Studi Sociali - anno I - n. 2 - 16 aprile 1930

6 (jci prodotti agricoli; acqultltare direttamente semen• ti. concimi, ecc. e smerciare I prodotti sia all'Interno cb,i all'estero. Questa mi pare la migliore via per at– trarre il contadino nel movimento sociale. Non dobbiamo dimenticare che l'Argentina é un paese agricolo e che i contadini sono uno degli ele– menti decisi vi del successo della rivoluzione non so– lo all'interno, ma anche nei paesi le cui terre non producono a ciufficienza. Come convincere I contadi• ni. a intensificare Ja coltivazione della terra e a cede– re spontaneamente i prodotti ai paesi industriali che han fatto la rivoluzione,· se essi non sono partigiani dellaTivoluzione? Come mai possiamo pretendere che i paesi industriali che giU. a,:ran fatto la rivoluzio– ne ci mandino i loro prodotti se noi non li contrac– cambiamo con nitri prodotti? Quindi la questione ciel contadini é, agli effetti della lottai quotidiana e della rivoluzione della macl3ima importanza, e le coo– perative agricole mi pare siano uno dei mezzi mi– gliori per ricblvere il problema. Torquato GOBBI Stati d'animo e Convinzioni anarchiche (C\;;,11t~~u<izi.one fine; ve<ti 'wum,e.ropreciedente) Pensaci bene. Anche tu non sei mica di ventato anarchico nell'utero materno! Da ragazzo la mamma t'avrà portato a messa, poi a vent'anni avrai fatto il soldato (se non tu altri, perché non é detto che tut– ti d'iventino anarchici prima cli vent'anni), avrai per (Jualche tempo lavorato pel padrone senza pensare ancora che si viG!asse un tuo diritto, ecc. TI sarebbe parso giusto che, soltanto per ci6 (senza cioé un mo– tivo immediato superiore della lotta) ti si fosse aJ\o– r,a considerato nemico! se rostla stata, per esempio, buttata una bomba nella tua chiesa, nella tua caser– ma., nella tua fabbrica senz'altro scopo che di colpire senza dislinzione ,-:ome nemi'ci tutti quelli che ci si lrovavan3 in quel momento? Se si fossero sempre con– siderati gli altri come li consideri tu, derivandone l'inutilità d'una propagrunda idealistica, in realta og• gi non ci sarebbero anarchici, fuori di qualche intel· letluale impotente quanto superbo. -Ma che Intellettuali! non é questo che voglio io. Essi sono una peste, poiché con le loro chiacchiere deviano g1i uomini d'azione dal loro compito: uomi– ni d'azione che non possono uscire che dal popolo o dalla gioventll non ancora intellettualizzata ... -Ancll9 questa é una esagerazione! Tu dimenticbl che i primi e più ardenti anarchici, sociali9ti, r'ivo– luzlonari, ecc., sono stati degli intellettuali o degli open,i elevatisi intellettualmente e con la cultura al di sopra della propria classe. Ma questo ha poca Importanza. Poiché tu parli di uomini usciti dal po, polo e dalla gloventii, ci6 che mi preme é farti nota– re che da un popolo o da una gioventii in mezzo a cui non si fa Ja propaganda, e una propaganda che interessi f:.Ulserio la mente ed il cuorn che non ec– citi solo per un istante ma trasformi· le coscienze, che sia cioé Ideale e pratica nello stesso tempo; da un popolo e una giovent(i che non s'interessi dell'av– venire proprio ,~ollettivo, e non soltanto individuale o di classe, non possono uscire gli uomini d'azione cho tu desideri, ma solo dei disperat'i od esasperati, magari feroci ma inconcludenti. Un tal popolo, in mezzo a cui una minoranza piU cosciente non abbia suscitar.o con l.t propaganda e l'esempio tendenze a lei favorevon, non sara capace che di rivolte spora– diche presto soffocate nel sangue, o, peggio, sar,i. · proprio lui che soffochera col sno peso morto od osti· le le gen~rose insurrezioni dei pochi o· dei l::iingoli, ùtili sempre come affermazione e propaganda, ma non conclusive come vorremmo noi; e talvolta schiaccia– to in modo eia far tacere per un pezzo ogni voce di rivolta. In tali condizioni d'inferiorita generale, la rivoluzione di popolo che sarebbe più necessaria, ed efficace p'iii delle singole rivolte Individuali o di gruppo, si renderebbe per un pezzo impossibile. -Vorresti dur:que con ci6 screditare, sconfessare o denigrare le rirnlte individuali o di gruppo, in omaggio alla rivoluzione non ancora possibile? -Niente affatto. Ti dir6 anzi che storicamente si spiegano ~nch-a le rivolte incoscienti. Spesso é prefe· ribile una incoscienza che si ribella, in cui c'é gla in fondo, appunto perché si ribella, una co!À'.:ienzasia pure embrionale ed informe, all'incoscienza supina e passiva èhe ubbid'isce e tace. Ma non é ancora quella eh~ pu6 augurare e riVendicare come sua una mino– ranza ~osciente ,, un partito di Idee. In quanto :.Ila ri– volta cosciente e ben diretta, Individuale e di grup– po, anche se prematura e senza rispondenza tra le grandi mJsse, t'ho detto già che avrebbe grande va• !ore cli affermazione e di propaganda col fatto. Ma essa sarebbe meno possibile praticamente, e ideal– n1ente meno efficace, se le pi(1 numerose minoranze co,,,ienli e combattenti si lintitassero a solidarizza– "'' soltanto spiritualmente con essa. Tale solidarie– ta spirituale é naturalmente doverosa, ma non basta. · Le minoranze combattenti debbono preoccuparsi anche di creare alle eventuan rivolte individuali o di gruppo una sempre ])iii ampia corrispondenza fra le masse, finché anche queste non insorgano (e insor– gano anco se quelle non si produce,i.3ero e senza af– fidarvisi od aspettarle passivamente), e cosi diventi possibile la rivoluzione popolare e proletaria assai piii necessaria e socialmente p!ii conclusiva. BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI -Ammettiamolo pure... Ma praticamente, come fare a mand.are avanti l'azione di ciasonno e di tutti, senza sacdficare l'uovo di oggi alla ga.Jlina di domani, ,1,nza sacrificare la rivolta parziale ora possibile al r.10vlmento generale e alla rivoluzione sociale di ·ùn domani ancora imprevedibile? -Lasciami battere ancora sul mio chiodo. Credi tu che se non ci fosse nn movimento collettivo un po' generale, un lavorio di propaganda, orale e scrlt· ta, giornali che diffondessero idee di critica e di af– fC:rmazione, ecc., vi sarebbero forse un maggior nu• mero di rivolte individuali o collettive, e piii coscien– ti che incoscienti? Manco per sogno! Il movimento collettivo, di idee e di attivita pratica, anche se mo– desto e ancora non culmlnants nelle audacie pift alte, cu ~ per ora posson giungere solo temperament'i e na– ture eccezionalissime, costituisce l'ambiente indispen– sabile, il Yivaio in cui quelle nature e quel tempera• menti i)ossono rivela.rsl e svilupparsi. E~o il per• ché, uno dei perché, unito all'intere,A,e superiore di spingere alla rivolta rivoluzionaria le grandi masse (impossibile senza Il convergere d'i grandi bisogni e •cti grandi aspirazioni ideali d'avvenire), é necessa• ri11 e imprescindibile agitare una idea, che si concreti in un programma da attuare; ecco perché é neces– saria la propaganda, il giornale, l'organizzazione ri– voluzionr~ria e libertaria, l'associazione di classe dei larnratori, la difesa e la conquista di sempre maggio– ri liberta effettive per tutti-, Ja lotta concordata del maggior numero possibile contro I governi e I pa– droni ... -Basta, basta! sapevo bene che saresti arrivato a questo punto: Il giornale, il partito, il sindacato, ecc. ecc. E' questo che ti Importa, sopratutto. mentre a me non importa niente o quas'i; o per Io meno la• scia indifferente l'animo mio ... -An,ahe io avevo capito quel che ml dici di te. Ma, a parte le parole imprecise e 'inaJatte, che non ritlpecchiano con esatezza il -mio pensiero, certo tut– to quanto t'ho detto e che tu hai Impropriamente rias– sunto con due o tre parole, m'importa e interessa moltissimo. Ma non "sopratutto"; Ci6 che m'interes• sa veramente sopratutto é la lotta ed il suo fine, che per6 han bisogno dei mezzi che t'ho detto. Ed ecco per.ché per cominciare, o meglio per ricominciare, oer ora io ed i miei amici, date le nostre deboli ca• pacita, vogliamo fare un giornale d'idee e di agita– zione, che realizzi una maggior concordia delJe no– stre forze, studli i mezzi e le vie, fiancheggi, solleci– ti ed inclil'izzi spiritualmente l'azione possibile ai sin– goli ecl 'insieme agli agruppamenti sempre piii vasti. -Non insisto di piii. Certo é che non mi sento d'accordo con te, benché qualche cosa di quanto hai dHto possa e,1,ere giusto. Forse é difficile, e in ognt caso sarebbe troppo lungo precisare ora dov'é \I no– stro dissenso concreto. Forse é questione di fede di sentimenti, di ~tato d'a.nimo. Non voglio scoraggia~ti; e accetta anzi questo po' di danaro per la tua in'i• ziativa ecl i miei auguri. Io preferisco pensare ad ni– tro. Me ne debbo andare. Arrive.dercl. .... Cosi fini il colloqu'io. L'amico mi dette una som– metta pel giornale progettato, mi strinse Ja mano; e da allora non l'ho pili riveduto. So per6 ch'egli é sempre un buon compagno, sempre disposto ad aiuta– re ohi agisce e soccorrere chi soffre; ed io non pen• so mai a lu'i senza un senso vivissimo di affetto. Ho conservato sempre un ricordo molto preciso di quel nostro colloquio, di cui plii volte ho pensato di parlare ai compagni. Oggi mi pare Il momento oppor– tuno. Naturalmente non ne garantisco l'esatezza. S_pecle quello c-he ho detto io é plu diffuso, per la differenza che v'é fra il discorso parlato e quello scntto. Forse, <iato il tempo trascorso. ho mescolato a quel che disse il mio amico qualcosa intesa da altri ma che sono della sua stessa tendenza. Ma tutto cl6 r-.on ha importanza pel lettori. Quello che voglio soltanto notare, prima di finire, é che una Yerita, di certo, disse il mio amico nel congedarsi da me: che cioé la ragione principale di dissenso fra me e lui era una differenza ·di stato d'a• nimo: pili ottimista in me, piii pessimista In lui sia sugli nomini che sui fatti. Se, pur non avendo!~ no– minato (né m'i pare possibile che alcuno ·possa indo– vinare chi egli sia), non temessi di offenderlo direi anche di pi(t: che, mentre in me l'anarchismo 'é pre-– i•alente.m1ente una .convinz'ione divenuta cosi forte oa essere una fede, In lui Invece ml sembrava preva– le11te1nente uno stato d'animo senza fede. Il che non impedisce, s'intende, che vi sia o possa esservi tanto in lui che In me, una volonta; ma allora la di~e;siM dei due anarchismi pu6 indirizzare dlvercbmente Je due volonta. .Forse questo é argomento di cui merita la pena di nparlare, quando ce ne sara J'occas'ione e il tempo. Luigi FABBRI Per non ingombrare il 1esto di STUDI SO– CIALI che vogliamo completamente dedicato alla collaborazione, la lista delle somme rfoevu– te per la Rivista la pubblichiamo ne "La Pa– g'ina in lingua italiana" quindicinale del quoti– clia.noanarchico LA PROTESTA di Buenos Ai– res. Gli interessati che desiderano prenderne vi· sione ·non 'hanno che a farcene richiesta, e sara loro inviato il nume;ro del giornale che li ri– guarda. 'R,ivisla delle · Ri-visle IUvi~te di li11g11u itali111111 Sira1n Nib,J'ldi: NEMICI DELLA. PA.TRIA.r ("VO– glia,no", di Biafl::a-Svizzera, - N.o 1-2 di gennaio e febbraio 1930). Il fascismo tratta tutti i suoi avversari come nemi– ci della patria. Ma quali son<>in realta i veri nemi– ci della patria? viene a chiedersi l'A. Quando, per esempio, si vedono trattare da nemici della patria gli italiani banditi per il mondo dai tiranni del loro paese, vi~ne da ricordare che come tali venivano fu~ cilati al loro tempo dall'Austria e dal Borbone Ciro Menotti, i fratelli Bandiera, Titto Speri ecc. e dal governo dei Sav<>ia venivan condannati a morte Ga• ribaldi e Mazzini. Ieri erano quel!i I nemici della p,a.tria, ed oggi siamo noi! E sia pure! esclama l'A. Infatti noi siamo i nemi– ci della prutria degli sfruttatori, degli oziosi del Re, e dei capitalisti, del fascismo bastonatore e assassi– no; siamo nemici di una patria in C\ll ogni liberta é soffocata, dove c'é fame e miseria, da cui bisogna fuggire per mancanza di pane e di llberta; siamo ne– mici dell'Italia monarcllica, papale e fosciclta. Ma non lo siamo del'ltalia dei lavoratori, dei sofferenti-, de– gli amici della liberta e quando questi fossero riu• sciti a literarsi e ad instaurare un regLme di benes– sere e di uguaglianza sociale, de il capitalismo di fuori volesse con la violenza venire a distruggere la 110,tra societa libera, noi tutti partiremm<> per re– spingere con le armi il nemico. Se tale circostanm si avverasse, conclude l'A., gli attuali patriottiruimi non verrebbero certo con noi a morire per difendere la terra natia, alfine libera; es. si rimarrebbero imboscati e a fare la spia al nemico. come facevano certi sedicenti patriotiti italiani al– l'epoca della \'.lominazione austro-borbo~ca. Allora non saremo piii noi., i nemici della patria! Greyoreo Zilno'V'iev: E' VERO, CHE NUOVE RI– VOLU:ZIONI SONO. IMPOSSIBILI SENZA. UNA. GuERRA.f - ("Lo Stato Operaio", di Parigi. - n. 1 rii gennaio 1930). Questo problema é stato molto dibattuto fra i co– munisti in questi ultimi tempi, e ci sembra che lo Zmoviev si avvicini alla soluzione plii giusta. Solu. zione che noi anarchici avevamo prospettata da un p,;zzo, sia durante la guerra contro I social-patriotti, sia prima della guerra in polemica con gli herveisti di allora. L'articolo di Z. per6 ha il solito difetto di molti scrittori comunisti, di far quasi del tutto consitltere la dimostrazione della sua. tesi nel documentare a base di citazioni che Lenin era dello stesso parere. Il che porta a ritenere che se Lenin avesse sostenu– to il contrario, anche l'A. sarebbe di parer c<>ntrarlo. Altro appunto: nonmJtante che l'A. sostenga la tesi che non é vero che sia necesooria una guerra per de• terminare una rivoluzione, pure qua e la gli sfugge qualche frase in favore della guerra, che ci pare ven– ga a restringere il significato delle sue affermazioni generali. Ma queste conservano per noi la Joro im. pHtanza, indipendentemente dalle re1ltrizioni men– tali dell'A. Secondo !'A., e secondo Lenin da lui largamente citato, la gue·rra. é lai continuazione con altri mezzi della politica borghese. Non é vero che la rivoluzio– ne nasce soltanto dalla guerra. Certe guerre, in mo– menti determinaU, in certi paesi, possono essere "fat tcri df acceleramento del processo rivoluzionario", ma le rivoluzioni nascono sopratutto dai contrasti di classe. "La rivoluzione socialista (secondo Lenin) pu6 scoppiare da un grande sciopero, da una dimo– strazione di strada, da una rivolta per fame, da una. ribellione militare da qualsiasi cri,Ji politica del ge-· nere dell'affare Dreyfus, ecc.". Lenin considerava molto pericolosa la diffusione fra i comunisti dell'i• dea che la rivoluzione sia possibile soltanto con una_ guerra. 1 tti Un fatto citato da :Zinoviev ha molta Importanza: che cioé la maturazione della crisi rivoluzionaria in Russia dal 1912 in poi procedé con enorme rapidlta; cbe nel 1914 l'ondata rivoluzionaria aveva gia rag– giunto una intensita assai grande, tanto che poco pri– ma della dichiarazione di guerra, a Pietroburgo si cran gla fatte le barricate; e che la guerra in p-rin– cipio, per un certo tempo, ritard6 Il progres,J:, della rivoluzione. Vero é che l'A. poi aggiunge che In se. guito l•'t guerra acceler6 lo sviluppo rivoluzionario e lo approfondi; ma questo é vero per I'A. che é bol– scevico, In ('iuanto il bolscevismo deve infatti alla guerra il suo trionfo di partito. Non é vero per poi, cb,, consideriamo il trionfo dei bolscevichi come un fatto controriv-0Juzionario. · Ma, insiste l'A .. , Ja tesi cbe solo da una guerra pu6 scaturire la rivoluzione é una tesi opportunista, per– ché porta •a rimandare Ja rivoluzione a piii tardi, si– no alla guerra. Invece "una nuova crisi rlvoluzlona– ri<Lin Europa e nel mondo intero n<>n'deve assoluta. mente essere "rinviata" fino a una nuova guerra. An– che l'auttuaJe momento pacifico di sviluppo del capi– talismo con· tutte le sue stabilizzazioni, razionalizza– zion.i, progressi tecnici, ecc. non solo non elimina la pm.1..;ibilit8. di crisi rivoluzionarie ma le avvicina ... La conclusione cui giunge l'A. che anche a noi sem• bra buona é qnetl:a: che "nuove rivolti,zionl sono po~sibili anche- senza una guerra''; ma che, se la guerra avviene bisogna cercar di profittarne, in

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