Studi Sociali - anno II - n. 14 - 16 ottobre 1931

'V 4 nenza; come non deve, naturailmente, essergli nep– pure considerato inferiore. Sono di genere diverso, o piuttosto sono due sJ)ecie di un genere unico, che noi chiamiamo genericamente il lavoro. Questa breve parentesi aiuterA, crediamo, a chia– rire ed a precisare le idee, il che ci permetterA di inoltrarci piti speditamente nel campo della critica alle forme in cui il lavoro é attualmente organizza• to e sfruttato. La critica che tutti i riformatori sociaJi in gene– rale, e gli anarchici in particolare, fanno alla catti– va organizzazione attuale del lavoro é di una giustez– za evidente anche per -chi, per interessi opposti o per strettezza intellettuale, é refrattario a com– prenderla. Cosi come é attuailmente organizzato, il lavoro é semplicemente una forma di spogliazione del lavoratore, la fonna piU. atta a carpirgli la maggior parte di frutto delle sue fatiche manuali o intellet– tuali. PiU ancora, l'organizzazione sociale e politica odierna é stata ad artificio complicata in maniera che niente e nessuno possa sfuggire al suo ingranag– gio frantumatore ed all'assorbimento da parte dei privilegiati della riccheiza di tutti i benefici e di tut– te le attività ciel mondo del lavoro. Ed é proprio sul lavoratore, sul produttore, che gli sfruttamenti si moltiplicano per la sola ragione che egrli é il pro– duttore. Si pu6 dire 1ier tutte le attività dell'uomo, che più esse si allontanano dalla produzione diretta, meno lo afruttamento su di loro si fa intenso. Un produttore é a,Imeno depredato due volte, in una forma diretta e immediata: primo, perché non gli si paga mai che una parte di que11o -che g,li si deve realmente per il lavoro compiuto; poi perché, come consumatore, lo stesso suo prodotto gli é rivenduto piti caro di quel– lo che logicamente dovrebbe ess-ere. Cosi l'operaio, ,come produttore prima e consumatore dopo, é ripe– tutamente derubato e paga più di ogni altro la sua parte alla società, la quale del resto non fa che Tendere più costosa e pesante questa orgainzzazione dello sfruttamento. Qui é propriamente la malefica Tadice da cui vengono i succhi malefici che rendono malata tutta la societa; e quailunque miglioria si ap– J)Orti a tanto male in qualche suo dettagli('.), essa non Jo allevia neppure in parte. • . . Ci6 é divenuto evidentissimo, in specie coi pro– gressi della meccanica. Non erano pochi coloro che .credevano che tali progressi, coJ perfezionamento crescente de11e macchine e l'impiego di macchine 11uove e sempre più produttive, facilitando ed am– pliando la produzione e riducendo man mano le spe– s-e generali, avrebbero fatto ricadere un po' pill. di beneficio e -di benesser,e anche sui lavoratori. La mise!·ia generale attuale dimo·stra che si é trattato di una passeggera 11Jusione. Vi sono di quelli che accusano il macchinismo mo– derno cl',essere ,la causa maggiore del crescere del1a miseria dei lavoratori, col suo moltiplicare la produ– zione ,e diminuire insieme l'impiego della mano d'o– pera. Ma anche questo é un errore, perché, come diceva un vecchio ,economista, il De Sismondi, le cui parole tornano ora di grande attualità, nei suoi "Nouveaux principes cl'Economie Politi'que" del 1827: "Non é il perfezionamento delle macchine che é la vera calamita pei lavoratori, ma la -divisione ingiu– sta che noi facciamo dei loro prodotti. Piti noi pos– siamo produrre con una quantità cli lavoro, e più dovremmo aumentare o il nostro benessere o il no– stro riposo. L'operaio che fosse nel medesimo tem– po il proprio padrone, quando avesse fatto. in due ore di lavoro, coll'aiuto della macchina, quello che faceva prima in dodici ore, potrebbe dopo due ore, se non avrA bisogno di una quantita maggiore di pro– dotti, cessare di lavorare. E' la nostra organizzazio– ne attuale, é la servitù -de.ll 'operaio che lo costringe, q1,1ando una macchina ha aumentato il suo potere, a lavorare non meno, ma piti ore al giorno per il me– desimo salario." La-sciando poi da un lato ogni questione teorica, sono la vita e l'esperienza di ogni giorno che s'in– caricano di presentarci sempre più chiaramente il proWema nel suo aspetto più odioso. (La fine al prossimo numero.) HUGO TRENI. Ricordimno il clovere di: aiutare le vittime po– Ricordicvmo l(/ soliclarieta ilovnta cla.tu.lii noi a.i cadnti nella lotta eil alle loro fainiglie. Ecco, pei· nonna clei volenterosi, gli indirizzi clei prin– cipali comitati cli soccorso: Comitato Nazionale Anarchico pro Vitlim.e politi.che. - Rivolgersi a: JEAN BUCCO. ll6, rue Chftteau -des - Rentiers, P ARIS. 13 (l<~rnn– cia). Comitato pro figli clei Carcemti volitici cl'l– talia. - Rivolgersi a: CARLO FRlGERIO, Case Poste Stand, 128, GINEVRA (Svizzera). Comitato IntP-rnazùmale Libertario d'assir ste11za alle vittiine politi.che. - Rivolgersi a: COMITA'l'O IN'fJ<JRNAZIONALE LIBERTA– RIO, P. O. Box 565, WESTFlELD, N. JER– SEY (Stati Uniti). Cornitllto pro vittwne politi.che dell'Unione Sind,(llcale Italiana. - Rivolgersi a-: J. BAR– BIERI, 6, rue Renardière, FON'l'ENAY-SOUS -BOIS (Sl'ine) (Francia). BibliotecaGino Bianco S'l'"CIH SOCIALI Spirito religioso e sentimento di liberta Io sono convinta, e l'ho detto giA altra volta, che, Questo bisogno prende le forme più diverse ed oltre alla battaglia forzatamente violenta contro il esiste in grado maggiore o minore in tutti noi. IU fascismo, contro la monarchia, contro tutte le forze ~tlcune nature l'educazione l'ha soffocato, in altre .,~lla reazione, un'altra battaglia cl aspetta in It: l'ha fatto diventare gigante. Molte delle manifesta- Ha al noi:-tro ritorno, una battaglia in cui le armi zioni della vita umana, l'arte in primissino luogo, princ~paj1 non possono essere né le bombe, né le mitragliatrici e che sarA forse la più seria e la più difficile di tutte. Il nemico, la Chiesa, é solo in par– te visibile e materiale. Lv sue radici più profonde e piti salde non sono, come per paradosso e per pigrizia vogliono alcuni, i colonnati magnifici di S. Pietro; le sue radici più salde sono quelle che si ramificano invisibili nel cuore malato del popolo e vi s'abbarbicano e vi s'airondano. Poco valgono contro di loro le armi con cui si combattono i ti– ranni. Esse sono cli natura tale che, spezzate vio– lentemente. nou muoiono. ma si fortificano. Risn– e,:na, per distnu,e-erle, scendere nel loro stesso h:~1·– 'teno e contrastar loro i succhi vitali e la linfa. cnn– \1:apponendo alla lor pi-anta altre piante in uno -.rorzo contmuo cli tutti i giorni. Per ctlstruggere il rascismo tutte· le anni sono .... - !ili e lecite; il fascismo é un fatto brutale, il fasci– '1110 é una pietra che pesa sul popolo italiano e lo ,::hiaccia; aderisce alla terra non per forza cli ra- · dici, ma per forza cli peso, e ogni leva ci servirà per farlo ruzzolar via. Contro i fatti bisogna lottare con altri fatti, ma contro le idee l'unica arma le– cita, l'unica arma anarchica é l'idea. Ora, coloro che amano d'amore puro la liberta, fa Irbertà nella vita e nel pensiero, sono gli unici c110 possono combattere serenamente i dogmi reli– giosi nel loro stei:,so terreno, che é terreno spiritua– le. Bruciare i templi é comodo quando s.'é i più forti, ma non serve a niente; e a niente serve - e lo si é visto al tempo della Rivoluzione Fran– cese - perseguitarne i sa,cerdoti. Perché bisogna capire che non solo le idee buone fruttificano nel matti rio; tutto ci6 che appartiene al mondo dello spirito, anche se é assurdo, anche se, credendo d'es– ser buono, é cattivo, resiste all'tirto della violenza materiale. Noi, che niente vogliamo imporre, siamo, per Ja natura stessa della nostra dottrina, i nemici na, turali, non solo del cattolicesimo, ma cli tutte le religioni dogmatiche. Appunto perché abbiamo l'or– goglio di chiamarci anarchlC\ la nostra missione é quella cli combattere l'oppressione materiale co1la ribellione, l'oppressione morale, che si riduce tuttajj all'intolleranza dogmatica, non con altri dogmi, ma i coll'aria pura della liberta. E' questo il metodo più 'j difficile di lotta, ma il piU sicuro. E per prepararsi a questa lotta 01sognerA rivedere molte delle posi– zioni tipiche del vecchio anticlericalismo, molte volte altrettanto assoluto e intollerante dei suoi nemici, quasi sempre poco serio nel trattare proble– mi serissimi. Ma siccome sembra, purtroppo, che il tempo non stringa, si pu6 prendere il discorso un po' alla lon– tana e cominciare proprio clal principio, per cercar di vedere le varie facce di questa complessa que– stione che ha affaticato l'uomo fin dall'alba della civilta e che forse continuera ad affaticarlo, fino al– la fine della vita umana suna terra. Bisogna prima ct1 tutto cominciare col distingue· re qualche cosa di preciso nel r.aos di elementi eterogenei che si raccolgono sotto l'etichetta di quelle comod,e ed equivoche parole che sono rel\· gfone, superstizione, misticismo, etc, etc. Per oggi ci occuperemo solo dello spirito reli– gioso allo ,stato puro, di quella specie d'istinto o d! bisogno che crea le rellgtonI e ne rorma il su 1 b– str-ato, ma che non bisogna confondere con esse. D ~ontadino che accende un cero dinanzi a un'imma gine perché faccia piovere, il pensatore che vede l'origine cle1 mondo in un principio spirituale eter– no ed increato, il prete che compie il suo rito con fede, il monaco buddista che percorre i diversi .stadi della contemplazione per arrivare a una Vi• sione interiore della divinit8., il bimbo che trema cli · gioia nel suo lettino al pensiero dell'imminente cli– scesa della Befana, sono tutti esseri diversi, che pu– re· hanno qualcosa In comune: la tendenza a stac– carsi cli tanto in tanto da ci6 che si tocca, si sente, ti vede, per entrare in un mondo senza tempo né ,pazio, che non si toeca, non si sente e non si ve– le ma che purP, esiste per 1 Jro, giacché se lo r.reano. hanno le loro origini profonde in questo bisogno cli spiritualizzare la vita. Sarebbe un erro:·e crede– re che un•e·ducazione religiosa sia l'unica responsa– bile df'ili slanci mistici che ci sorprendono a vol– te nelle persone più equilibrate. Ricordo il caso cli due bambini quasi della stessa ,eta, fratelli, cresciuti nello stessissimn ambiente di solida incredulità. Una vicina parlava con vivi cr. lori del vecchfone barbuto che nella notte di Nata– le scende giù per il camino e porta i giocattoli nel· le scarpette dei bimbi buoni. Il maschietto sorride– va con aria cli superioritA e di cornpatimento. A un tratto mi prese per mane ~ mi trascm6 cun la sua piccola forza e colle sue insistenti preghiere in cucina, a guardare in su, ,sotto la cal)pa del ca– mino. "Quella vecchia é mezza matta. - mi sussur– ·-i all'orecchio - Non vede mica che non c'é la scala e che non sl pu6 scendere? Se et fosse qual– cuno lassù, cascherebbe e si romperebbe le gam– be." Ma la bimba era rimasta immobile, col naset– to in aria, e beveva le parole della narratrice. Dul giorni dopo mi parlava ancora con gli occhi com– mossi del bel vecchione che vola per aria quando c'é la neve e che vuole tanto bene ai bambini. E vi as, sicuro che era una birichina vivace che, benché un po' minore del fratello, non era affatto più stupida di lui. La bimba crescerA e le sue idee si faranno meno -primitive e ingenue; per6 é difficile che perda quel· l'abiturlinf) cli guardare di tanto in tanto per aria . Ciascuno di noi é un miscuglio cli ferma ragione positfva e di aspirazioni a1l'ignoto, a11'illimitato, a: l'immateriale. A seconda della natura e dell'educa zione, ma forse assai phi a seconda della natura, prevale l'una o l'altra forza. Evidentementte dal secondo di questi due elementi provengono, oltre a moltissime altre cose, anche le religioni rivela.te e dogmatiche, direi quasi crista,;izzate, che impri– gionano l'anima proprio mentre le promettono di darle le ali. Ora la questione é tutta qui. I dogmi sono nel campo del pensiero quello che é l'autorita nel cam– po po1itico: sono dunque un male. Ma il sentimen-. to religioso in se stesso, nelle sue varie forme, é un male? Per conto mio, io rispondo subito di no. E' Q.. tu– cosa di immanente nella storia dello spirito uma– no, é qualcosa che si pu6 sentire o non sentire o credere di non sentire, ma é sempre un atteggiamer.– to originario che ha la sua ragion d'essere e il suo posto in quello svariatissimo arcobaleno cli colori che é la coscienza dell'umanita. Lo si potra com– battere nelle sue forme più basse, Io si potra in– durre, colla propaganda assidua, a rifugiarsi nelle sue manifestazioni piU elevate, più libere, più indi– viduali; distruggere no. E nòn c'é da rammaricarsene. Il mondo tanto piu é bello, quanto 1>iù é variato. Tanto più é libero, di– rei, quanto più é variato. I dittatori, i dogmatici di tutte le dottrine, sognano di ridurre tutti non solo ad agire come vogliono loro (e questo é relativa• mente facile), ma anche a pensare come loro. E questo per fortuna é impossibile, perché il pensiero sguscia via tra le catene ed é per sua natura libe– ro, multiforme, pieno cli fecondi contrasti interni. L'uniformitA é ancora una forma di schiavitù -ed é per giunta una schiavitù. noiosa. Noi non abbiamo dogmi: vogliamo solo la libertà, e nella li berta c·é posto per tutti; vogliamo solo che il libero giuoco delle opinioni contrastanti, delle correnti avverse, si possa svolgere in pieno sole e all'aria aperta senza violenza. E quanto maggiore sarà il fermento, la varieta, il ,cozzo, tanto più saremo contenti, per– ché nella lotta sta la vita. Lo diceva anche Eracli– to, ma noi lo diciamo in un •a1tro senso. Noi cre– diamo che non sia bene distruggere il contrasto, ma che si debba elevarlo dalla materia allo spiri– to, dal manganello e dalla barricata al libro e al giornale, dal cozzo sterile delle parole violente e vuote, all'incontro fecondo delle correnti di pen– siero ·diverse ed avverse. E questo é possibile so– lo in regime cli 1ibertA assoluta (nei limiti in cui

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