Lo Stato Moderno - anno III - n.5 - 5 marzo 1946

I • LO STATO MODERNO 103 ' guardare che non sia cosi strano come può sembrare a prima vista. La regione è, in Italia, una entità entrata, attraverso la storia, ormai a far parte de:.Ja coscienza non solo di tutta la nazione, ma anche degli individui stessi, sicchè talvolta è più facile che una persona sappia a quale regione appartiene che non a qua:e provincia, specialmente quando avvengono fioriture di nuove provincie. Lo stesso contrasto che, è inutile negarlo, esiste fra il nord e il sud Italia, potrebbe ben facil– mente essere appianato valorizzando quell'organismo storica– mente esistente e oggi utilissimo che è la regione, sicchè ciascuna non abbia l'impressione di essere lesa da un'altra. Se possiamo dare una definizione della regione, vor– remmo dire che essa è una nazione piccola in una nazione più grande. E proprio perchè credi!llÌlo che si debba giunger,e a rapporti e accordi sereni fra i popoli delle nazioni (anche se pare che· talvolta i governi non siano di tale idea), noi pen- siamo che nessun pericolo di smembramento esista nel decen– tramento amministrativo, anzi dato che senza •rancori o riva– lità cattive il lombardo, il sardo, il veneto, il pugliese po– tranno nei limiti della loro autonomia sentirsi ugWIID)enteita– liani, cosi come l'abit_ante del cantone di Uri, o del Ticino, o dei Grigioni si sente svizzero, e quello dello stato del Min– nesota o dell'Ohio o del Wisconsin ,si sente cittadino degli U.S.A., potremo fare un altro passo verso ll nostro grande ideale (un ideale che ,potrà anche essere un'utopia, Jl)a una utopia bella), que;lo cioè di fare che l'uomo, l'uomo vero e libero, italiano o inglese o francese o svedese o olandese · senta che l'Europa, che il mondo è qualcosa di più del proprio piccolo territorio e capisca che la vita è qualcosa di cosi bello e cosi santo che non può e non deve essere sciu– pata per uccidere e essere uccisi, ma deve essere utilizzata per fare che tutti g;i uomini possano essere man manq· più sorridenti davanti al sole che sorge su una giornata nuova. GIANLUIGI BARNI IL PROCESSO DI .NORIMBERGA ED IL DIRITTO INTERNAZIONALE Nel corso di questa durissima guerra - forse ancora di più che durante la precedente guerra mondiale - una idea si è venuta radicando e affermando nella coscienza di tutti i popo:i, vinti e vincitori: che cioè le sofferenze inaudite di centinaia di milioni di esseri umani dovessero portare all'affermazone di .un principio morale nel mondo politico, ali'affermazione. di un principio di solidarietà e di giustizia. Ci si spiega dunque come, ancor più che nell'altra guerra, dove pure l'esigenza di una punizione dei colpevoli, in base ad un principio di giustizia, fu presente in tutti i combattenti, durante questa seconda guerra mondiale sia stata sentita imperiosamente la necessità di una punizione di tutta una determinata classe politica, punizione, non in– flitta sulla base del fatto storico della sconfitta, ma in base alla riaffermazione di un principio morale violato. Si giunse cosi alla sconfitta piena della Germania. E si giunse al processo di Norimberga. Ora il problema si pone: è sulla base del diritto inter– nazionale positivo fondato il processo? O meglio, sarà su questa base fondata la condanna? Vi è subito una obiezione fondamentale da fare, che le parti, a mezzo dei lqro legali, hanno vigorosamente sostenuta. Gli imputati, si dice, non sono colpevoli. Per gli atti che concernono Ìa direzione po!itica di un paese, il diritto internazionale - chè, secondo la concezione positiyistica, essenzialmente un diritto fra .stati - non conosce una re– sponsabilità personale dei singoli uomini politici. Ognuno di questi troverebbe la sua giustificazione in un ordiné su– periore, in modo che, di passaggio in passaggio, si giunge– rebbe al Capo dello Stàto, il quale è, per diritto interna- ziona3e, irresponsabile. - · Responsabile dell'indi.pzzo. politico di uno stato è lo stato stesso nella sua interezza, e la stolia ci insegna che sono terribili le sanzioni che possono essere adottate contro di lui. Misure gravissime di ogni specie, cqe vanno dalle più pesanti responsabilità economiche alla riduzione ad uno status di minorazione politica, possono essere prese contro lo stato, .ma nessuna responsabilità potrebbe colpirne i sin– goli organi. La tesi è stata accettata anche dagli scrittori. Ad esem– pio, il Campagnolo ha ripetuto in un suo articolo apparso sul Corriere d'Informazione nel dicembre dello scorso anno, la tesi tradizionale, invocando' dalla rinnovata coscienza eu– ropea una nuova norma giuridica che colpisca I più · gravi crimini di lesa umanit'à, ma sostenendo in pari tempo che sulla base del diritto positivo vigente nessuna norma può attualmente· colpire tali crimini. Un'analoga opinione è stata espressa in un articolo, chiaro e preciso, .apparso sul numero del 20 dicembre di questa stessa rivista, ad opera di Antonio Donati- Anch'egli, pur vigorosamente sostenendo la condanna dei colpevoli, la motiva con insopprimibili esigenze etiche che sarebbero nel nostro caso in contrasto con quelle puramente giuridiche. E' tale tesi che a noi sembra assolutamente inaccettabile. Ritenere che un ordinamento giuridico non contenga una norma che condanni i più gravi attentati contro di &so, significa portare un grave colpo al valore dell'ordinamento stesso. Ma questa considerazione. da sola non basterebbe per ammettere l'esistenza di una norma specifica. Potrebbe darsi che l'ordinamento internazionale - che è un ordinamento del tutto singolare, composto di pochissime norme, che si rivolgono a pochi soggetti -, non contenga una norma che disponga circa i più gravi attentati contro di esso; o meglio, contenga soltanto una norma di indifferenza a questo pro– posito. Tale tesi sarebbe pienamente fondata se si applicassero in pieno i prinoi.pi della cosiddetta scuola italo-tedesca di diritto internazionale. Secondo essa il diritto sarebbe in so– stanza qualcosa di limitato, comprendente poche norme e tutelante un ristretto numero di situazioni di fatto. Al di là del diritto, che' nelle più raffinate espressioni di questa scuola, viene concepito come pura tecnica, al di là di ogni valu– tazione morale vi sarebbe una zona non delimitata di puro fatto, a cui l'ordinamento giuridico si rivolge con una norma soltanto, ossia con una norma di indiffe.renza. Non entriamo ora a discutere se tali concezioni siano più· o meno fondate. Piuttosto consideriamo. se sia proprio vero che il diritto internazionale si disinteressi completa– mente <lei crimini di lesa umanità. Al lettore che abbia seguito con attenzione lo svol11:i– mento del processo di Norimberga, m;m sarà stupito che agli imputati venivano mosse due specie di accuse. Da una parte essi venivano imputati di violazioni di norme di diritto in– ternazionale beUico: massacri di ostaggi, maltrattamento di prigionieri, rappresaglie ingiustificate, affondamento di na– viglio sénza preavviso, violenze di O!?Ili$8nere contro i ci– vili. Accanto a queste accuse specifiché viene moss_a poi ùn'altra accusa clie è la fondamentale: quella cioè di _!lVere

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