Studi Sociali - anno I - n. 2 - 16 aprile 1930

4 propa.ganda e sJuscita piu attività. e pi(t iniziative di 'quello che possa,no fare uno o pochi, anche se in flo– ride condizioni. ~rci6 noi ci decidiamo al tentativo, e tacciamo appello al concorso, morale, letterario e finanziario ciel compagni perché esso riesca. Errico MALATESTA (Circolare an,.1mzla nte l'11scfta a ei perijoàico soc,a– u,-,ta.-an<trch.ico "L'Jln, ter:nazio-n.ale" , 'lin Lo 11, <lr a. s11,Ua fmc <lei 1000). Andiamo fra il popolo Confessiamolo subito: gli anarchici non Si sono mostrati all'altezza della fjjtuazione. Se si toglie il moto di Carrara che ha dato prova si ciel loro coraggio e della loro devozione alla causa, ma anche dell'inS'llfficien7Al. della loro organizzazio– ·ne, appena si sarebbe parlato degli anarchici in tan– lc: commuoversi di popolo in Sicilia ed in altre parti d'Italia. \J)opo aver tanto gridato di rivoluzione, la rivo– luzione arriva, e noi siamo stati disorientati e siam restati presso che ine1iti. 1 Pu6 essere doloroso il confe$arlo, ma il tacer– lo e nasconderlo Earebbe tradire la causa, e contL nuare negli errori che ci han condotti a questo punto. E' tempo di ravvederci! La causa 1>rinci,pale, secondo noi, di queste. nostra decadenza é l'isolamento in cni quasi dappertutto slamo caduti. Per un complesso di cause, che ora sarebbe trop– Po lungo eèliminare, gli anarchici, dopo la dissoluzio– ne dell'Internazionale, perdettero il contatto delle masse e .si andettero man mano riducendo in piccoli gruppi, occupati solo a discutere eternamente e, pur– troppo! a dilaniarsi tra loro, 0 tutt'al piu a fare un po' di guerra ai socialisti legalitari!. Contro questo stato cli cose si é tenoo,to plu volte di reagire con piU o meno successo. Ma quan'do si cre– de,·a di poter infine ricominciare un lavoro serio ed a larga base, ecco che venner fuori alcuni compagni i quali, per una. malintesa intransigenza, elevarono l'isolamento a principio, e seoondati dall'indolenza e dalla timidezza di tanti, che trovavano in quella "teo_ ria" una comoda scusa per non far nulla e non cor– rere nessun rischio, riuscirono a ricacciarci nell'in1- polenz:i.. Per cu>era di quei compagni, molti del quali, ci compiaccian1 0 di riconoscerlo, sono pur animati dal– le migliori Intenzioni, Il lavoro di propaganda e 'di organizzazione é diventato una cosa impossibile. Volete entrare in un'associazione operaia? Maledi– zlone! quell'associazione ba un presidente, ha degli u:atuti, non glut-a per il verbo anarchico: ogni buon anarchico se ne deve tener lontano come dalla pe_ ste. Volete fondare un'associazione di la.voratori per a· biwarli a lottare solidarlamente contro i padroni? Tradimento! un buon anarchico non deve associarsi che con anarchici convinti, vale a dire deve star sempre cogli stessi compagni, e se vuol fondare as· soclazioni, non pu6 che dar nomi diversi a un gruI>– po, composto ll}mpre dalla stessa gente. Cercate di organizzare e sostenere scioperi? Misti– ficazioni, palliativi! Tentate manifestazioni ed agitazioni popolari? Pa_ gliaccia te! Insomma tutto qnello che é permesso di fare per la propaganda si é qualche conferenza, dove il pub– blico non viene se non é attirato dalle doti eccezio– nali di un oratore, qualche stampato, che é letto sem– pre dallo stesso circolo di gente; e la propaganda da uomo a uomo, se sapete trovar chi vi aoooltl. E con questo un gran vocLare di rivoluzione: - rivo– luzione che, predicata cosi, diventa come li paradiso 'del cattolici, una promessa di là. di venire, che vi ad_ dormenta in un'inerzia beata fino a che cl credete, e vi lascia ll:ettici ed egoisti, quando la fede vi sfugge. Ed Intanto Intorno a noi il popolo si agita e segue altre correnti; ed i socialisti legalitari Cl v1ncon la mano ed hanno spesso ,Juccessl, anche in quei paesi dove come in Italia, il seciallsmo é stato per la pri– ma volta bandito e popolarizzato da noi, e dove noi vantiamo non ingloriose tradizioni di lotte e di sa– crifici sostenuti con costanza e fierezza. Questa é una ,tattica micidiale r,be equivale al sui– cidio. La rivoluzione non si fa in quattro gatti. De– gl'lndlvidui e dei gru,ppi isolati possono fare un po' di propaganda; dei colpi audaci, delle bombe e sL mili cotlJ, se fatte con retto criterio (il che pnrtrop– Po non é sempre il caso) possono attirare l'attenzio– ne pubblica snl mali dei lavoratori e S'Ulle nost1·e Idee, possono darci l'aureola di vendicatori del po– polo, possono sbarazzarci di qualche ostacolo potente; ma la rivoluzione non si fa che quando il popolo scende in piazza. E se noi vogliamo farla. bisogna che attiriamo a noi la tona, qnanto piu folla é pos– sibile. • •• Ed é anche, questa tattica dell'iso1amento, contra_ ria al nostri princlpli ed allo scopo che ci proponia– mo. La rivoluzione, come noi la vogliamo, deve essere il cominciamento della partecipazione attiva, diret– ta, vera delle masse, cloé di tutti, alla organizzazio– ne ed alla gerenza della vita sociale. Se per lm• BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI possibile, la rivoluzione potesse esokr fatta da noi soli, non sarebbe la rivoluzione anarehica, poiché al– lora saremmo l padroni noi ed Il popolo, disorganiz– zato e quindi Impotente ed incoscierute, spetterebbe gli ordini nostri. Ed allora tutta l'anarchia si ridur– rebbe ad una vana dichiarazione di Principi!, mentre In pratica sarebbe sempre una piccola frazione che si Ll,rvirebbe delle forze cieche della massa lncoscien_ te e sommessa per Imporre le proprie Idee: - e que– sto é !'essenza stessa dell'antorltà.. Figurlmnoci che domani con un colpo di mano po– tessimo, da noi soli, senza il concorso. delle masse, sconfiggere il governo e restare padroni della situa– zione. Le masse che non avrebbero preso par,te alla lotta e non avrebbero ecl,>erimentata la potenza delle loro forze applaudirebbero ai vincitori e resterebbero inerti ad attendere che noi dessimo loro tutto li be. nessere che loro promettiamo. Che cosa faremmo noi? O assumere di f.atto se non di diritto, la dittatura, il che vorrebbe dire ricono– scere l'inattuabilità. delle nostre idee antigovernatl– v~ e dichiararsi sconfitti in quanto anarchici o fare "per vlltade il gran rifiuto"; ritirarci protestando il nostro sacro orrore del nostro comando, e lmkiare chu Il comando lo prendano i nostri avversari. l<'u cosi che avvenne per ragioni deJ resto alquan– to diverse agli anarchici spagnuoli nel moti del 1873. Per un concorso di circostanze, si trovarono padro– ni della situ'-lzione ln varie cittii, come per es. In S. Luca,· de Barra meda e Cordova: il popolo non faceva nulla da sé cd aspettava ohe qualcnno comandasse il da farsi; gli anarchici non vollero prendere il coman_ do perché ci6 era contrario ai loro principi!. . . ed allora subentro la reazione repubblicana prima, mo– narchica poi, che rlstabili il vecchio regime coll'ag– gravante delle persecuzioni, arreclti e massacri In massa. • •• Aneliamo fra il popolo: qnesta é l'unica via di sal– vfzza. Ma non Vi andiamo con la boria burbanzosa di persone che pretendono possedere il verbo infallibi– le e disprezzano dall'alto della loro pretesa lnfallibL lita ohi non divide le loro idee. Andiamoci per af– frntellarci coi lavoratori, per lottare con loro, per sa– crificarci per loro. Per avere il diritto, per avere la possibilità di reclamare dal popolo lo slancio e lo llpirito di sacrificio neoessario nelle grandi giornate ùi battaglia decisiva, bisogna aver dato al popolo pro– va di sé. bisogna esserci mostrati primi per coraggio e per abnegazione nelle sue piccole lotte· quotidiane. Entriamo in tutte le associ.azioni di lavoratori, fon– diamone piu che possialho, provochiamo federazioni sempre pili vaste, sosteniamo ed organizziamo sciope– ri, propaghiamo dappertutto con ,tutti i mezzi, lo spirito di cooperazione e di solidarietà. tra i lavora– to,ri, lo spirito di resistenza e di lotta. E guardiamoci dal disgustare! perché spesso i la– voratori non comprendono o non accettmo tutti i no– stri ideali e stanno attaccati a vecchie forme ed a l'tCChi preglndlzi. Noi non polùiamo e non vogliamo aspettare, per far la rivoluzione, che le masse sleno diventate so– cialiste_anarchlche con piena coscienza. Noi sappia– mo che finché dura l'attuale ordinamento economico politico della società., l'lmmenui maggioranza del popo– lo é condannata all'Ignoranza ed all'abbrutimento e non é capace che di ribellioni piu o meno cieche. Bi– sogna distruggere quest'ordinamento, facendo la ri– voluzione come si pu6, colle forze che troviamo nel– la vita reale. A maggior ragione noi non possiamo aspettare per organizzare I lavoratori ch'essl sieno prima diventati , anarchici. Come farebbero a diventarlo se lasciati soli, coJ sentimento d'impotenza che viene loro daL l'isolamento? Come anarchici noi dobbiamo organizzarci tra noi, tr.'I gente perfeLiamente convinta e concorde: ed In– torno a noi dobbiamo organizzare, in associazioni lar– ghe, aperte, quanti piu lavoratori é 1>0sslbile, accet– tandoli quali essi sono e sforzandoci di tarli progre– dire il piu che si pu6. Come lavoratori noi dobbiamo essere sempre e dap_ pcrtutto coi nostri compagni di fatica e di miseria. Ricordiamoci che il popolo di Parigi incomlncl6 a domalldare pane al re fra applausi e lagrlme di te– nerezza, e due anni dopo, avendone, come era natu– rale, ricevuto piombo invece di pane lo aveva gla deoapitato. E ieri ancora il popolo di Sicilia é stato sul punto di fare la rivoluzione pur plaudendo al re eù a tntta la sua famiglia. Quegli anarchici che hanno combatf uto e ridicoliz– zato li movimento dei "fasci", perché efkl non erano organizzati come vorremmo noi, perché spes5o si in• titolavano da "Maria Immacolata", perché avevano n~lle Joro sale li busto di Carlo Marx piuttosto che quello di BakO\tnine, ecc. han mostrato di non avere né senso né spirito rivoluzionarlo. Noi non siamo teneri, oh! no, per coloro che cor _ rompono tutto col veleno parlamentare, che tutto riducono a questione dl candidature e che ·(In buo– na o in mala. fede, non importa) vorrebbero fare del popolo un gregge volante. Ma non é fare li gluoco di questi aspiranti deputati, e, peggio ancora, non é fare il gluoco della borghesia e deJ governo il predi– care il disgregamento ed il lasciare in mano loro tut– te le forze organizzate 'del proletariato? • ... Ravve<llamocl. Il momento é solenne. Noi slam giunti ad uno di quel momenti critici della storia umana, che decidono di tutto un nuovo periodo. Da noi, che abbiamo scritto sulla nostra bandiera Je pa– role redentrici ed lndepa.-abill di socialismo e di anarchia, dipendono li snccesso e l'indirizzo della prossima rivoluzione. ERRICO MALATESTA ("Dal J).eriodico "I/Art. 248" d'i Ancona. - n. 6 Ml 4 febbraio 1894). Lo scritto di Malatesta, che ripttllbli cllia1no tn qne– st& 1111merodella nostra riv,ista CO\l/ lito.lo "Q11e1 che dobbiamm fare" - il titolo datogli qui ia'l" bitrarlam.en– te <la noi, dleswn"""id~o dal cO'lite1111to, tallito per daff– olieue wno ca-me vuole l'uso., - era 1111 01·igine conte é st!bto avve1)!ito, una 6tml1)liCe circolare, che 1tel 1900 mo grnppo ai co,npaoni diramo dXJ, LO'ltdra, pel perio"'ico che infatti usci poéo dopo (gtmmaio 1901) e dlttr6 solo ljl11atttlQnmneri. Jil testo pe/16 era trite orahne:ntei di M.al< i(esta, coww fu detto , in q11alche yiomale che lo 1·ip11bblic6 :in seo1tito i11 tutto o in va.rte (L'Avvenire Sociale di Messina e Le Réveil di Ginev"ra, f1·a altri); e i lettori avran costa(ato co, 11w abbia valso la 1>e'11a <U 1·ieswm,a1·10 dall',)blio, ver le cose interess011,ti che dice, tanto pi1i che, 11talgra,. do in q11Mche ;ntnto acceinn;i a fatti nO'I• pi,i di at– tualilta, gran varte tteNe idee esposte swio oo{Ji pi'li 1,'ive che mai ed ap,plicabiU az periodo storico at– tuale_ Per chi ama la precisi<11ie biblioora#ca <l-ireino che si tratta. d,i 111.ezzofoohb o.-amdè, bas'tar<to, che J)<•rta iri testa, a s,inistra la parola Circolare, poi sbtto il titolo: L'Internazionale, periodico ooclallsta– anarchico; ea il testo é preced,uto dalla solita parola: Compagni. In tp,itlo Per li grul)po editore sell"tid'.i– "" i nomi di: Arcelll, Antonio Baslllco, Bruto Ber– tlboni, Arturo Campagnoli, Pietro Cappelli, Qarlo Cazzanigra, Sante Cenci, Gugllelmo Cuccioli, Giovanni Defendi, Enrico DefendL, Felice Fellcl, Francesco Ferrari, A. Galasslni,, Giorgio Giorgl, Pietro Gual– duccl, Lanfranchi Giuseppe, Carlo Magnoni, Vincen– zo Maiollo, Errico Malatesta, Ferruccio Mariani, Lui– gi MuciJo, Attillo Panlzza, Gennaro Piotraroia, G. Pozzo, G. Romussi, Carlo Rossetti, Carlo Rossi, Giu• Ilo Rossi, Errico Rubini, Gaetano Scolari, A. Tonzi. Infine l'avverten~i: Tutto cl6 che riguarda Il na– srituro periodico deve essere Indirizzato a G. Pie– traroia 6, Upper Rnpert Street, Plccadilly Clrcus, f,onrJo>" W. La tipografia. '!ra la Cosmopolitan Prin– ters 127, Ossulston Street, N. W. No,i v'era alcuna data: la circolare pero de V'essere uscita sulla fine <lei 1900, pri111a rlel 12 oennaioi 1901, perché dal libro <bi Max Nett/au S1t Malatesta rileviamo che L'Inter– nazionale 1<sc, dal 12 oemttriio al 5 maooio 1901. · "L' · I artico o 248" Il periodico an~rchlco "L'Art. 248" - da cui ab– biamo tolto ;•arlicolo di Malatesta (che In origine lo pubbllcé senza firma) ripubblicato in altra parte del· la presente rivista - usci in Ancona da genna-lo ad aprile circa del l 894: otto o nove numeri In tutto, io credo, insieme a un numero unico Il Commterci?, rne usci per veder di sfuggire al sequestri cui era soggetto i! periodico. Il titolo del glor:i.ale era stato assunto come sfida contro le persecu,ionl, perché In quel tempo le ag– gruppazioni an:trcbicbe, ed anche gl! ana.rcbici iso• Iati, erano r,ostantemente processati e condannati In base aìl'"Art. 248" del Codice Penale Italiano per .'associazione a delinquere" Il periodico era di otto pagine, su tre colonne, un po' p!u piccolo della presen– te rivista. Lo si doveva. all'Iniziativa del "Circolo di studi sociali" (Agostinelli, Smorti, Fellcloli, Rec– chlonl, e.cc. ) e su,)! redattore principale ne fn appunto l':midlo Recchionl. ti contenuto del giornale era au– ciacissimo, incitant·s all'azione Individuale e colletti– va, piello di verv", e dei meglio fatti letterariamente. Il momento era ~rltlco, poiché immediatamente susseguente ai moci dei Fasci in Sicllla, non ancora del tntto calmati; e mentre In Lunigiana scoppiava Il noto tentativo d'Insurrezione anarchica di quell'an– no. In Ancona stessa si susseguivano ripetute dimo– strazioni di piazza, tumulti, processi, ecc. Errlco Millatesta, profugo a Londra e altrove cla una decina di ennt, dopo una condanna riportata a Roma (1884) pe·,· associazione di malfattori, era ve– nnto allora di nascosto In Italia (come pnre Cipria– ni, Merlino e llfalalo), e pass6 per Ancona dove st soffermo qualch•l giorno, sempre in incognito. Fu allora che scrisse questo articolo "Andiamo fra 11 Popolo", e torse nitri, nel n. 5 de "L'Art. 248", pro-_ babi:mente compllato da lui; come certo tu compi– lato da lui il suddetto numero unico Il (lo11um,ercio, di cni ricordo lUl articolo teorico sul r,ommerclo e un forte commento all'attentato ed esecuzione di An– gusto Val:tant, ghigliottinato In quei giorni a Pa– rigi. I. f.

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