Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

76 LO STATO MODERNO (essi dicono) perchè siete colpevole o perchè siete (putacaso) avversario politico o miscredente o antipatico ». Si può immaginare qualche cosa di più assurdo e di più aberrante? E non parliamo, per carità, delle mastodontiche e far– sesche - e qualche volta anche tragiche - gaffes commesse dai ragguardevolissimi signori giurati. Non v'è avvocato o magistrato che non sia in grado di citarne a dozzine. A chi scrive è capitato, tra tanti a:tri, il caso dell'assolu– zione in Corte d'assise di un reo confesso di vio:enza carnale per errata comprensione di un « quesito » da parte dei ma– gnifici signori giurati. E' ancora fresco il ricordo di quel giurato che insisten– temente domandava al presidente se nella sera del delitto (che era stato commesso in pieno giorno, al'.e ore undici del mat– tino) « v'era la luna» (sic) « perchè (spiegò) nel processo discusso rrel giorno precedente (per un delitto commesso al'.a mezzarwtte del mese di marzo) voi, presidente, domandavate ai testimoni se v'era la luna» ... Vi sarebbe in tema di gaffes dei giurati materia da riem– pire un vo'.ume o una serie di· volumi. Basti dire che la Corte di cassazione (sezione prima) ha dovuto fare uno strappo alla -legge e convertirsi in « giudice di fatto.,, per rimediare in qualche modo ai più atroci e stra– zianti errori della « giuria popolare ». Anche la prova edificante offerta di recente dai ,, giudici popolari » de:le Corti d'assise straordinarie nei processi poli– tici è stata gonfia di cinemato~rafico <Significato. I caporioni e gli alti gerarchi che arganizzaoono, dirigevano le fila e im– partivano gli ordini (cioè i maggiori responsabili) ~i sono sal– vati tutti o quasi tutti. I semplici militi e gli umi1i gregari, istigati e gonflés à bloc, che eseguivano gli ordini (ordini militari contro i quali non era ammesso rifiuto o ribe[ione), ci hanno rimesso la pe:le o imputridiscono nelle case di pena. Diebro l' avelk, Di Machiavello Dorme lo schelebro Di Stenterello. I « giudici popolari » offrono anche quest' a:tro inconve– niente: sono as1Saipiù sensibili alle infiltrazioni i:lecite (rac– comandazioni persona:;, pressioni politiche, corruzione, ecc.) in confronto dei giudici di carriera. Lasciamolo in pace, dunque, l'istituto dei « giurati » che è insensato nel suo presupposto - nel ritenere cioè che (§i incompetenti siano, nelle cause piiì gravi e piiì complicate, « più competenti» dei competenti - e che è fal:ito clamo– rosamente alla prova. Seppelliamolo una buona volta e non parliamone più. Deferiamo ·al Tribunale e alla Corte di appello, :Cosi ·come sono oggi costituiti - ·inprimo grado al Tribunale e in secomlo grado alla Carte d'appello - la cognizione delle cause oggi assegnate d,1/a Corte d'assise, senza inutili, ingombranti, defa– ticatorie (e, anche, cl~ncliose) comp:icazioni o superfetazioni di grande o di piccolo « scabinato », di grande o di piccola « corte criminale ». Questioni delicatissime e complicatissime sono oggi sotto– poste, in molti gravi prooessi di Tribuna'.e e di Corte d'appello, ai magistrati di carriera. Non si capisce perchè non si possa e non <Sidebba deferire agli stessi magistrati - scegliendoli possibilmente fra i provetti - il compito di giudicare anche i reati oggi di competenza della Corte d'assise. · Non è la perfezione? D'acco;do. Ma nessuna cosa. « umana » è perfetta. E' però - non si può negarlo o conte– star:o - un rimedio meno imperfetto di quello dei « giurati » (e degli « assessori »). Non si tratta di essere « antidemocratici » (sic) perchè la democrazia non propugna affatto che al posto dei compe– terrii vadano gli incompetenti. Si tratta soltanto di 11011 es– sere pazzi o ingenui o babbei. Facciamo voti che !a Commissione governativa per la rifo11madel codice di procedura penale (ma esiste ancora co– desta Com.missione?) proponga senz'altro la soppressione del– !' assurdo e mostruoso istituto. Altro rimedio - se si vuole realmente diminuire il cosid– detto « pericolo » deg!i errori giudiziari - sarebbe que:Jo di conferire maggiore libertà di discussione al difensore e di sot– trarlo all'asservimento e all'umiliazione in cui l'ha ridotto il vigente odioso e anacronistico codice di procedura penale (di pretta marca reazionaria), il quale tutto concede al giudice e niente - nemmeno la facoltà di discutere se non nei limiti e co~ le modalità gradite dal giudice - concede al difensore. Perchè non conferire oggi, in regime repubb:icano, libertà di discussione al difensore e non restituirgli la dignità e il prestigio che aveva quarant'anni or sono e che .ha oggi in Francia, in Inghilterra e in America? ORFEO CECCW Non è sello per un senso cli cavaUeria "Che debbo dichia– rare di non essere affatto d'accordo con Cecchi sulla valuta– zione delle capacità intef'lettual:i le morali della donna. Vera– mente mi è difficile intendere « le due soavi missioni » fem– minili - l'amare e la maternità - .se poi stdla donna ci si lascia andare a giudizi cosi sommari e ,immotivati come quel~i cli Cecchi. Ma se sottolineo il disaccordo, è sopratutto perchè voglio sottoltneare con tutto il calare f accordo sulla tesi principale: la giuria, granàe !Strumento polemico di rivendicazioni popolari alla sua origine, è in sè un istituto ,tecnicamente errato moral– mente equivoco e politicamente insignifioarlte; o, peggio an– cora, significante sdlo che la demoorazia - tentativo di rivo– luzione perenne e razionalizzata - si ostina invece a rima– nere ancorata agli istituti delle sue origiini polemiche, condan– nando con ciò la propria definizione e compromettendo la pro– pria funzionalità. Ma, come del resto accerma Cecchi, mm è solo questo il lato della nostra disciplina penalistica, sia sostanziale d,e pro– cessuale, meritevole cli radicali riforme. Converrebbe che gli studiosi ne trattassero anche all'infuori delle riviste specializ– zate. E poi chi ci dirà finalmente una parola umana sulla ri– forma ciel sistema penitenziarip :italiano? Io - e certo cnwiti con lrrle - ricardo che nei giorni passati nelle carceri fasciste, fàcevamo solenne promessa che quella vergogrnJ\Sa « condizione umana• a cui c'eraoomo tro– vati temporan-eamente associati sarebbe stata redenta e riscat– tata il giarno detl,a nostra redenzione. Quanti si ricorclarw ancora di quell'impegno cli coscienza tra coloro che oggi dirigono da Roma la vita d'Italia? . m. p.

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