Studi Sociali - anno II - n. 11 - 15 aprile 1931

influenza sng,li nomini politici. In tutti i paesi, nazionalismi mantengono il punto di vista della lupa famelica, e mentre l'umanità aspira ~Jla u– nione, essi non pensano che a fondare la grandez– za della loro patria a danno delle altre. In tutti i paesi vi son molti militari che sogna-no ancora "la guerra fresca e gioconda", e che dalla loro stessa professione sono spinti a desiderarla. In tutti i paesi la gioventù contemporanea é in ge– nerale molto superficiale. Essa é pili o meno anL mata dallo spirito cli brutalita e cli nazionalismo nel quale spe3s0 degenerano le competizioni spor– tive. La guerra, che quella generazione non ba conosciuto che attraverso i racconti falsi e ten– denziosi della maggior parte dei libri di storia pubblicati dopo il '14, le a,ppare sotto un aspet– to romantico, ed essa, continua a credere che non vi siano altri eroi che i soldati in guerra, e altri campi d'onore che i call1i1Ji di battaglia. In tutti i paesi i pacifisti non sono in numero abbastanza grande per impedire una catEJstrofe. Quelli che rifiutano il ~ervizio militare sono u– na minorainza conùannata dalla maggioranza del– l'opinione pubblica,. Del resto i mezzi tecnici di far la guerra sono ora tosi perfezionati e cosi potenti, che :,i pu6 far senza del consenso unanime del popolo, e che poco importerebbe che la meta della nazione fos_ se contraria ad un movimento guerresco. La guer– ra futura non si fa-rA piti sugli eserciti nemici, ma contro la popolazione inerme delle citta e dei grandi centri industri.a.li . Una infima minoranza, ben fornita di aeroplani e di gas, potrà conclu. dere 1'a 1iace ch'essa avra voluto snl vasto cimite– ro della nazione nemica. La superiorita delle far_ -ze non si atterra più colla superiorita del nume– To dei soldati, ma con quella semplicissima dei 1 nezzi meccanici. L'avvelenamento dell'aria resil)i– Tabile, su vaste estensioni di paese nemico, ecco .a che cosa tende la tecnica, moderna. ,La guerra dei gas che noi abbiam conosciuto nel periodo 1914-1919 non fu che nn gioco di bambini vicino a quella alle potrebbe essere oggi una guerra chimica. Il trust mondiale della pol– -vere e dei prodotti chimici dispone di miliardi, e costituisce una potenza capace di decidei-e della pace e della guerra nel mondo. Gli scienziati la– -varano per lei, I militari lavorano, per lei. Pochi si rendono conto dello spaventoso pericolo, o com– prendono che i milioni ,i-uomini che lavorano neL le fabbriche di materiale da guerra sono le ma– rionette tragiche d 1 una banda di assassini. tSi sono recentemente classificati i gas tossici in sei gruppi: Gas lacrimogeni, gas asfissianti, gas cianidrici, gas mostarda, gruppo delle arsine, ga3 es· plosivi ed incendiari. L'azione di alcuni é tale che ne basderU uiu\. l>Ul'te su 100 1niJio1ù di 1mrti cli aria, per n1ctte- 1·e un nomo 1'uol'i con1.bntti.Jne11to nello spazio d'un n1i11uto. Con mille bombe si pu6 distruggere in qualche istante una città grande come L001dra. Un solo aeroplano può portare 6M bombe, dimodoçhé ba– sterebbero due aerQ\Plani commerciali per annien– tare qualsiasi metro-poli. Vi sou gas che penetra_ no attraverso la pelle, anohe quando questa non presenti alcuna ferita, e che foo. morire fra orri– bili convulsioni e torture indicibili. Vi son gas che bruciano gli occhi, gli organi respiratori, e tutte Je parti delicate dell'organismo. Più la pel– le é sensibile e più gravi saranno le conseguenze; i bambini quindi saranno le prime innocenti vitti– me. Vi son gas che non uccidono, ma rendono pazzo. Altri che a-ccecano. Ve ne sono che creano infezioni interminabili ed inguaribili. Ve ne sono il cui effetto si prolunga per lunghi giorni e che distruggono ogni vita animale e vegetale. Il ven– to che li porta, semina la morte. Ogni oggetto su cui se ne deposita una sola parcella, é avvelenato. Vi son gas che hanno un~ potenza di morte cento volte superiore a quella dei gas conosciuti nel 1918. Ed il IJrogresso continna. Basta per esempio una soia parte di Aidamsit per trenta milioni di parti di aria perché nessun organismo vivente possa spssistere. E uassun mezzo di difendersi. I gas attra,versa_ no i muri, attraversano Je 1naschare. Nessuna fu– ga possibile. Le ultime grandi manovre di varie nazioni han urovato cbe la difesa aerea con ae- BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI roplani, ca-nnoni e altri mezzi é pressoché ineffi– cace. Dal 1919 si fabbricano molti gas tossici ed in– cessantemente si perfezionano. Ogni paese ne po::,– siede 1•iserve formidabili. Data l'impossibilita d'impedire agli aeroplani - qualsiasi aeroplano può essere immediatamente a,dibito alla bisogna - di sorvolare un determinato territorio, i nuo_ vi metodi di guerra hanno per conseguenza di trasformare interi paesi in canTpi di battglia. Si assistera dunque a catastrofi che l'immaginazio– ne é impotente e descrivere, a imma-ni macelli e probabilmente alla fine della civilta europea Mi arresto, quantunque l'opera di Enders con– tenga molti dati di [atto che dovrebbero essere citati. Pos.sano, tale libro e tutti gli articoli quali que– sto modesto mio, contribuire a far comprendere la gra•vita del pericolo. La guerra dei gas conduce alla devastazione totale dell'Europa. Non v'é salvezza che nella du– revolf' e sincera pace dell'internazionalismo ... LOUIS CHAZAI. In margine ad unapolemica "revisionista" Nella crisi spasmodica, attraversata dal mondo attuale, il fenomeno _più penoso é quello presen_ tata da tutte le forze sociali di liberta e di pro– gresso che, indebolite dalla reazione imperversan. te in ogni campo, cercano atfanuosamente una via d'uscita e di sa•lvezza; e sembra abbiano per– duta la bussola della loro navigazione in mezzo ad un mare in tempesta ed irto di scogli. In o– gni settore del movimento sociale e politico ten– dente a stabilire un migliore e piii. giusto equL librio nell·umanita, oggi devastata come da un vento di folliai e di ba11barie, e minacciata di pau– ' rosi ritorni alla fame ed alla schiavitù del piu oscuri secoli della storia, domina l'incertezza. "Che fare?" si domamdano i piu. Si vorrebbe agi. re, e per agire non manoherebbero i mezzi e le forze rnateriali, benché minori di una volta. Mai non si sa come. I pareri sono infiniti, ed ogni parere muta ad ogni pié sospinto, indizio evi– dente che alla crisi esteriore e generale corri– sponde una crisi interiore e particolare di cia– scun movimento, una vera e propria crisi cli vo– lonta negli elementi individuali e collettivi che costituiscono la forza attiva del grande e multi– forme esercito della civiltà umana. Il fenomeno é generale, e nessuna delle collet– tivitA militanti, delle specie piii. varie e degli in– dirizzi pill diversi e contrastanti, vi sfugge. Sotto tutte le bandiere, in tutti i partiti cli li,berta e di progresso, in tutte le coalizioni di masse deter– minate da interessi o da ideali, in ciascun paese di ciascun continente, si nota- lo stesso squilibrio di contraddizioni e di contrasti, la medesima in– sicurezza cli se stessi e delle vie da battere, la me– desima mancanza di una volonta chiara e decisa. Forse, a chi va chiedendo '·che fare?'' si potreb– be controdomandare: "che cosa vuoi?" Poiché v'é trop1)a gente che cerca le vie dell'azione fuori di sé, nalla scienza, ne.Ila filosofia, nella storia, nel- 1'esame di ci6 che s'é fatto in passato, nella cr!– ticé:! di ci6 che fanno gli altri, - elementi di giudizio e di studio certamente utili, anzi indi– spensabili. - ma che da sé non danno niun consi– glio sic.nr -0 né suggeriscono alcun serio indirizzo, se chi ne cerca l'ausilio non sa bene egli stesso che cosa vuole e dove vuole arrivare. A che gio– verebbe al navigante la migliore attrezzatura del– la, nave e la bussola meccanica pili perfetta, se non avesse anzitutto la bussola interiore della vo .. !onta di arrivare ad un porto determinato, se lun– go il viaggio fosse continuamente indeciso sulla meta verso in cui dirigersi? se non srupesse anco– ra in quale spiaggia trovera ci6 che gli occorre e ·c.h'é lo scopo del suo navigare? E, na,turalmen_ te, il danno della sua indecisione si moltiplica al– l'infinito, c1uando il mare si fa tempestoso e af– fiorano tutto intorno scogliere di rovina e di mor– te! Tutte queste riflessioni, e molte altre, mi sono 5 suggerite dal manifestarsi del suaccenato fenome– no anche nel ca-mpo anarchico, nel quale milito e che per ci6 io conosco meglio. E' un campo mol– to più limitato degli altri, ma non tropjpO da es. si dissimile; ed al lettore non anarchi-co, anzi suo avversario, che fosse tentato di rallegrarsene per una malsana tendenza a consolarsi dei propri ma– li coi mali altrui, io potrei sempre rispondere pa– rafrasando un noto detto biblico: 'Non gnardare il bruscolo nell'occhio mio, e bada piuttosto al trave che tieni nel tuo!" Se mai sono io Che po– trei trovare una simile consola-zione, che perQ non mi lusinga affatto perché tro1>PO magra ed an1ara. nel confronto fra il bruscolo ed il tra– ve, poiché veramente le discordie e divisioni che denunciano la crisi in tutti gli altri campi (de– mocrazia, socialismo, sindacalismo, comunismo, ecc.) e ne determinano una crescente debolezza, sono tali che al paragone quelle rivelate dalle po– lemiche interne dell'anarcJiismo sono davvero un bruscolo insignificante. Insignificante per6, ag– giungo subito, per gli altri e in comparazione ai: quelle degli altri, non per noi anarchici, in rap– porto al nostro campoi più ristretto ed al com– pito più vasto che ci siamo assunto di fronte al mondo C"ivile. Una delle ultime manHestazioni dell'infiltrarsi anche uell'ana,rchis,mo del suaccennato fenomeno d'indecisione e ài dubbiosità io la vedo in cert~ discussioni e polemiche, insistenti quanto per o– ra .non conclusive, intorno ad un cosidetto "revi– sionismo" dei principii e dei metodi anarchici, di cui si sono ifatti banditori cla un paio d'anni in qua dei compagni che ne riempiono colonn·e su colonne in periodici nostri d'Europa e del Nord_ America; sia con articoli dichiaratamente revisio– nisti, sia con altri che lo sono implicitamente nel– la sostanza, se non nella intenzione diretta dei singoli autori. E mi rife-Tisco solo, per brevità, ai periodici di lingua italiana, benché in t.nisura più o meno grande discuBsioni consimili si a,bbia– no e si siano avute and.he prima in periodici di parte nostra spagnuoli, francesi, russi, ecc. Gli i– taliani perc".t vi mettono ma1ggior fervore e per– sistenza; e la cosa é naturale, per la loro posL zione di maggiormente sconfitti nel loro paese che accresce il loro scontento e malumore. Più d'u.n amico e compagno, da parecchio tem– po mi viene istigando perché io int'ervenga nella didcttssione. Me ne sono astenuto fin qui per di– Vf.rse ragioni. Specialmente all'inizio la diS'CurSsio– ne era, in qualche giornale, intorbidata e mescola– ta con altre polemiche di carattere o derivazione personalisti.ca , a me cordialmente amU-patiche e, secondo me, dannose e controproducenti; e non volevo aver l'aria di mescolarmi ad esse, sia pu– re indirettamente. Inoltre, alcuni articoli ayeva. no una• intonazione piuttosto acre ed irritante, che non promettevano una controversia sufficien– temente amichevole e serena. Ma la Tagione prin– cipale era che gli scritti cosidetti ';revisionisti" mostravano bensi la intenzione di rivedere, ma non precisavano mai il punto concreto del dibat– tito; né indicavano qua.li fossero in realté. i prin– cipii dell'anarchismo da rivedere, correggere o scartare, né indicavano alcun pri.Jllcipio nuovo o una nuova via determinata da seguire. Tutto si limitava a interminabili critiche a deplora,zioni, alcune giuste, altre esagerate ed altre ancora in_ fondate, su ciò che si é fatto in passato o si va facendo ora; ad elencare, errori piccoli e gra-ndi, alcuni veri ed altri sem1pJicemente creduti tali; oppure errori di singoli. o di pochi, e ingiusta– mente generalizzati. E insieme a ci6, affermazio– ni generiche e vaghe che potevamo far nostre o no a seconda di com'erano interpetrate, op,pure ripetizioni di concetti e propositi comuni su cui si é da un pezzo d'accordo quasi tutti e di inutile discussione, e divagazioni innumerevoli su argo– menti d'altro genere, com'é naturale a tanti scrit– tori. Mancava per6, e mi sem!bra manchi tuttora, l'ubi consistat del dibattito, l'argomento impor– tante in cui fosse visiibile un dissenso sostanzia– le, su cui hnpernia,re una discussione. Si son det– ti i mali 1 più o meno Teali o immaginari, non il rimedio; non qualche proposta pratica, di teoria o di tatttica, negativa o positiva, su cui ragia•

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