Lo Stato Moderno - anno IV - n.2 - 20 gennaio 1947

32 LO STATO MODERNO mente provvederanno ai vostri bisogni. Non è questa la via per sa'.vare l'Italia. Il paese si salva facendo i suoi cittadini,, dando ad es,si il modo di partecipare direttamente, senza troppi tutori, alla vita po:itica, instLlando in essi il religioso sentimento della pubb:ica responsabilità. Quale che sia la rea!tà di questa Ita:ia post 0 fascista, non possiamo sottrarci ad essa con un semplice abbraccio fraterno. Dobbiamo anzitutto avere il coraggio di riconoscere a viso aperto !a -realtà di questa democrazia post-fascista, che non è la democrazia di Silone, di Sforxa e tanto meno quella di Thomas Mann; ma è la democrazia dj De Gasperi, di Nenni, di Tog!iatti; <la democrazia ,di questi grandi partiti di massa fun contro l'altro armati. Di questi grandi partiti, uno so!o sa dove vuole andare a finire, ma non può dir:o per non miscitare diffidenza e paura, mentre gli a!tri due vivono alla giornata senza sapere oggi quello che diranno o faranno domani. Questa è la realtà politica odierna, da essa non si evade e non cambierebbe anche se al posto di quei tre uomini ne passassero altri tre. Non si sfugge troppo faci1mente al proprio destino, a quel destino che noi stessi ci siamo fabbricati con le nostre mani. Bisogna andare avanti: e, per prima cosa, chiarire le idee, rimuovere i pregiudizi, liberarsi da:Je inutili iUusioni. Guai a chi ·si perde nel cieco '.abirinto dello scetticismo: finità oo! trovarsi di fronte tutti i muri chiusi. Ma guai anche ai falsi profeti che continuano ad alimentare chimere, a creare sempre nuovi miraggi di frateUanza nazionale per portarci sempre più lontano nel deserto deg:i uomini che hanno per– duto se stessi perché non hanno più il senso della loro civica responsabilità. Altri, infine, di codesti rieo-fascisti cadono prima neI:o scetticismo, poi ripiegano insensibi:mente verso le vecchie oo– sizioni. Sòno con essi tutti coloro che per la prima volta hanno scoperto che il fascismo non era nato per generazione spontanea nel cerve:lo di Musso'.ini e che la critica fatta dal fascismo 311ademocrazia par!amentare ed al vecchio pater– mLismo !iberale è tuttora, per gran parte, valida: anzi, lo è più che mai. Perché fu davvero una grande i:iusione quella di credere che il ventennio potesse essere riassorbito come una parentesi oltre fa quale riprendesse la vita di prima. Per primi son venuti a dircelo i comunisti, seguiti dag:i azionisti e dai socialisti ed, infine, anche dai democristiani. Mo'.ti di quei neo-fascisti scoprono oggi il fascismo con l'ingenuità del neofita che 'abbraccia una causa ormai per– duta. Perché il fascismo, come regime po:itico, è finito per disso!uzione interna la notte sul 25 :ug!io 1943, nella previ– sione di una imminente catastrofe militare, prima ancora che i suoi avversari avessero alzato la mano per colpirlo. Fu un'il:usione credere di poter chiudere fa parentesi del ven– tennio, riprendere la penna e la parola interrotta venti anni prima; allo stesso modo è un'i]usione pensare di poter chiu– dere la parentesi di questi quattro anni che son seguiti ad El-Alamein. Non si può essere c~ anacronistici. L'antifascismo ha quasi perduto la sua partita perché non ha saputo dire gran che di nuovo dopo il fascismo, non ha saputo avviare ad una nuova so'.uzione i problemi la– sciati irrisolti dal fascismo. Ma, per trovare quel qualche cosa 'di nuovo, per trovare il nuovo cammino su cui avviare la nostra rinascita morale, occorre incominciare col liberarsi dal passato - il che non vuol dire rinnegarlo, mu superarlo - e guardare senza infingimenti in faccia all'avvenire. Il prob'.ema è arduo: solo degli uomini consapevoli del proprio destino possono affrontar:o. Occorre formare questi uomini, doo-ead essi, a tutti gli Ita:iani uno spirito pubblico, un'educazione po:itica: fame delle unità consapevoli e re- sponsabili di grandi masse attive. EDMONDO BASSANELLI Cronache di via Morone Due interessanti e simpatiche riunioni nella seconda de– cade di gennaio all'Associazione « Lo Stato Moderno». Il 13 M. Levin, segretario generale del Comitato Franc.ia-Italia, ha parlato sui rnpporti italo-francesi; il 16 il prof. Orio Giac– chi sul contenuto ideolokico e sul fine concreto deHa demo- crazia cristiana. · M. Levin ha piacevolmente impegnato gli ascoltatori per oltre un'ora, con una conversazione limpida e persuasiva, sor– retta da un tono oratorio sostenuto e brillante dalla prima al– l'ultima battuta. L'intesa franco-italiana - egli ha affermato - deve superare i limiti di un'armonia solamente culturale e concretarsi sul piano politico. L'antifascismo, inteso come lot– ta aperta ai residui della reazione che permangono così in Francia come in Italia, e la democrazia intesa come met:odo e fine politico, debbono essere la base di questa intesa. Dopo avere simpaticamente ricordato e valorizzato l'atteggiamento degli italiani esuli in F-rancia e combattenti nel proprio paese in difesa delle libertà democratiche, ha quindi riassunto. i mo– tivi che determinano un fecondo accordo franco-italiano: la necessità, negli italiani per la loro visione serena e classica della vita, contraria ad ogni perturbazione bellica, nei fran– cesi per le ripetute tragiche e negative esperienze di guerra, di conservare la pace nei foro confini e oltre i loro confini e di costituire, insieme alla Spagna, la salvaguardia della pace europea; -la possibilità di raggiungere, attraverso atti-vied equi– librati scambi commerciali, una -reciproca indipendenza eco– nomica. Una solida democrazia in Italia e in Francia, egli ha concluso, l'una all'altra alleata, saranno garanzia di pace e di benessere per l'E?Jrop:i. Il suo caldo atto di fede sembrò ad alcuni oltrepassare i li– miti della realtà, ma tutti lo accolsero con un senso di com– prensione e di speranza. La democrazia cristiana - ha detto Orio Giacchi - avrà anch'essa la sua crisi salutare: molti di quegli elettori che le dettero il voto nella persuasione di sostenere una forza politica conservatrice, l'abbandoneranno; ma il partito ne trarrà un gua. dagno qualitativo. La democrazia cristiana, contrariamente a quanto si crede, è avversa ad ogni formula compromissoria, sia con la sinistra che con la destra, sia con Nenni e Togliatti che, e tanto più, con Giannini, e ad ogni attività rigidamente con– servatrice. La civiltà cristiana, cui essa direttamente s'ispira, è in lenta ma continua evoluzione. Il suo fine mediato è la tutela della persona umana; la democrazia cristiana concepisce quindi lo stato come un servitore dell'uomo, e l'intervento dello stato diretto soltanto allo scopo di migliorare le condizioni umane nel settore economico e a tutelare i diritti essenziali (in sostan– za, i diritti della libertà) nel settore etico-giuridico. Per questo essa è contraria allo stato la~, o meglio, allo stato etico, e preferisce la soluzione di uno stato agnostico. Si intende che l' agnosticità dello stato, sul piano morale, ha un limite. Lo stato può intervenire anche sul piano morale là dove le libertà con– cesse agli uomini oltrepassano i termini della normalità etica. E qui era intuitiva l'osservazione, . da molti asooltatori espressa prima e dopo la conversazione di Orio Giacchi, che lo stato agnostico, cosl inteso, sconfina facilmente nello stato confessionale. La franca e lucida esposizione di Orio Giacchi ha susci– tato un'animata discussione, cui hanno ,preso parte Mario Pag– gi, Gaeqmo Baldacci, il prof. Cabibbe. L'oratore si è difeso abilmente contro la stringente dialettica dei suoi contraddUori. L'ora tarda e le continue interruzioni di luce hanno troncata la discussione, che si è chiusa con un appassionato intervento df Mario Boneschl. EZZETA

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