Lo Stato Moderno - anno IV - n.2 - 20 gennaio 1947

' LO STATO MODERNO 33 ROVESCIODI UNA SCONFITTA Di Caporetto, della sconfitta militare che aduggiò della sua lunga ombra tanti anni di storia italiana, prima e du– rante il fascismo, non si parla più. Paragonata ai grandi mo– vimenti d'eserciti e persino d'intere popolazioni, al'.e immense rotte della seconda guerra mondiale, su tutti i fronti d'Europa, può darsi che essa faecia o~a i'impressione di un modesto episodio. Ma penso che non è sempre la sua grande'l:za, con– tro:Iabile in cifre e misure, a costituire \'importanza di un episodio nella storia, pa:ese e segreta, di un popolo. Capo– retto - e già ci fu chi se ne accorse - trascendeva il piano de:-Jastoria militare per entrare in quello della storia morale della nostra nazione. « Caporetto, c'est vous qui l'ave'l: inventé! » - mi di– ceva, nei primi mesi del '18, un ufficiale de!le truppe fran– cesi alle quali avevamo dato i:l cambio sU:le posizioni del Tomba-Monfenera. - « Anche noi abbiamo subito rovesci militari, ma non abbiamo mai fatto tanto chiasso!». Ripensai, mo!to più tardi, alle parole di quel semplice e onesto ufficiale francese, che, essendo io a quel tempo ancora un ragazzo, non avevo forse potuto apprezzare a sufficienza. E più volte, di fronte alla altezzosa e rimbombante propaganda militare e imperiale del fascismo, alla strepitosa inflazione guerresca degli anni precedenti l'tiltima catastrofe, ripensai a quei primi mesi di lutto nazionale, al desolato senso d'inferiorità che si espresse a(Jora con così pungente schiette'l:za, ali'accusa di viltà lanciata ad un grande esercito dai suo stesso capo, al– i' ansia espiatoria che portò in alcune occasioni a sacrificare reggimenti che, di quel'li che avevano disertato la lotta, por– tavano soltanto il numero: e mi parve di rintracciare, tra i due fatti, misteriosi legamenti, in telazione anche ad al.tre concordanze storiche. Premetto, a questo riguardo, che poco presumo conoscere di cose militairi, e che non intendo qui disputarne. Mi limito a rintracciare nel ricordo oerte imponderabili vibrazioni che l'uomo, quand'anche meno vi rif.etta, non può non avvertire nell'aria del tempo in isvolgimento, e che talvoha rivelano, meglio e più delle idee spiegate, il \atente fondo morale, le inconsapevoli posizioni da cui muove là storia. La lacerazione che Oaporetto inflisse ali'anima italiana del tempo - e che poco valsero a medicare la gloriosa resi– stenza sul I:'iave del giugno 1918 e la finale vittoria - è stata sempre presente ed operante, a ben considerare, nei sotto– suoli della coscienza diffusa, a determinare e oo!orire certi atteggiamenti. Non si vuole, naturalmente, svalutare a'.tri e fondamentali aspetti - economico-socia'.i in primo luogo - della situazione italiana all'indomani della prima guerra mon– diaìe. E certo nè nazionalismo nè imperialismo furono un prodotto di quella guerra, bensì preesistevano da gran tempo, e, ove si tenga presente ia paurosa convertibilità dei miti e delle passioni po:itiche, erano taiora contenuti nei loro stessi opposti. Ma Caporetto ridestò ed acuì un ,pericoloso com– plesso di inferiorità che si dimostrò particolarmente favore– vole a:Ia nascita dello stato d'animo e del mito fascistico. Chiunque abbia portato le armi ha avuto campo d'accor– gersi che la guerra è un'invenzione troppo antica per consen– tire variazioni mo'.to notevoli di psicologia e di valore. Con gli opposti eserciti schierati, il gioco retrostante della produ– zione· e dei rifornimenti, lo sprigionarsi del senso d'onore e dete passioni politiche, la guerra può anche esser considerat'll come una specie di gigantesca macchina il cui fine è dJ con– sumarsi e di distruggere sè stessa! La guerra non si fonda sull'uomo eccezionale, sull'eroe - per quanto sappia susci– tare eroi ed uomini eccezionali - e neppure sull'uomo ,storico, di un certo tempo e di una certa contingenza - per quanto essa s'innesti sui problemi nuovi ed incomparabili d'una de– terminata situazione, e, sotto un certo aspetto, non rappre– senti altro, secondo la definizione bismarkiana, che « una continuazione de:Ja po:itica con a:tri me'l:zi ». La guerra si fonda sull'uomo antico, sull'uomo di sempre. Per questo !a guerra porta sempre con sè un'atmosfera immemorabile, un senso di oscure origini, e perfino un odore caratteristico di cuoio, d'incendio e di cadavere immutabile neLie epoche. I me'l:zi d'offesa e di difesa lii potenziano col progresso scien– tifico, eppure, nella 1oro funzione, Timangono sempre gli stessi. Il carro armato ha sostituito il cavaEo, come l'artigliere so– stituì l'arcere e l'aviazione ha sostituito in parte l'artiglieria, eppure il loro impiego tattico o strategico avviene sempre secondo le medesime linee. La guerra è naturalmente arcaica. E il bisogno d'emulazione, lo spirito dii corpo, il disprezzo per i: nemioo - temperato da•:Ja cavalleresca stima per il nemico -, il sospetto per l'alleato, - temperato dai legami di fraternità nella ·lotta -, sono elementi tutti essenziali ed inevitabili della meccanica de!!a guerra, di quel suo movi– mento fata'.e che tende indefinitamente a coinéidere con un gioco di forze "pure. Questa meccanicità e automaticità de'.la guerra, che si basa, come dicevamo, su!l'uomo di sempre, e ne sfrutta ra– zionalmente !e forze, le capacità e le passioni e'.ementari, viene a rigettare al campo delle falsità propagandistiche ogni asser– zione circa l'attitudine guerriera, il valore militare d'un de– terminato popolo. Per quanto varie possano essere le disposi– zioni individuali, la verità definitiva è che l'uomo è natural– mente coraggioso e natura!mente guerriero: ossia, intendia– moci, è ne:Jo stesso tempo, sempre, un vile e un poltrone, ma l'arte de:Ia guerra consiste appunto nel fame un eroe, met– tendo!o in que]a tipica situazione di indifferenza e di amore del rischio, di • sganciamento » dalle abituali preoccupazioni, di piena ,assoluzione, di uniformità di destino, in cui si con– creta appunto l'arcaica, esemp!are condizione del soldato. La vecchia macchina funziona da troppi miJenni perchè i suoi ingranaggi, opportunamente oliati, non girino a dovere. Ma tant'è: la guerra è, in un certo senso, un fatto fisiologico come l'amore, e l'insinuazione sull'attitudine guerriera è sempre umiliante come l'altra di scarsa virilità. L' ancor debo:e coscienza civile degli italiani reagi alla umiliazione di Caporetto in due forme: col disfattismo paci– fista, che trasferiva in un altro piano, quel!o de!!a pliinge– nesi sociale, il ,riscatto e la rivincita; col suo conh'ario, il fa– natismo imperialista e militare, che fu -la maggiore « carica » psicologica sfruttata da: fascismo, e ne costituì infatti l'aspetto saliente. Con ciò rita:iano non fu nè più nè meno guerriero di que! che mai fosse stato prima; cioè di quanto inerisse • alla sua semplice condiv:ione di uomo. Il problema non era tanto quello di mantenere. o di accendere lo spirito guer– riero, quanto queRo di sfruttarlo attraverso la concreta orga– nizzazione de:Ia guerra: ed è qui, come sappiamo ormai a sazietà, ohe s'innestò il bluff fascista. Caporetto non sminuiva il va!ore del soldato italiano, così come la ben più grandiosa e tota!e disfatta del giugno 1940 non ha sminuito il valore di queJ:o francese. Le debo– lezze po:itiche e organizzative, che si riflettono sull'ingra– naggio de'.·!e guerre, sono sufficienti a spiegare le sconfitte più c!amorose. L'essenziale è che si sappia sopportare la sconfitta con virile ferme'l:za, che non si dia campo allo svi– lupparsi di quel risentimento che è letale alla vita dei po- • poli come a queHa degli individui. E che neppure i francesi

RkJQdWJsaXNoZXIy