Lo Stato Moderno - anno IV - n.7 - 5 aprile 1947

LO STATO MODERNO 147 dere su! serio Tog:iatti, di non immaginare le vie de:la sua Politlca, di non ?reye~ere eh~ ~uesta po:i~ca poteva anche essere, nei loro nguard1, spregiativa pur nell alleanza (quando Ca!ossolo disse, in Assemb:ea, {a cronaca registrò: « figurarsi le proteste al centro! E gli applausi nel settore socialista! Ii co:m6 è che app:audiva perfino Togliatti»). · Filippo Burzio -ha identificato esattamente lo stato d'ani– mo dei democristiani quando (sin dal 23 aprile 1946. con l'articolo « Non stravincere », e poi con que::o « Dopo il voto » su:Ia Stampa del 27 marzo 1947) ha individuato nei democri– stiani un peccato di indiscrezione. Che cos'è stato, da parte dei democristiani, questo surplus che costituisce l'indiscre– zione? Teniamo conto che in un partito che ha dietro di sè un giovane passato di politica nazionale, ma un glorioso e mi::ena·riopassato di preparazione sul piano della politica uni– versa:e, l'indiscrezione non si presenta mai ne:fa sua forma bruta del prendere più che non spetti, ma in una forma sa– piente e giustificata. Ora la giustificazione del:'indiscrezione l'ha data De Gasperi in due luoghi del suo discorso. « Anche chi si arresta su:la soglia del mistero della fede e si preoccupa tuttavia de::a morale, sappia che :o Stato non ha !a forza di dare al cittadino un'etica propria che ne affermi e diriga l'intima coscienza, e accetta, anzi invoca, da!la Chiesa l'in– segnamento della morale evangelica fondata sulla_giustizia ». Qui De Gasperi, parlando contra gentes, ha solo rasentato ma non discusso la verità deg:i a:tri: perchè è certo •che -:O Stato, come entità giuridica e amministrativa, non dà una mora:e ai cittadini, ma è certo a:trettanto che riceve esso stesso una mora:e dalla coscienza dei cittadini: e a:lora resta da dimostrare che i cittadini non possano riceverla che dalla Chiesa. Questo è il primo rurplus immanente alla indiscre– zione. E dopo: « il mondo catto:ico guarda con ansia :a nuova Repubblica: esso deve sapere cl{e fondandosi sul solidaTismo socia:e e suJ:a libertà, la repubb:ica nasce in .pace ed amicizia~ col Pontefice romano». Secondo De Gas.peri l'accettazione dell'art. 7 era dunque un modo di « consolidare e vivificare il regime repubbli.cano ». Ma era anche i; modo di impostare la ,possibilità di una a·:ternativa, e di una so!uzione. imposta: 1., piuttosto che una Repubblica senza art. 7... che cosa? E' ciò che Nenni ha chiamato « ricatto ». Evitiamo la pa– rola grossa, e limitiamoci a chiarire il'senso delJ'alternativa. De Gasperi fonda la Repubblica ·nell'unità cattolica del popolo ita– liano. Ma è nata la Repubblica per realizzare e convalidare l'unità cattolica del popolo italiano? Se è vero che su dodici e più milioni di voti che la Repubblica ha ottenuto al referen– dum, più di otto erano della sinistra, nessuno può pretendere che il fine per i'l quale ,si è voluta la Repubblica fosse l'ap– profond:mento dell'unità cattolica del popolo. Non voglio con ciòdisconoscere, in termini di realismo politico, che quanto più la Repubblica inc:ina al:a Chiesa, tanto più ne riceve ap– poggio e forza di conservazione: ma c'è una evide~ sfasa– tura nel sostenere che la confessionalità dello Stato è, di fronte al mondo cattolico, l'unica via di rnfforzamento deHa ·politica repubblicana. ,E' p-oppo chiaro che nessun popolo, cattolico o no, tende dall'esterno ad insidiare la Repubblica.•M.a è chiaro altresì che una sola forza ha un'eventuale interesse a non fi– darsi deI:e repubb!iohe democratiche, ma:grado qualsiasi assi– curazione, ed è la Chiesa, che ha ragione di mettersi in guar– dia cli konte a ·qualsiasi organizzazione politica di tipo razio- · nalistico. Di qui la coerenza del-la stampa cattolica quando scrive che proprio ora è il momento di intensificare l'azione cattolica: perchè sa che non c'è stipulazione che non si violi se non è sostenuta dagl'impegni di persuasione. Ma allora, perchè l'art. 7? Presa la via dell'indiscrezione, ~ avviatisi risolutamente con un numero di COIIlpagniche sarebbe bastato da solo non al trionfo, ma pur tuttavia al conseguimento del fine deside- rato, il ,peggio che potesse accadere era solo questo: di otte– nere appunto un trionfo. E' questa l'umiliazione che Togliatti ha inflitto, col voto dei suoi, alla Democrazia cristiana. Ha detto semplicemente: è questo che si vuole? ve lo concediamo: vogliamo la stessa cosa che volete voi: la pace ,religiosa. Ma per questa ragione, che la guerra religiosa non ci interessa affatto, o almeno ci interessa infinitamente meno che l' «unità del proletariato », di credenti e non credenti in quanto - non avviamento al!a Chiesa! - ma coscienza di comuni interessi e rivendicazioni economico-socia:i. Eccovi i nostri voti. La ,reazione dell'opinione cattolica nei riguardi cli questo modo dli procedere sarehbe deg.ia ,di ironia, se non indu– cesse anche a stati d'animo meno contemplativi. A leggere i. testi più autorizzati {di Tupini su-I Popolo del 27 marzo, di Giordani sul Popolo del giorno precedente) si decifra troppo chiaramente una soddisfazionè contristata e amara per il troppo ampio dono dei comunisti. E al disprezzo di questi si oppone un più gesuitico disprezzo: « ••. Un comunismo il qu'a– le tenta di svincolarsi dal suo anticristianesimo: è calcolo? sia; però è u•n buon ca.Jcolo. Meglio fare il bene .per calcolo che il male per disinteresse »; « è un calcolo analogo a quello che - non certo per impulso di coscienza religiosa - fece il Go– verno Fascista (le maiuscole sono del giornale citato) quando, riconoscendo il prestigio della Chiesa, comprese che la Con– ciliazione era un fatto storico ormai inevita:bile ». « C'è voluto (C. Trabucco, Popolo nuovo 27 marzo) la volontà di un ditta– tore ad-imporre ai suoi accoliti, anticlericali come ,lui, la solu– '.ZJÌone di questo problema. Ma il dittatore .avver-tivache la so– luzione maturava nel!a CQSCienza naziona-:e e perciò l'ha impo– sta ai suoi accoliti come Togliatti ai suoi ». E' dunque destino Bell'indiscrezione il potersi realizzare solo sottomettendo un'alt-ra indiscrezione? Pare che questa sia la moderna .dottrina cattolica: e a questo appunto si riferiva il latino di Togliatti. Ma questo rapporto è il più malsicmo che si possa escogitare per instaurare una « pace rreligiosa ». III La propaganda comunista ha oggi dalla sua un vantaggio occasionale: il proletariato è così tragicamente premuto e uni– ficato dalla minaccia di un immiserimento totale, che può ben inghiottire il prete.sto che il voto comunista iin favore del– !' art. 7 fosse dettato dall'amore per l'unità del proletariato. Qui accetterei senz'altro l'osservazione di M a r i o Missiroli (Messaggero, 23 marzo) che meno di chiunque altro i comuni– ~ti avevano interesse a contrastare l'art. 7, perchè meno dt qualsiasi altTa,tend_enza democratica essi pongono l'esigenza di un'eticità dello Stato, che l'art. 7 mortifica. Ma ciò non pertanto la decisione comunista Tisponde ad un primo gene– rico calcolo: quel:o di legare i catto:ici al-le loro visioni eco– nomico-sociali: e ,la manovra tendeva appunto a questo, e ad evitare di essere a loro volta, e controvoglia, legati alle impli– ~azioni sociali del solidarismo ac'.assista dei cattolici. 5enonchè c'è una logica per tutti, anche per i comunisti: vog:io dire una logica più forte deI.:acondotta dei Partiti, e an: • chè di queta del Partito comunista. Si jpuò ben giustificare i, voto al:'art. 7 col fine dell'unità pro'.etaria: ma bisogna poter di– fendere non solo il fatto, ma il valore dell'unità. Qui e ora, questo valore doveva aMer.marsicon l'inclusione dell'art. 7: e Togliatti aveva disconosciuto che questa fosse la via per affer– marlo, esponendo il suo dissenso, validamente motivato, dall'ar– ticolo stesso. Se dunque òggi si votava per l'art. 7, che cosa poteva aver fatto cadere quel dissenso? Non già il ti~ore di allont-anare i lavoratori cattolici dall'amorosa intesa coi lavo– ratori comunisti, nè ia r.ichiesta di ,una particolare contropar– tita immediata, come hanno insinuato .i nWilerosi analisti del « doppio giuoco »: ma l'esatta valutazione deMe maggiori forze

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