Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

LO STATO MODERNO 77 I ineridionalisti e la questione merjdionale La questione meridionale, nella tesi <lei meridionalisti, poggia su questi due punti fondamentali: il Meridione acquista nell'Alta Italia a·carn prezzo prodotti industriali che potrebbe acquistare a minor prezzo all'estero; il Meridione, bisognoso di capitali per il proprio sviluppo economico-sociale, deve 6U– bire il trasferimento a!ll'alta Italia di una quota del proprio potere d'acquisto. Per ambedue si parte dal presupposto che la bilancia del Meridione con l'estero sia attiva (includendo nell' « estero » l'Italia centro-settentrionale), e che persisterebbe attiva anche se, ai fini del ragionamento, si considerasse il Meridione come facente parte per se stesso. La conseguenza è che il Meridione vede, per questi. motivi, la sua economia intristire, mentre l'alta Italia si giova del suo sacrificio privo di contropartita. Nell'ambito della questione meridionale esiste poi una questione siciliana, ,per fa quale i due « capi » suddetti sareb– bero particolarmente accentuati. In realtà, il Meridione ha come sbocco principale dei suoi prodotti l'alta ltal,ia che, a 5ua volta, non può pagare altri– menti ohe con i suoi prodotti industriali che vengono ceduti ,1 un prezzo stimato caro. Però, per acquistare ali'estero quei prodotti ohe ora acquista nell'alta Italia, il Meridione dovrebbe ,mohe collocare all'estero una gran parte dei suoi prodotti che ora colloca nell'alta Italia; e per riuscirvi, dato il maggior vo– lume delle sue esportazioni, dovrebbe adattarsi a percepire un prezzo inferiore a quello ora realizzato e nell'alta Italia e all'estero insieme. Secondo la tesi accennata, il guadagno per il Meridione sussisterebbe egualmente, perchè il « costo » della protezione doganale accordata all'industria dell'alta Italia sa– rebbe wperiore alla caduta di prezzo cui sarebbero soggetti i prodotti ortofrutticoli. Se, attualmente, il Meridione vende a 100 lire e acquista pure a 100 nell'alta Italia, dovrebbe bensì adattarsi a vendere a 80, ma acquisterebbe a 70, o a 60, e avrebbe sempre un guada:gno. Resta però a vedere se questa presunzione riceverebbl) conferma nei fatti, o se, al contrario, i produttori meridionali non verrebbero a trovarsi nella impossibihtà di collocaTe al– trove gran parte dei prodotti che ora collocano nell'alta Italia, se non a prezzi talmente ridotti da rendere antieconomico il collocamento stesso. La domanda estera per i prodotti orto– frutticoli del Meridione potrebbe essere addirittura « inela– stica », cioè tale che, forzando le vendite, l'incremento della quantità venduta rnsti, percentualmente, al di sotto della di– minuzione del prezzo. L'introito complessivo potrebbe addi– rittura ridursi. Vendendo all'estero 100 unità a 10 lire l'una. l'introito è 1000; volendo vendere 200 unità, il prezzo po– trebbe, in ipotesi, cadere sotto a 5, e l'introito comples5ivo scendere sotto a 1000. E' questa la ragione che ha indotto in certe annate i produttori brasiliani ,a distruggere una parte della produzione del caffè, e che, in Egitto, aveva reso sino– nimo di annata infausta una di esuberante produzione di r.o– tone. Questa possibile evenienza negativa è accentuata dal fatto che nell'alta Italia trovano collocamento i prodotti meri– dionali di 5econda qualità che forse non troverebbero alcun collocamento all'estero. La scomparsa del grande mercato ger– manico. l'impoverimento dell'Inghilterra, hanno bensi chiuso, o reso limitato e precario, lo sbocco della migliore produzione; non hanno, per contro, aperto spiraglio alcuno alla produzione di seconda qualità, che, fra l'altro, mal sopporta il costo dei trasporti. In nessun caso poi l'estero potrebbe rappresentare per i prodotti del Meridione un mercato sicuro - quali si siano le t'venienze internazionali, sia politiche che economiche - come lo è l'alta Italia. Questo argomento è di primo piano, e ben sanno i paesi essenzialmente monoprnduttori che cosa possa significare la mancanza di .un tale mercato. Le considerazioni fatte, tuttavia, sono accoglibili solo con importanti precisationi. Un meridionalista, infatti, affermerebbe probabilmente che il Meridione non avrebbe bisogno di 6I)ingere ulterior– mente le sue esportazioni, perchè già ora esse consentono un introito di valuta che sarebbe sufficiente a· far fronte alle esi– genze d'importazione dei manufatti e dei prodotti finiti ai prezti cui vengono offerti sui mercati esteri. Attua:mente invece tali valute entrano in disponibilità dei produttori del- 1' alta Italia che se ne giovano per pagare le importazioni di materie prime con le quali, protetti dalla barriera doganale, producono quei manufatti che appunto il Meridione acquista in alta Italia. L'industria dell'alta Italia pertanto deve due volte gran parte della sua esistenza al Meridione: ih quanto tTOva nel Meridione un « sicuro » mercato di sbocco, e una fonte continua di valuta estera. L'fnteresse per il « connubio » del Meridione con l'alta Italia è quindi reciproco, Ci pare però che sarebbe forse troppo arduo tentare di determinare in qual senso penda la bilancia. Infatti il mercato relativamente ricco dell'alta Italia dovrebbe essere più impor– tante per il Meridione di quanto non sia il mercato relativa– mente povero - e, in molte zone, senz'altro povenss1mo - del Mer.idione per l'alta Italia; e le disponibilità di valuta ce– dute dal Mezzogiorno all',alt.a Italia hanno a fronte il continuo assorbimento di !)Opolazionemeridionale nelle •regioni dell'alta· Italia. Non sappiamo se ci siano dati su questa emigrazione jntema, e 5e essa sia più o meno importante di quanto appaia a prinµ vista. E' certo però che questa « opportunità » - come dicono gli inglesi - ha rappresentato, per il Meridione, una preziosa porta sempre aperta sia quando era I.ibera l'e– migTazione internazionale, sia in seguito. Questi, d'altronde, non sono che gli aspetti di più immediata evidenza. Resta il fatto che questa interrelazione economica fra Nord e Sud Tap– presenta un prezioso apporto concreto a1le tagioni ideali del– l'unità italiana, e sarebbe bene che dagli uni e dagli altri ve– nisse valorizzato nel senso del consolidamento di questa. Il «connubio» fra Nord e Sud, però - affermano ancora i meridionalisti - è di utilità forse dubbia per il Meridione e certa, invece, per l'alta Italia: per contro il suo costo viene riversato interamente - nella ripartizione regionale - sul Meridione, per il quale i vantaggi sarebbero, come si è detto, dubbi, ma il danno certo. Il Meridione sarebbe costretto a pagare non sole; la protezione necessaria alla sopravvivenza dell'industria in alta Italia, ma sarebbe costretto a pagare anche un plus, un eccesso di protezione dovuto alla politica degli alti salari con la quale industriali e governo insieme com– perano l'acquiescenza politica del proletariato industriale. An– che questo plus grava sul costo del prodotto e quindi sul Me– ridione: il povero proletariato agricolo meridionale concorre a pagare la relativa agiatezza del proletariato industriale del– !' alta Italia. L'emigrazione interna giova bensl ad alleviare la pressione demografica ed a sollevare o preservare il livello di vita dei rimasti, ma si tratta di un movi.inento marginale che, per di più, priva il Meridione degli elementi più energici A attivi, concorrendo quindi ad alimentare !e condizioni che determinano la stasi economica della regione. Non è una cura, ma un lenitivo, che addormenta il dolore e lascia il male al punto di prima. Nè è tutto. Perchè il Meridione non avrebbe affatto bi– sogno di forzare eccessivamente le sue vendite sui mercati non

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