbliça ... Come medico le malattie dei militari gli interessano, ma no~1 se · ne occupa particolarmen· te, parendogli che l'arte militare differisca essen: ziahnente dalle altre arti "in questo: che quelle s1 ·occupano di sostenere la vita, mentre questa pare istit1,1ita per troncarne il filo, o diminuirne il cor– so". Egli ama la vita, la salute, la !orza laboriosa. A queste buone idee ha consacrato la propria esi– st0nza, concependo- la professione propria come un sacerdozio. E', lo ripeto, la bonta che ha fatto, Insieme alle doti intellettuali, di un medico ciel poveri uno dei più grandi patologi del lavoro. CAMILLO BERNERI. Gli Anarchici e la So~ial=democrazia Riprendiamo il discorso col compagno Gobbi, che nel numero passato poneva sul terreno il problema dell'atteggiamento anarchico di fronte ad un even– tuale governo repubblicano-socialista in Italia dopo il rovesciamento dell'attuale regime monarchico-fasci– sta. Vale Ja pena d'occuparsene e non per l'Italia soltanto. Ml occuper6 dell'argomento, superando anche le obiezioni e Idee di Gobbi, il quale potrebbe essere d'accordo con me pili di quel che sembri da qualche sua espressione, per vedere il problema nel suo com– plesso e non soltanto per polemizzare con lui. Ed é bene ricordare in proposito, poiché la questione og– gi si presenta molto in rapporto con gli avv,enimenti attuali spagnoli, che il nostro Gobbi scrisse il suo ar• ticolo prima del mutamento di regime in Spagna, e quindi senza che egli potesse profittare, come noi tutti ora, degli insegnamenti di quest'ultima esperien– za rivoluzionaria. Anche io sono d'opinione che vi sia qualche cosa da modi!icare nell'atteggiamento degli anarchici cli fronte ai cosidetti "'partiti affini", - e cioé ai parti– ti di rinnovamento sociale che contano sull'adesione libera della classe operaia e in genere di tutti gli oppressi, - ma n-on nel senso che dice Gobbi. Da avvertire che questi "partiti affini", la cui affinit:i é molto relativa e subordinata alle circostanze che spesso la fan diventare ... tutto il contrario, si ridu– cono in fondo ai socialisti e, nei paesi monarchici, a quei repubblicani che nella lotta di classe si schie– rano decisamente con gli operai contro i loro sfrut– tatori. Secondo me, per6, piuttosto che d'un mutamento di tattica verso la social-democrazia, si tratta clella correziobe di un vecchio errore d'atteggiamento di gran parte di anarchici che ora i comunisti dittato– riali han fatto proprio spingendolo ai peggiori ecces– si: l'errore cli trattare i socialisti ed affini come ne– mici veri e propri fin da ora, dimenticando sia quel che in essi v'é, d'intenzioni e propositi, d'accettabile anche da noi, malgrado i loro errori e difetti; sia l'interesse comune della lotta attuale per la libertà e pel proletariato contro le forze reazionarie e fa– sciste sul terreno rivoluzionario che anche i sociali– sti oggi son costretti ad accettare; sia, infine, il fatto materiale che ad essi aderiscono con voJonta di liberazione e liberamente i pili larghi strati di masse. Alle quali non possiamo da un lato negare il diritto di dirigersi come vogliono, né dall'altro lato noi possiamo troppo allontanarci da loro o estra– niarcene, senza perdere la possibilitA di guadagnarle un giorno a noi e di lottare intanto, noi e Joro, fin da oggi, - con indipendenza e autonomia reciproche bensf, ma con sforzi che non si elidano a vicenda, - contro il nemico comune. Su tutto ci6 di certo Gobbi é d'accordo con me, poiché quanto sopra resta implicito nella sua affer– mazione che "coi socialisti abbiamo un pezzo di strada da fare insieme". Bisognerebbe spiegarsi for– se un po' pili su questo "pezzo di strada", perché i troppo ingenui o i troppo sospettosi non ci vedano un appello ai soliti blocchi, fronti unici ed altri pasticci consimili. Ma confido nel buon senso dei lettori, per non soffermarmi di pili sopra un argomento che non é quello che ora ci occupa, e su cui più mi preme discutere: l'atteggiamento anarchico di fronte ad un eventuale governo repubblicano-socialista scaturito da una rivoluzione, in Italia o altrove. Bisogna premettere che, a tale proposito, non é possibile né serio fissare un atteggiamento unico, tassativo, assoluto. In realta saranno le circostanze che in ultima istanza detteranno la condotta miglio– re. Noi possiamo, a distanza di tempo dai fatti che si produrranno, dire soltanto quel che faremmo, in rapporto ai fini che vogliamo raggiungere, qualora s~ avverassero certe ipotesi piuttosto che altre, e c10é a seconda delle une o delle a,ltre. Noi pensiamo, per esempio, all'incirca come Gobbi suppone, che, una volta da essi conquistato il potere, saremo por– tati a considerare i repubblicani e socialisti come nemici, non molto diversamente da come conside– riamo nemici oggi i governanti borghesi. Ci6, inten– diamoci, non in omaggio ad un astratto e aprioristi– co articolo di fede, ma perché prevediamo, in base alla logica ,e all'esperienza storica, che i governanti repubblicani e socialisti, appunto perché governanti, contro le loro stesse intenzioni odierne, saranno spinti a !are tutto cl6 che non potrà non determinare la nostra inimicizia, come oggi i governanti borghesi. Ché se questo non avvenisse, é evidente che anche gli anarchici assumerebberp un contegno diverso. Come anarchici, in quanto la loro volonta sarebbe· sempre quella di non essere governati e di non go– vernare, non potrebbero non restare aJ,l'opposizione e non vedere nei governanti degli avversari; e que• sta posizione implicherebbe sempre una inimicizia in 1iotenza, che per6 potrebbe essere meno aspra di fat– to contenuta in forme di lotta più clv!l! di quelle de– te;·minate oggi di dalla ·inumana e feroce tirannide• borghese. E' possibile ci6? Pu6 darsi, benché i fatti di Russia e di Spagna debbono rendere! molto scet– tici, e preparati più al peggio che al meg,lio. Non possiamo escludere alcuna ipotesi "a priori". Del resto anche oggi, pur essendo nemici intransigenti di tutti i gov,erni borghesi, non possiamo, per esem– pio, dissimulare una certa diversitA fra il sentimento ostile ai governanti svizzeri e quello ai governanti italiani! La nostra inimicizia ad un eventuale gover– no social•democratico san\, insomma, quale questo. medesimo si meriterA, - senza per6 cessar mai dal– l'essere inimicizia: la inimicizia naturale fra un go-– verno, qualunque esso sia, ed uomini che non vo– gliono essere governati ed hanno lo scopo di elimi– nare dal consorzio umano ogni forma di governo. . . . Ma, mi dira Gobbi, tutto ci6 é sempre e soltaut<> il lato negativo dell'anarchismo. Dovranno gli anar– chici inibirsi qualunque funzione positiva, rinuncia– re a qualunque attivitA creatrice ed organizzativa della vita sociale, finché non si sia riusciti a persuade– re la gente a vivere senza governo, a costituire una società libera nel senso anarchico della parola? "La trasformazione economica della societa in sen– so socialista (scrive Gobbi) non si pu6 fai-e a base di decreti eiettati dall'alto; essa implica una lotta a. coltello contro Ja formidabile potenza della fi– nanza, Ja collaborazione volontaria e diretta degli interessati (produttori e consumatori), la creazlcne di nuove istituzioni, la radicale trasformazione di al– tre, ecc. Quale dev'essere l'atteggiainento anarchico in tali circostanze? quale l'attitudine di fronte, per esempio, alla creazione di un parlamento del lavo– ro o di una organizzazione statale a tipo sindacale? quale di fronte alla nazionalizzazione della terra o, di altre industrie? di fronte alla partecipazione dei contadini e operai alla gestione e controllo delle a– ziende? Dobbiamo chiuderci in una opposizione si– stematica, lasciar le masse regolarsi come credono senza nostro intervento, e disinteressarci di tali pro•• blemi? Disinteressarci, mai! ci6 sarebbe diserzione e ri– nuncia, oppure eff-etto di una impotenza inammiss.i– bile all'indomani d'una rivoluzione. Potremmo, ben– si, essere incapaci; ma é per prevenire tale in capa– cita, per renderci capaci, che oggi dedichiamo il no– stro tempo anche allo studio dei problemi della ri-• voluzione. Dovere degli anarchici sara sempre d'in– tervenire, in senso negativo o positivo, nella solu– zione delle varie questioni; e l'eventuale intervento negativo non dovra mai essere scompagnato dal suo– lato positivo. Se si dichiareranno contra.rii acl una soluzione, bisogna che in cambio ne presentino un'al– tra, e cerchino di realizzarla. Le masse si regoleran– no come credono, naturalmente; ma non senza che gli anarchici abbiano loro proposta in tempo una propria soluzione, e ne diano l'esempio col tentare di attuarlo per proprio conto e con l'aiuto di chi é d'accordo con loro, magari parzialmente, qualora n'abbiano la possibiJitA materiale. Se non ne aves– sero poss!bilita alcuna, e si tratti cli problemi che– richiedano una soluzione qualsiasi nell'interesse <li tutti, non potranno fare a meno cli adattarsi alle so– luzioni che avran trovato maggiori consensi nella collettività. Anche oggi, del resto, in pieno regime borghese, pur trovando orribile la gestione statale, per esempio, delle poste e delle ferrovie, gli anar– chici non rinunciano a servirsi del servizio postaJe e ferroviario, e magari ad esserne impiegati ed o– perai. In ogni caso, la lotta a coltello che sara necessaria contro le potenze deUa finanza rientra completamen– te nel compito rivoluzionario degli anarchici; ed es– sa, in cooperazione con tutte .le forze progressive e rivoluzionarie del paese, sara tanto pili efficace e risolutiva quanto pili manténuta sul terreno dell'a– zione diretta e deJ.l'iniziativa libera popolare, non so– lo in senso negativo ma anche positivo (cooperazio• ne di consumo e produzione, gestione proletaria di lavori e servizi pubblici, ecc.) L'ingerenza, peggio ancora il monopolio dello Stato, sara sempre più un danno che un vantaggio. Ché se lo Stato soclal-de– mocratico si mettesse seriamente in lotta con 1e oli– garchie finanziarie, - di che io sono molto scetti– co, e son quasi certo che tutto da parte sua si ri– durrà a combattere certe oligarchie a vantaggio di altre, o magari a creare una sua propria oligarchia finanziaria, - nessuno se ne dorra cli sicuro; e le forze libere popolari potranno !ianchegglare tale sfor– zo con un proprio sforzo parallelo o convergente, dal di fuori, sul terreno loro proprio estra-statale. Il posto degli anarchici sara in mezzo a tali forze a• genti in-dipendentemente dallo Stato. L'atteggiamento degli anarchici sara quindi quello di incoraggiare e favorire, partecipandovi, la colla– borazione liqera e diretta degli interessati (produt– tori e consumatori) fra cli loro, per la creazione del– le nuove istituzioni necessarie e per la radicale tra– sformazione de.Ile altre. Una delle prime trasforma– zioni da reclamare sara proprio quella di sottrarre allo Stato, rendere autonoma, la gestione di quelle istituzioni utili che oggi il governo gestisce a suo profitto economico e politico; il medesimo dicasi per la gestione delle istituzioni ora asservite a que– sta o quella oligarchia capitalista. Né potremmo es-

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