Lo Stato Moderno - anno IV - n.10 - 20 maggio 1947

LO STATO MODERNO 219 SERVIZIOMILITAREOBBLIGATORIO? Avremo in Italia il servizio militare obbligatorio? E in qual misura, con quali modalità? Sono quesre due domande affiorate, in tempi .rec~nti, sulla stampa. Ma affiorate soltanto. li tentativo .d'impostare un dibattito concreto ed organico sul problema, che pur dovrebbe essere di generale interesse, sem– bra sfumato nell'indifferenza, o quanto meno nell'imprecisione. Comesempre, la discussione politica in Italia, pronta ad ac– cendersisul'.e posizioni di principio, ,rifugge i problemi concreti. Vediamo dunque di dare un ordine alle idee. Di esami– nare come stanno le cose. Si narra che il maresciallo Foch - uomodiscusso ma certamente lucido ingegno - fosse solito affrontare ogni problema con una metodica e monotona do– manda: De quai s'agit-il? Cerchiamo, fuor d'ogni accosta– mento ... si inrende con la magna ombra del maresciallo, e so– prattuto fuor d'ogni riecheggiamento romantico-patriottardo, d 1 esaminare con altrettanto pedantesca, diremmo quasi, ogget– tività di che cosa si tratta: come il problema si pone per noi, valea dire in Italia, oggi, dopo una sconfitta militare e un mu– tamento di regime, sulla soglia di un'era di progresso tecriico che sta sconvolgendo ogni tradizione. Vediamo anzitutto i testi. Il trattato di pace ci consente (art. 61) un esercito di 185 mila uomini complessivi (cioè truppe e personale di comando, unità combattenti e servizi), più 65 mila carabinieri , con facoltà di variazioni quantitative nell'una e nell'altra categoria fino a un limite massimo di 10 milauomini, e semprechè la cifra globale non oltrepassi i 250 mila.Il medesimo articolo precisa che l'organizzazione e l'ar– mamento delle forze terrestri italiane, così come la loro dislo– cazionesul territorio, saranno concepiti in maniera da rispon– dereesc:usivamente ai compiti di carattere interno ed ai bisogni della difesa locale delle frontiere ital:ane. L'art. 63 stabilisce inoltre che nessuna istruzione militare sa,rà data alle persone non facenti parte dell'esercito territoriale o· dei carabinieri. E altre clausole, come è noto, fissano tutta una serie di limita– zioni qualitative e quantitative all'armamento consentitoci. Il progetto del testo costituzionale, dal canto suo, si limita a dire (art. 49) che la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino; che il servizio militare è obbligatorio; e che l'orcli– namento dell'esercito si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana. Le voci, diffusesi tempo addietro, circa un possibile abbandono del criterio del servizio militare obbli– gatorio, sono state smentite. E il,ministro Gasparotto, nel con– fermarela smentita, ha precisato che si pensa soltanto di pro– porreun emendamento a:J'art. 49, sù da consentire alla legge che regolerà la materia di integrare il servizio obbligatorio conun servizio volontario. La situazione è pertanto fluida. Entro i limiti del trattato, e nel quadro delle generiche disposizioni del testo costituzio– nale,l'ordinamento delle future forze armate italiane potrebbe assumere forme assai varie. E di fatto diverse ipotesi sono stateprospettate. Grosso modo, le due tendenze estreme verso le quali - salvo varianti intermedie - ci si potrebbe orien– tare,possono venir così sintetizzate: a) Tendenza, o meglio concezione, tradizionalista e na– zi01U1lista: in base ad essa, l'offuscamento dell'Italia come po– lenzamilitare e le limitazioni imposte dal trattato non sono che una temporanea parentesi. Fatalmente la posizione geografica e il gioco politico-diplomatico altrui, oltre che la volontà degli Italiani, ricondurranno l'Italia a que] rango di potenza me– diterranea che già in passato ha avuto. Di qui la necessità di conservare il servizio militare obbligatorio, di non riqunciare a 4uesto mezzo di addestramento dei giovani e di prepararsi, nei quadri, negli spiriti e nella attrezzatura tecnico-industriale, a un graduale riarmo, nella misura che •le circostanze di fatto e la revisione delle clausole del trattato consentiranno. b) Concezione neutralista: secondo essa, invece, l'Italia dovrebbe trarre dalla crisi che sta attraversando un incentivo alla rif.essione e a:la revisione del suo status politico militare. Per sfuggire ai pericoli di un rigido schieramento 111ell'unoo nell'altro «blocco», per evitare i danni di un futuro conflitto, per provvedere in sicurezza alla propria •ricostruzione, e tale sicurezza garantire anche alle generazioni avvenire, l'Italia non dovrebbe limitarsi a dichiarare (come fa l'attuale progetto di Costituzione) la rinuncia alla guerra come strumento di con– quista e di offesa, ma dovrebbe a:tresì proc:amare, in modo formale, la propria neutralità pe ,rpetl.UI , su modello svizzero. Nel quadro di una siffatta neutralità ,una milizia obb:igatoria potrebbe risultare superflua. Anzi, argomenta talun assertore di questa tesi, potrebbe riuscir aadirittura dannosa, in quanto, proprio in questo periodo di difficile avvio alla democrazia e alla pratica delle virtù civili, manterrebbe viva nei giovani la « fiamma » di una pericolosa mentalità militarista. Ora, come sempre accade, queste due concezioni puntul\- 1.izzano all'estremo, semplificandoli, gli aspetti complessi di una l'>ituazionecomplessa: che presenta tuttavia - almeno cosi sembra a chi.scrive - alcut'!i punti di riferimento obbligati, sui quali giova far mente locale. Ai fautori della prima tesi giova ricordare che la situa– zione attuale va esaminata in base ai dati di fatto attuali. In passato l'Italia si sforzò idi giuocare un ruolo di grande potenza, col risultato di riuscir ultima fra :e grandi Potenze, e quindi costretta a un gioco di equr:ibrio non sempre vantaggioso inè opportuno; oggi la situazione è ancora 'peggiorata a nostro danno. Indubbiamente l'Italia si riprenderà, e a tale obiettivo dobbiamo tendere; ma si tratterà di una ripresa relativa: la nostra povertà di talune materie prime fondamentali ai fini bellici, la nostra debole struttura finanziaria, la nostra modesta attrezzatura scientifica e industriale (non bisogna mai dimen– ticare che viviamo nell'era atomica), sono tutti elementi che ci rendono, di fronte alle vere grandi Potenze, proporzional– mente assai più deboli di quanto non fossimo in pa-ssato. La nÒstr!1posizione geografica ci rende particolarmente vulnera– bili. on dobbiamo quindi illuderci di poter condurre, se non oggi domani, una « grande politica ». E su questa constatazione dovrà basarsi il nostro ordinamento militare. Ai fautori della seconda tesi giova far presente che la formula della _neutralità - formula che un paese nella nostra posizione, sinceramente democratico, bisognoso di ,ricostruirsi e ansioso di opere di pace potrebbe, e dovrebbe, sottoscrivere a due mani _: non può purtroppo, oggi, dirsi di pieno Tiposo: In linea teorica, con il mondo diviso in due « blocchi », una posizione di neutralità ideologica (quale ebbe ad additarci un paio di mesi fa Pao'.o Treves ,in una riunione di « Stato Mo– demo ») può esser coltivata nel nostro foro interno; può forse anche venire enunciata come leit-11Ultiv ideale de:Ja nostra azione politica; ma risulterebbe probabilmente assai difficilé da mantenere il giorno in cui la ,guerra mondiale n. 3 vénisse a scoppiare. In linea pratica, poi, :a nostra stessa posizione geo– grafica renderebbe, in tale ipotesi, quanto mai difficile otte– nerne l'osservanza da parte deg:i altri. Si cita l'esempio della Svizzera. E' vero: la Svizzera è da secoli neutrale. Ma (a pre– scindere dal fatto che viviamo nell'era atomica, e che nessuno - ••

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