Lo Stato Moderno - anno IV - n.7 - 5 aprile 1947

144 Lu STATO MODERNO ser • borghesi » e di trascurare Je « masse »: abbiamo final– mente il coraggio di dire che di « masse » che ieri inneggia– vano al duce, ieri l'altro a Stahn, e domani al metropolita Sergio, non sappiamo cosa farcii Questa è la prova del fuoco per l'operaio evoluto, che pensa con la propria testa e non con l'altrui; per l'artigiano; per il piccolo, medio e grande borghese, e siccome qualche vivacità intellettuale, e alcune istintive ripugnanze e tradizioni pur sopravvivono, non c'è da disperare. Intendiamoci bene: noi non rl'abbiamo affatto, nè con la Chiesa, nè con la Religione, nè con la D. C. che sono logiche e conseguenti; fino a quando non teqteranno di op– primerci, ci terremo fedeli, noi, al motto cavouriano « libera Chiesa in libero Stato ». Ma non abbiamo nessun desiderio di respirare in uno Stato confessiona'.e, di leggere solo i libri non disapprovati dall'Indice, di veder mettere le calze e il reggipetto alle ballerine, e il naso in casa nostra. Siamo in– fatti della razza di quell'animale che era « très méchant; lorsqu'on J'attaque, il se défend », e al-la fine il fascismo ha dovuto fare i conti oon noi, e ha pagato. Oggi, il nostro disappunto, e (parliamoci chiaro) il no– stro disprezzo, non tocca il partito di De Gasperi, e neppur la tenebrosa Azione Cattolica, e il romano Osservatore, ma proprio gli eletti e i paladini del « popolo » che fo hanno sviato e lo ingannano. Ohe i conservatori meridiona'.i, le «malve», i pagnottisti, plaudano all'art. 7, non ci sorprende: rinnegherebbero le loro tradizioni se facessero altrimenti, e • viva il Papa • prelude per loro al « Dio salvi il Re » I Ma non veniteci a raccontar la storiella della salvaguardia della « pace religiosa » quando sapete che appunto la votazione del!'art. 7 cosi redatto, di colpo la distrugge. Dite aperta– mente che avete fatto una « combinazione» da cui sperate di ritrarre utili elettorali, o di governo, e che nulla v'importa della «laicità», pregiudizio perico:oso, giacchè chi è «laico, si abitua a ragionare, e una volta cominciato, non si sa dove possa andar a finire. I vostri seguaci debbono « credere, ob– bedire, e (domani) combattere», gran massima dell'uomo di piazzale .Loreto. On n'a jamais mieux diti ARRIGO CA.JUMI IMBROGL'IO LEGISLATIVO IN MATERIA RELIGIOSA Se veramente avremo una Corte Costituzionale è pro– babile che, dovendosi occupare delle attuali leggi in materia religiosa, non possa Tisolvem ad una decisione logica e fini– sca col procedere come l'asino di Buridano. Si troverebbe infatti di fronte \lna legislazione comples– sa, intricata, contradditoria che non può non dar luogo a que– stioni e controquestioni di incostituzionalità. Tanto più che oggi, secondo il progetto di Costituzione e dopo il voto della Assemblea suU'art. 7, le contraddizioni delle Jeggi stanno pas- . sando nello stesso diritto costitutivo. Questo infatti, anzichè riso'.vere i vecchi· problemi, ha scelto ancora una volta la via del compromesso che li ave.va originati, tentando di conciliare principi etici e prassi giuridiche assolutamente antitetiche, qua1i la confessionalità dello Stato da un ~ato e la .Jibertà delle coscienze dall'altro. Tanto che si può domandare, senza of– fendere nessuno, se non sarebbe stato utile ai nostri costituenti leggere le TelazionimmisteriaH e le discussioni del Parlamento sugli attuali testi legislativi in materia <religiosa.Già Rocco ·e Mussolini tentarono l'impossibile terza via: la conciliazione fra la confessionaiità dello Stato « solennemente proclamata » e fa libertà dei culti e della propaganda religiosa. Ma se allo Stato, che·~ diritto, compete un giudizio in ·materia religiosa (ed un giudizio è già dire: « questa religione è fa mia, è ~eligione di Stato »), conseguentemente, giaochè la capacità di sanzione caratterizza la legge, questa sarà ap– plicata anche nella sfera della religiosità, che verrà cosi sot– tratta alle coscienze. Lo Stato no1e,sarebbe allorn più Stato di diritto che è autolimite, ma entrerebbe sovrano nel foro in– terno delia ·coscienza: giudicherebbe e perciò stesso stabili– rebbe e punirebbe. Se cosi rosse, si potrebbe dubitare che la Repubblica sia democratica, che fa Costituzione e il potere Ti– posino su fondamenti fogittimi. Purtroppo è cosi: siamo in regime di « religione di Stato'"· Dìnanzi a questo non c'è altra salvezza, sullo stesso pjano giuridico, che il ricorso o alla Corte Costituzionale o all'art. 50 della progettata Costituzione, che obbliga i cittadini a resistere all'oppressione quando siano violate da parte dei poteri pubblici le libertà fondamentali, e questo naturalmente nei limiti della questione della -libertà di coscienza e di propaganda in materia ll'eligiosa. Si.tratta di una debolezza dell'ordinamento della Repub– bllc~ c.he può spingere alla richiesta di revlslone costltuzio– noi,; e non. è politico dare àl Paese una Costituzione che deve essere ,riveduta. Perciò bisogna discutere subito, per rivedere in tempo utile e col minor danno possibile, tutta la nostra legislazione in materia religiosa, dalle norme di diritto costi– tutivo a quelle di diritto amministrativo e di diritto penale. Ma non sarà possibile qui che indicare alcuni dei problemi della nostra legislazione: del resto per essere completi occorrerebbe un intero trattato, e la nostra funzione è so~tanto di dare, fa un certo senso, l'allarme. Il principio <follalibertà di coscienza non figurava nello Statuto albertino. Lo Statuto era perfettamente coerente col suo primo articolo: « La Religione Cattolica, Apostolica e Ro– mana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esisten– ti sono tollerati conformemente alle leggi ». Ma la legislazione liberale successiva introdusse il principio della separazione e della eguaglianza dei culti. Per la dottrina e per la prassi I' ar– ticolo ,primo dello Statuto decadde. Ma poichè non s'era giunti a una rifom1a vera e propria di carattere costituzionale, e poi– chè il Concordato si era richiamato alla disposizione statutaria, mentre la legislazione fascista in materia religiosa aveva sosti– tuito la legislazione liberale, rimaneva esatta l'interpretazione di Pio XI: « Culti « tollerati, permessi, ammessi»: non sare– mo Noi a fare questione di parole. La questione viene del resto non inelegantemente risolta distinguendo fra teste sto· tutario e testo puramenf,e 'legislativo, quello per sé stesso più teorico e dottrinale, e dove sta meglw « tollerati »; questo inte· so alla pratica, 'e dove. può stare pure « permessi o ammessi • purchè ci si intenda lealmente; purchè sia e rimanga chiara,. mente e lealmente inteso che la Religione Cattolica è, e sol essa, secondo lo Statuto e i Trattati, la religione dello Stato con le logiche e giuridiche conseguenze di una :tale situazi011f di diritto costitutivo, segnatamente in ordine tilla propaganda•. (Lettera al cardinale Gasparri, in <lata 30 maggio '29, pubbli– cata dall'Osservatore Romano il 6 giugno). Ormai non ci ,sarà più possibilità di «·eleganti» interpre– tazioni, se non altro perchè il divario fra testo costituzionale e testo legislativo diviene intimo contrasto nello stesso testo costituzionale. Ebbene, siamo in regìme di libertà_di coscienza o di libertà dei culti, che è altra cosa; di confesslonalità dello Stato o di .separazione? lgino Giordani, di parte· cattolica, ha fetto alla Costituente come « obiezioni articolari, casi spo– tadlci, perplessità · varie » che presenta il « ven· ano disciolte e ricondotte -ne spirito 'generale deL~dem 0

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