Lo Stato Moderno - anno IV - n.10 - 20 maggio 1947

• 220 LO STATO MOtiERNO può dire se la Svizzera riuscirà a mantenersi neutrale anche nel;a ,deprecata guerra mondiale n. 3), è pure vero che, nel lon– tano o recente passato, fa neutra,ità svizzera è sempre stata una neutrolitd armata. I tedeschi hanno rispettato la Sviz:zera ,per vari motivi, geografici, economici, po:itici; non U:timo però la ·presenza al conf-ine elvetico di alcune centinaia di migliaia di confederati, perfetta.mente addestrati alla difesa del loro ter- ritorio montano. Pertanto, anche ammesso (come noi ammettiamo) che l'Italia debba fare una politica di pace e di raccoglimento, ed entro certi limiti tendenzialmente neutrale, essa dovrà pur sempre, dal lato militare, tener conto di due pr..vedibili even. tualità conorete: a) di venire un giorno aggredita, diiettamente o indirettamente; b) di essere posta nella n_ecessità (o quale conseguenza della aggressione subìta, o in seguito a pres– sioni, o per libera elezione) di parteggiare per uno dei due « blocchi » antagonisti. In previsione della prima ipotesi (aggressione) essa do– v.rebbe porsi in grado di provvedere a un prima difesa, almeno temporanea (fin che giungano aiuti), almeno parziale, di ta– lune zone vitali, di un « ridotto » nazionale, o qualcosa del ge– nere. E ciò potrà fare solo se disporrà di un apparato militare moderno, agile ed efficiente, con un minimo di burocratizza– zione, ·con quadri giovani e uomini addestrati, solleciti a un richiamo, oppure pronti a cooperare con le unità regolari in una lotta partigiana. In previsione della seconda ipotesi (partecipazione attiva a uno dei due « blocchi ») l'Italia dovrebbe porsi Jn grado di recare al b:0000 al quale parteciperà il massimo concorso pos– sibile, in uomini e aiuti. E qui alcune precisazioni sono ne– cessarie. Date le sue limitate possibilità finanziarie, scientifiche e industriali, e date le limitazioni del' trattato, non è da atten– dersi che l'Italia possa recare al gruppo alleato un notevole concorso di mezzi. Il suo apporto sarà principalmente di basi, di impiarnti (porti, campi d'aviazione, ferrovie), di taluni Colpi specializzati, e soprattutto di uomini. Ora, è chiaro che nella prossima guer~a non dovremo offrire agli alleati i fatidici « otto milioni di baionette», bensì alcuni mi:ioni di uomini addestrati alla guerra modema. Le armi potranno essere in parte nostre, e in parte potranno venirci fornite dai futuri alleati; ma i no– stri uomini dovranno saperle usare. Inoltre, essi dovranno es– sere tecnicamente addestrati, anche oltre i limiti della istiru– zione militare .fin qui tradizionale. Nella guerm moderna oc– corre saper « sparare », ma occe5rreanche saper ·guidare moto– ciclette, automezzi, aerei ecc.; occorre aver conoscenza di appareochi radio, radar, ecc. A questo, ben più che all'istru– zione soldatesca in senso classico, il futuro organismo militare dovd pensare. Oocorrerà quindi affrontàre il problema dell'organizza– zione e dell'addestramento con mentalità del tutto nuova. E' tradizione della macchina statale italiana essere superburbcra– tizzata, lenta, affollata da un eccessivo numero c;lifunzionari e D11piegatimal ·retribuiti che lavorano au ralenti, con il risul– tato di rendere elevato il costo totale dei servizi, e basso il rendimento. Ora, è chiaro che non si ,può svecchiare e risanare d'un colpo tutto l'apparato burocratico statale. Ma almeno in un settore, in questo settore, in cui, sia per i limiti del trattato sia per motivi tecnici, dobbiamo rifare pressochè ex novo, si dovrebbe studiare, e attuare, una struttura nuova ed efficien– te, con personale meno numeroso e meglio retribuito, con istruzione più breve ma più intensa, senza perdite di tempo, con più oculata ripartizione di spese, ecc. E infine, per tornare -al problema dal quale siamo partiti, cioè alla opportunità, o meno, di un servizio obbligatorio, oc– correrà vedere se, e come, detto servizio possa venir coordi– nato con questa più snella organizzazione. Noi pensiamo che la cosa sia possibile. E sop~attuto pensiamo che a un servizio ob. b:•igatorio ncm si debba rinunciare, non solo e non tanto per motivi militari, quanto per un più vasto ordine di conside– razioni. L'Italia è un povero paese: intendiamo dire non povero in senso assoluto (chè anzi, siamo forse più ricchi di quanto amiamo affermare, e gli ultimi anni lo hanno provato), ma povero tecnicamente, sotto l'aspetto del tenore di vita, dello svi:uppo cu:turale del singo:o, della bassa industriU:izzazione ecc. G!i esempi - dall'analfabetismo alla incuria igienica, a! provincialismo spinto ai Umiti dell'assurdo - sono sotto g:i occhi di tutti. Ora, non è chi non sappia come per molti _ per il montanaro delle valli alpine,' ,per i-:pastore abruzzese, per il boscaiolo della Sila - il servizio militare sia sovente l'unica chance di uscir da: ch.iuso, di conoscere il mondo al di l:ì della propria siepe, di « andare in città », di trarre da:la conoscenza del mondo esterno uno stimo'.o ad elevarsi. A que– sto «servizio» (ci si ,perdoni il bisticcio di parole) che ùl ser– vizio militare rende al singolo cittadino, mi pare non si d~ vrebbe rinunciare. Direi anzi di più: occorrerebbe, nei lùniti del possibile, svi:uppare consapevo:mente e organicamente questa funzione di dirozzamento che il servizio miiitare ha finora assolto in modo indiretto e spesso inconsapevole. (Per– chè ad esempio non trovare modo, in occasione del servizio militare, di sottoporre gli analfabeti a un sia pur sommario corso di insegnamento? In taluna repubblica americana, nel Messico mi pare, si è di recente varato un piano,. detto « uno per uno », in base al quale ogni cittadino alfabeta deve sen– tirsi impegnato a insegnare a leggere ,e scrivére ad un cittadino ana:fabeta. Che non sia possibi:e, in occasione del servizio mi:itare come dicevamo, fare .qualcosa de: genere anche in Italia?). Questi, ci sembra, sono i punti di riferimento obbligati dai quali, per una chiara impostazione del prob:ema di una riforma delle .forze armate, si dovrebbe partire. Su queste basi, quale contenuto preciso tale riforma potrà assumere? La ri– sposta spetta, evidentemente, ai tecnici. Grosso modo, però, ci sembra che una soluzione logica potrebbe avere questo aspetto generale: a) Un corpo di volontari, cioè un esercito di mestiere, di numero limitato ma ,perfettamente efficiente, che provveda via via a:1a istruzione delle rec:ute e, nella deprecata ipotesi di una guerra, sia pronto (in caso di aggressione improvvisa) vuoi ad assumersi !a prima difesa e a guidare aziopi partigiane, vuoi a dare i quadri per un esercito di massa, che si verrà formando con il richiamo dei congedati già istruiti. Tale eser• cito dovrà essere ispirato a criteri modernissimi. Dov.rà chie• dere ai suoi aspiranti non un titolo di istruzione secondaria generica, ma un titolo di studio tecnico qualificato. Dovrà ragionare in termini di tecnica e di ingegneria piuttosto che in termini di balistica tradizionale e di militaresche parate. Dovrà avere una uniforme che si avvicini al battile dress ame· ricano ,piuttosto che (come ancora accade) alla divisa dei sapeu.rs et pompiers ,de'.:e cibtaduzze di provincia di Francia. b) Un servizio obbligatorio per tutti i giovani. An· ch'esso snel!o e moderno. Non quindi faticose e ,po:verose marce (adatte per intervenire al momento giusto nella bat· taglia di Waterloo, più che per una guerra moderna, nella quale anche i fanti sono motorizzati o quanto meno auto· · trasportati), ma piuttosto intenso addestramento ginnico-spor– tivo. Non faticosi ozi in caserma e lenta istruzione con molte rec:ute e poco materiU:e, ma istruzione intensa, per piccoli reparti, adeguatamente provvrsti di .armamenti. Forse, con due periodi idi istruzione estivo-autunnale di tre quattro mesi l'uno, ripetuti per due anni consecutivi, e con criteri adeguati, si potrebbe fornire una istruzione assai più efficiente che non in 12-18 mesi di servizio continuato vleux style. {f. servizio

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