Studi Sociali - anno II - n. 14 - 16 ottobre 1931

pu6 essere assoluto ci6 che é umano). Un solo principio deve essere accettato con unanime accor– do, perché é la condizione necessaria al perdurare di quello stesso contrasto da cui scaturisce la vi– ta spirituale: il principio del piu assoluto rispet– to per le opinioni che si combattono, l'obbligo spon– taneamente riconosciuto di concedere a tutti gli al– tri la liberta che ognuno reclama per se stesso. Ora se l'essenza stessa della nostra dottrina re– -clama il libero sviluppo della vita nelle sue infinite varietà fisiche e psichiche, Ìl sentimento religioso ailo stato puro, individuale, non pu6 darci nessun fastidio. Il campo del_ pensiero é illimitato; c'é po– sto anche per l'idea di Dio. Come individui possia– mo credere o non credere, combattere le soluzioni religiose del problema dell'universo, accettarle o disinteressarcene. Come movimento sociale che ten• de alla conquista della libertà attraverso l'abolizio– ne della violenza oppressiva nel campo politico e nel campo economico noi non abbiamo motivo d'occu· parei di quei problemi che ciascuno risolve a modo suo, nel dominio sacro della sua coscienza. Tra l'i• dea di Dio e il principio cli liberta che noi propugna• mo non c'é nessun contrasto necessario, come non c'é nessun necessario accordo. Ci sono stati e ci .sono ancora nel mondo spiriti religiosi amanti della giustizia e della liberta, che sono al nostro fian• co, anche senza saperlo, nella lotta. La fede in Dio, per esempio, non impedisce affatto a Tolstoi d'es– sere un anarchico nel senso più esteso e profondO della parola. . . Questo naturalmente non ci esime dal consicle· rare i} problema e dal tentare di risolv.erlo, ma la nostra conclusione ha un valore tutto individuale, e, per quanto in stretto rapporto colla nostra con• cezione sociale non é per questo necessariamente in tutti noi la stessa. All'anarchia, come a Roma, si arriva per molte strade. anzi, si pu6 dire, per tan– te strade diverse quanti sono gli individui. In ogni modo, giacché si tratta questo tema, non voglio ri• nunciare ad acc,ennare a quella che mi sembra la posizione pili naturale e pili logica da parte nostra cli fronte al problema religioso, senza nessuna pre• tesa cli farla partecipare ad altri. La generazione che ci ha preceduti ha combat• luto il sentimento religioso con un entusiasmo pie– no cli convinzione, nel nome di una veritA matemu.• ticamente dimostrata dalla scienza. Poggiando sui pilastri granitici della materia, essa sfidava le ueb• bie evanescenti create dalla rervida fantasia degli uomini ed era sicura che il soffio della realta sa• rebbe bastato a disperder)e. Noi non abbiamo più sotto i piedi la stessa base sicura, che credeva d'essere un dato scientifico ac· quisito per sempre alla coscienza umana e non era ,che un dogma, fragile in fondo come tutti i dogmi. pggi la scienza nei suoi progressi spassionati e im• personali sta cambiando completamente di rotta. Alla sicurezza scientifica succede il dubbio scienti· fico; il dominio del caso nel regno della natura s·i estende invece di restringersi. Man mano che si pro• -cede nel campo delle indagini diminuiscono le leg– gi e crescono le eccezioni, crescono quelle che si potrebbero chiamare; le li'bere iniziative della mate– ria. li principio che é stato finora alla base d'ogni ricerca scientifica: "non c'é effetto senza causa", comincia a vacillare. E' l'universo che si sottrae all'impero della legge, all'Inquadratura della mec– canica. Questa si potrebbe veramente chiamare, se ci durasse la smania, che avevamo in passato, cli voler stabilire un'armonia tra i no• stri ideali e l'universo intero, l'anarchia naturale. L'ipotesi spiritualista, perfino l'ipotesi d'una crea· zione o d'infinita creazioni, non ripugnano più alla scienza come sembravano ripugnare una volta. Le possibilitA, nel passato, nel presente, nell'avvenire, sono infinite. Al congresso delle scienze e a quello di filoso– fia che si sono tenuti tempo fa in Inghilterra, i cer· calori cli verita si sono tncontrati per comunicarsi i risultati delle loro indagini; e in tutte le relazioni pensatori e scienziati battevano, partendo dai più svariati punti. di vista, trattando dei più. disparati argomenti, senza nessun accordo previo, su11a stes• sa nota: il fa11imento della sicurezza matematica nelle scienze fisiche, il progressivo indietreggiare e ridursi del principio di rigida causalità. G. A. Bor– gese ha riportato da quel congresso un libretto •d'impressioni ( Escursione in terre nuove) pieno di forza e di vivacita, che costituisce un panorama in• BibliotecaGino Bianco STUIH SOCIALI teressantissimo delle tendenze attuali della scienza e della filosofia. Del resto anche i moderni studiosi di scienze na– turali, pur prendendo le 1nosse dalle teorie dar– winiste, che erano il cavallo cli battaglia di tutta la propaganda antispiritualista di vent'anni fa, ne hanno modificato profondamente lo spirito, in quan• to non parlano ph'i generalmenta d'un·evoluzione continua degli esseri organici, governata da leggi speciali, ma d'un evoluzione a scatti imprevisti, provenienti da cause recondite e disuguali. "La Vi• ta non realizza un piano preconcetto, e la sua fi– nalitA é "tfltonnante" e inventiva come quella d'un cervello in atto cli creare" (1). In tutti i campi la leg~e cede terreno di fronte all'imprevisto, la si• curezza cli fronte alla curiosittl conscia d21la pro· pria ignoranza. La nostra generazione (parlo della generazione che é giunta all'età della ragione durante e dopo la guerra) é la generazione del dubbio, del dubbio avi– do di sapere e di comprendere, ma non disposto ad acquietarsi definitivamente. Personalmente io ere• do che· questa posizione di dubbio sia la più natu· rale ed efficace cli fronte al problema religioso ed anche, per quanto sembri contradclitorio, la più so• li:la. E' facile passare da un dogma ad un altro, dalraclorazione cieca della materia alla cieca sotto• missione a un supposto essere tlivino; ma é ben dirticile pnssare dal dubbio alla fede, giacché il dubbio é un abito che, una volta acquistato, non si perde più. Chi sa cli non sapere - lo fece dir So· crate all'oracolo di Delfo - ne sa gia più degli altri. Ma oltre ad essere in questo caso la più logica, la posizione del dubbio che ammette molte possibi• lita é anche, secondo me, la più anarchica cli tutte, perché, mantenendoci fuori da una determinata af. fermazione, aumenta la nostra facolta di comPren• sione per tutte le convinzioni sincere; e il compren– dere gli altri é la condizione necessaria per saper· ne rispettare la libertA. Ma su questo non insisto perché puo' essere il risultato cli que11'armonia tut• ta personale che ciascuno cli noi tenta cli creare tra i propri ideali pratici e la propria visi~ne della vita. Sono persuasa benissimo - ripeto - che si puo' essere dei buoni militi della libertà ed essere dei materialisti convinti (ma non settari); che si puo' essere dei buoni anarchici fJ credere in Dio (quando non sia il Dio mummificato dei sacerdoti). Il primo punto da tenere presente quindi nella nostra battaglia per la libertà di coscienza, é che i1 sentimento religioso, sinché si mantiene allo sta• to puro, sinché rimane un fenomeno individuale, non é da combattere come male sociale. li male non -sta li, ma nella sovrastruttura quasi meccanica che imprigiona in un solo rigido ·sistema l'infinita va• rieta delle fedi e trasforma un gruppo d'individui in un gregge omogeneo. L'unica cosa che ci deve importare come anarchici é che l'individuo cessi di rinunciare a1ia propria personalitA, al proprio li– bero raziocinio, per accettare ad occhi chiusi clei dogmi, assurdi o logici che siano. senza av·erli fatti passare al vaglio della sua ragione. In fondo la no– stra battaglia si riduce sempre a una battaglia per l'individuo contro il gregge, per la varieta contro l'uniformità. LUCIA FERRAR!. (1) Dal riassunto delle teorie del Le Roy, ratto da Guido De Ruggero nell'articolo "li Darwinismo e i suoi critici" nella rivista diretta da B. Croce "Cri· tica" di Napoli, fascicolo IV•' del 20 luglio 1931. Vi sono se111p1·e cfoe estremi, fra cui si deve scegliere; ecl é spesso (lifficile determincire quale si trova. al punto (li partenza e qnale al punto di arrivo. In morale, per esempio. dobbiamo de– ciclerci tra l'egoismo o l'altrnis1110 assolnto, ed in politica, trn un go,verno il meglio organizzcilo pos– sibile, che diriga e vroteggn i minimi alti drl/a nostl'a, vit,1, o l'assenza di ogni governo. Non ai meno é lecito c,·eclere che l'altruismo assoluto é l'estremo piii vicino al nostro ,copo che l'egoismo a,ssoluto, come l'anarchia é l'estremo piii vicino alla pei-fezione della, nostm specie che qnal1mq11e governo pili mvn'llziosamiente organizzato. Lo si pu6 credere, perché l'aUrnismo assol·ulo e l'a– nnrchia sono le fol'me estreme che implicM10 l''llo– mo piii perfetto. Ed é verso l'11omo perfetto che noi dobbiarno tendere gli sgua 1·di; é da q1testo lato che bisorma sperare si cliriqa l'1111wnita. 5 L'esperienza ci mostra che s1: rischi.a meno di sbagliare g1ul1'dand-0 e/inanzi a sé pùdtosto che. indietro, quarclando troppo i n allo pint tosto che troppo in basso. '1'1tttn quanto abbia.mo raggiunto fin qui fn vreannunziato. quasi direi evocalo, da coloro che venivano accusali cli gnarda1·e troppo in alto. Nel duùbio, adunque. saggezza vllole che si tencllt verso quell'estremo che preconizza l'11- 111anitapiii pe,-fettci, pi1i nobi/P e pi?i gene1·osa. ,1 chi clomancfo se sia. benP accorda re agli uomi– n i, m,a.lgrado le loro imperfezioni att1wli, la pifr co,nplela libert1i possibile. si 71n6 rispon<lere: "Si. é c/01·ere,li coloro che col pensiero precedono le nwsse ancora incoscienti, d·isiruggere tutto ci6 che incevpa la liberta degli uomini. come se tutti gl'Ì 110,m·11i meritassero di essere liberi, ben– ché si sappia che non lo 1neritera11110 che vnrr•c– l"il'ÌO dopo /a. /01·0 libera-zio11e ". MAURIZIO MAETERLINCK. Bernardino Ramazzini Nell'anno 1700 fu pubblicato in Modena un lil,no intitolato De morbis artificum diatriba. Ne era au• tare un vecchio medico: Bernardino Ramazzini, al quale diversi autori dovevano dare il nome di lppo. crate latino. Due anni dopo, la rivista degli eruditi di Lipsia salutava quell'opera c:on gli elogi piU vivi, e non tard6 ad apparire l'edizione tedesca. Nel 1713 una nuova edizione, accresciuta, apparve a Padova, e negli anni seguenti fu un frequente succedersi di e·clizioni a Londra e a Ginevra. L'opera ciel medico modenese fu largamente utiliz• zata da tutti coloro Che scrissero in quel secolo e nel seguente a proposito delle malattie professiona– li. N,el libro La Medicine, la Chirurgie et la pharma• cie des pauvres di Hecquet, nell'edizione del 1740, vi sono circa 140 pagine sulle malattie degli operai: non sono che un puro e semplice estratto dal Ramaz. zini. Il Dictionnaire de Santé, edito a Parigi nel 1760 e nel 1772, non fa che riassumere quelle pagine di Hecquet. Nel 1764 il dottor N. Skragge sostenne ad Upsala una tesi sulle malattie degli artigiani, ma quella tesi non era che un estratto del trattato del Ramazzini. La pubblicazione della traduzione fran• cese di quel trattato, nel 1777, s-egna un grande pas· so nello sviluppo della patologia del lavoro, ma que– sto sviluppo fu cosi lento che ancora nel c01~so del secolo XIX l'opera del Ramazzini rest6 la base di tutti I trattati del genere. Considerevole tra questi quello del Patissier, pubblicato a Parigi nel 1822, con il titolo Traité des maladies des artisans d'a,prés Ramazzini. E mi fermo qui, poiché la fama del medico mode– nese ha seguito con tale continuitA lo sviluppo del– la patologia del lavoro che, anche oggi, é ben l'aro di non incontrare, leggendo un libro di quella ma• teria, un elogio o delle citazioni della sua. opera classica. Quell'opera fu Ol'iginale? Non mancano, prima del Ramazzini, degli au• to.·i che offrono delle osservazioni sulle malattie I)rofessionali, ma si tratta sempre d'osservazioni sparse, relative ad un caso, a un piccolo nunHn-o cli casi; e, al massimo, ad una categoria cl'artigla• ni. Si é stupiti, quindi, nel pensare che un medico più ciel XVII che del XVIII secolo abbia potuto scri– vere un trattato cosi ricco cli osservazioni e cosi organico su cli una nrnteria quasi vergine. La ra• gione cli questo fenomeno é che la sua opera fu ispirata e nutrita da un intelligente umanita– rismo. Osservando dei votacessi che lavoravano in casa sua, il Ramazzini cominci6 a riflettere ai mezzi di diminuire i pericoli nei quali costoro incorrevano. E continu6 le sue osservazioni su altre categori~ di lavoratori, visitando "i laboratori e le fucine più sporche per osservare con cura tutti i metodi U· sati nelle arti mecCaniche. Tutto il suo trattato rivela questa osservazione calda di simpatia. Egli si sofferma, studiando i fornai, alle "loro mani gonfie e doloranti" e parlando delle malattie de– gli specchiai dice che quelli dell'isola di Murano "si vedevano con dolore ncilo loro opere, nelle qua• li si dipingeva la loro sventura." Studiando i la• voranti dell'amido, che si lamentavano cli dolori al ,capo e della difficoltà di respiro e di una tosse sfibrante, vuole rendersi conto della causa: ..ho aspirato questo odore insopportabile che stuzzica• va il mio naso come un acido molto penetrante''. Egli non disdegna di citare le spiegazioni dei fac– chini di Venezia e di Ferrara, che portano i loro carichi in un modo più opportuno cli que1lo usato dai facchini di Modena. E' come medico che egli ha conosciuto la mi• seria ed il 1a·voro penoso, e scrivere di questi argomenti gli sembra rfentri nei suoi doveri pro· fessionali. Egli lo dice, con simpatica semplicità, nella prefazione al suo trattato: "Noi siamo co– stretti a convenire che molti mestieri sono una sor• gente cli mali per coloro che li esercitano, e che gli sventurati artigiani, incontrando le più gravi ma•

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