Lo Stato Moderno - anno IV - n.2 - 20 gennaio 1947

LO STATO MODERNO 31 La delusione che sta portando molti italiani su questa via, molti di que]a « grande massa grigia•, che non fu nep– pure conquistata .dal fascismo, la delusione di cui 'SOffrono oggi costoro è forse la conseguenza della eccessiva fiducia riposta nella vitalità della democrazia parlamentare. Non è vero quello che scriveva, molti mesi or sono, Paolo Alatri su Nuova Europa (17 giugno 1945), che il fa– scismo non è mai morto, che la sua .morte è stata solo appa– rente: quando piombammo nella catastrofe, infinita fu la schiera. di coloro che credettero di doversi arrendere di fron– te a quella « vittoliia finale della democrazia • vaticinata da Thomas Mann fin dal 1938 . Ma qual' era la democrazia, di cui Thomas Mann vati– clnava ia vittoria fina:e? « La démocratie doit étre définie comme le régime d'un état et d'une sooété qui, plus que tout autre régime, est déterminé par le sentiment et la con– sciepce de la dignité humaine ... Et si la dignité de l'homme résume la morale de Ila démocratie, celle-ci se trouve défin-!e par 1sa volonté d'uni.r la connaissance et l'art, l'esprit et la vie, tla pensée et l'action... Ce que le christianism:e appelle le péché origine[ est plus qu'une mse des prétres pour do– miner les ilmes: c'~st le sentiment profond de l'homme que son étre spirituel se élève au-dessus de sa nature défaillante... La démocratie comprend et respecte le secret de l'homme. C'est dans ce sens qu'elle dit: hurnanité. Les conceptlons in– /1umaines des dictatures d' au;ourd'htti ignorent Te péché ori– gine[... en considérant l'homme Ubéré de sa conscience mo– rale ». (1) Questa è la democrazia di Thomas Mann: a questa stessa democrazia molti italiani hanno creduto durante tutto il ventennio. e moltissimi altri hanno riacquistato in essa la fede dopo la catastrofe della dittatura: ma gli uni e gli altri oggi dubitano che quell'eterna democrazia non abbia asso– lutamente nuUa di comune con-la democrazia dei partiti di massa, che covano in sè, tutti, nessuno escluso, il demone del totalitarismo. Il malcontento, lo scetticismo che dilagano nel paese non sono motivati daHe Tistrettezze de! dopoguel'Ql, e nep– pure dalle umiliazioni di una sconfitta che ha rivelato a po– co a poco tutta l'amarezza del più profondo disinganno. Il largo malcontento che sospinge tanta gente nei perniciosi so!chi del vecchio scetticismo, ha soprattutto una ragione ideale alla sua origine: la perduta speranza di un faci:e ri– sorgimento morale lungo la via maestra dei grandi ideali de– mocratici. Ma quella via maestra non esiste più: è stata sconvolta da circa mezzo secolo di attiva lotta di classe, essa è addirittura scomparsa ~otto la marea sopravanzante de!le grandi masse che premono sul primo piano della scena politica. Questa -delusione, questo diffuso malessere sono la radice più profonda..-di quella « nausea della politica • che già una volta generò il fascismo e che ora sta suscitando codesta sua reviviscenza: il neo-fascismo. Ma che cosa vogliono codesti neo-fascisti? Non mancano i nostalgici che sognano una restaurazione pura e semplice, preceduta magari da una riuova notte di San Bartolomeo. Essi parlano, parlan& di nazione, fingendo d'ignorare che la nazione è spossata e disgustata _per tanto sangue fraterno perduto. La contabilità del sangue fraterno deve essere chiusa per sempre. Il paese ha orrore di .nuovi Triounali speciali, di nuove leggi eccezionali. L'augurio di Silone è davvero nel cuore di tutti gli italiAni: « che l'Italia tomi ad essere un pae~ abitabile •· Niente di più, niente di meno. Altri di questi neo-fascisti vogliono restare fascisti per (1) Dana w..du%1one francese, 'edita dallla Ltbrailrte ~d nel 1939, pp. 18 e sgg. e coerenza, anche se non hanno più la fede di allora. Cosl scrisse. Ciovannini sul suo Ro.llWe Nero, prima di essere in– viato al confino di polizia. Ma cosa vuol dire irestare fermo in un'idea per coerenza, quando non c'è più la fede? La vita politica di un paese non può essere fatta soltanto da vo:tagabbana e da torri che non crollano: ci vogliono degli uomini vivi, abbastanza onesti da non aver paura di palesare la propria onestà. Costoro riconoscono che nel ventennio sono stati com– messi errori - l'errore, per esempio, di Mussolini, ·secondo quanto scriveva di recente Concetto Pettinato, di non aver portato a fondo la sua rivoluzio~ limitandosi ad un'opera di mediazione « che lasciò in fondo le cose come le aveva trovate·• -; ma sostengono che, nonostante quegli errori, bisogna salvare de: ventennio quanto più è possibile, al di fuori di tali errori, e che, soprattutto, bisogna salvare i miti che animarono il ventennio. Essi non capiscono, o fingono di non capire che, se fosse possibile tornare indietro, si tornerebbe a ripetere gìi stessi errori, non soltanto perché nulla accade che storica– mente non debba accadeTe, ma in special modo perché le abitudini, i vizi contratti nel ventennio sarebbero più tenaci di qualsiasi resipiscenza. La resipiscenza è uno stato· d'animo intimo, individuale, mentre son ben collettivi certi vizi sociali. .A: tri, ancora, di_ codesti neo-fascisti, non pensano di ricostruire i ponti con il vecchio regime che sono andati di– strutti, non di .ripércorrere a -ritrosp la strada del suo falli– mento, bensì invocano· un fraterno abbraccio univers·ale. Niente partiti,- né lotte di classe. Se siamo tutti figli della stessa madre, abbracciamoci, riconosciamoci fratelli, tenia– moci ben stretti l'uno all'altro; in questo largo abbraccio cerchiamo prima dì salvare J:lltalia, poi si penserà al resto. Cosi essi dicono, e questa loro ambi~a propaganda trova il suo compito facilitato da un gravissimo errore commesso dal– l'antifascismo: quello d'aver preteso di dividere la nazione in giusti e reprobi, non a te'rmini del codice penale comune, ma sul:a esibizione di una tessera di partito o d'un certifi– cato di benemerenza. Ed un altro non meno gravi: errore ha commesso l'anti– fascismo per dare più valore a quella tessera ed a quel cer– tificato: ha creduto di poter impunemente gettar del fango su coloro che, pur morendo sull'altro fronte, credettero in buona fede di servire il proprio paese e dì sacrificarsi per esso. Ora è facile per codesti neo-fascisti chiamare a raccolta i caduti di tutte le guerre, dovunque essi siano morti sotto il tricolore. E, con i morti, chiamare a raccolta gli orfani, le vedove, i genitori inconsolabili che non possono, non po– tranno mai nascondere come una vergogna il sacrificio del congiunto che credeva di morire peT l'Italia, e moriva per essa. Qu~o è stato certamente un imperdonabile errore del- 1'-antifascismo, ma non è una ragione sufficiente peT com– metterne degìi altri. Se è vero che tutti i morti per l'Ita!ia sono insieme rac– colti là dove non sopravvivono passioni terrene, dove tutti g:i ideali si conci:iano nell'imperativo morale di restare fedeli a sé stessi, al proprio destino, che può nascere mai, in questa terra, da· un grande abbraccio universale? La vita politi«;3 è quella che è: è lotta, dura lotta e conquista. Non c è un'Italia da salvare prima ed un problema politico da risol– vere poi. L'uno scopo si raggiunge con raltro: facciamo una buona po:itica, contribuiamo ad essa ciascuno nei limiti delle proprie possibilità e salveremo l'Italia. Quale può essere mai codesta·politica? Non certo quella che ci dice: non pensateci voi, voi badate a lavorare, perché ci sono altri che pensano alla politica anche per. voi. Sono quelli che vi hanno fatto riconoscere come fratelli e che ,perciò hanno su voi acquistato quasi una patria potestas e paterna-

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