Lo Stato Moderno - anno III - n.5 - 5 marzo 1946

102 Ln STATO MODERNO REALTÀSTORICADELLAREGIONED'ITALIA Uno dei problemi attualmente sul tappeto e che biso– gnerà, indubbiamente, affrontare è quello che riguarda la regione, con la sua ,imministrazione e la sua aspirazione di arrivare ad un vero e proprio decentramento e in qualche caso ad una forma di autonomia. Tutto questo porta con 5è di necessità il bisogno di ben definire che cosa sia o, meglio, che cosa si intenda per regione e soprattutto porta con sè l'obbligo di rispondere ad una ob– biezione che frequentemente viene ora fatta. Si dice cioè da molte parti che storicamente la regione è, in Italia, un ele– mento che non esiste e che quindi il voler farla sorgere ora come organo del decentramento, cui in molti campi si aspira, sarebbe errore gravissimo. Una prima risposta, a carattere però non costruttivo, po– trebbe esser quella che facesse osservare che siffatti t"impro– veri (ammesso che fossero fondati) dovrebbero esser fatti, dal punto di vista storico, anche alla provincia, a,nzi assai di più a questa che alla regione, che è creazione di molto più antica. Ma nel campo storico possiamo dire qualcosa di più. Già Augusto aveva suddiviso, come ci fa sapere Plinio in Nat. H-ist., III, 5, 46 sgg.. l'Italia in undici -regioni; erano le seguenti: 1. Campania e Lazio, 2. Apulia e Calabria, 3. Bru;z_oe Lucania, 4. Sannio, 5. Piceno, 6. Umbria, 7. Etruria, . 8. Emilia, 9. Liguria, 10. Venezia e Istria, 11. Gallia tran– spadana. :Oata però l'indipendenza amministrativa dei municipi la ripartizione in regioni non portò di conseguenza una auto– nomia intesa nel senso moderno; formò invece la base per i .diversi censimenti. Si noti pure che Augusto in questa sua suddivisione- diede alle regioni (sia pur identificate da un numero progressivo) un nome derivante dalle antiche popo– lazioni in ciascuna residenti, e quindi la regione ebbe subito un fondamento etnico. Ma l'ordinamento augusteo non rimase immobile; già prima della revisione che Diocleziano compi nella sua grande impresa di riordinamento del territorio dell'impero era sorta la urbica dicecesis comprendente il Lazio, la Campania e il Sannio. . Più tardi infatti fra il 290 e il ·300 Diqcleziano divise l'Italia in dodici distretti, i quali furono posti alleJdipendenze di governatori, sicchè essi vennero ad assumere una loro im– portanza e una loro personalità nel campo dell'amministra– zione dello stato. Essi furono: 1. Venezia e Istria, 2. Emilia e Liguria, 3. Alpi Cozie, 4. Flaminia e Piceno, 5. Tuscia e Umbria,.'6. Campania e Sannio, 7. Apulia e Calabria, 8. Lu– cania e Bruzzo, 9. Corsica, 10. Sardegna, 11. Sicilia, 12 Rezia. Si può rimarcare qui un maggior raggruppamento per le regioni dell'Italia continentale, come l'entrare a far parte di questo sistema pure delle isole e della Rezia, territori che non figuravano nell'ordinamento di Augusto. I dodici distretti costituirono poi la diocesi italiciana e furono poi raggruppati in due vicariati, il ~ urbis e il vicariatus Italiae. E' interessante ora confrontare in merito la divisione che ci 1iporta neJ:a sua opera Paolo diacono, scrittore longobardo che favorò però già negli anni del regno di Carlo Magno. Quel che egli.ci dice servirà sempre di più a far vedere come anche tragiche guerre (ed è sempre la guerra la cosa più sciocca che l'umanità possa fare) non servano· a cancellare il ricordo vivo di sistemi che talvolta si penserebbero da. se– coli tramontati. Dopo avar Paolo dunque ,rammentato la Ve– nezia, ricorda la Liguria la provincia Alpes Cottire, la Tu– scia, la Campania, la Lucania, l'Emilia, la Flaminia, il Pi– ceno, la Valeria, il Sannio, l'Apulia con la Calabria, la Sicilia, la Corsica, la Sardegna,e segna, nel suo elenco, fra la Lu- - cania e l'Emilia, una provincia che vien messa là· dove teT:l]linano. le Alpi Cozie· e ìniziano gli Appennini. E' certo che nell'alto medio evo ,le antiche partizioni scomparvero e si spostarono; èosl la Liguria si restrinse alla regione che è attualmente chiamata con questo nome e con– temporaneamente sorsero le nuove indicazioni di Lombardia . e di Piemonte. Gli stessi nomi di Austria e Neustria del regno longobardo-franco non <rimasero, essendo più che altro indi– cazioni geografiche. Ciò non toglie però che queste circoscri– zioni territoriali. già sorte, come vedemmo, nell'epoca romana, anche se scosse nel periodo delle barbariche invasioni, creas– sero ormai dei centri dai quali si iniziava la vita verso· la rinascita. Già il latino, dobbiamo credere, aveva avuto i 5uoi dia– letti e i secoli nei quali ,pochi furono i contatti fra le masse da luogo a luogo facilitarono ancor di più questa differen– ziazione della favella, mentre contemporaneamente portavano a uno stretto legame fra coloro che si sentivano vicini sia territorialmente che per interessi. Se è vero che i Comuni lottarono l'un contro l'altro, anche e specialmente se vicini, è pur vero anche che quando essi si riunirono contro Fede– rico l O imperatore, assunsero a nome distintivo della loro lega quello di « Lombarda •, segno questo ohe essi vedevano la Lombardia come qualcosa -di netto; Nè ci si venga ad ob– biettare che in detta lega entrarono anche città che si tro– vavano geograficamente fuori della Lombardia, esse furono ammesse nella ,Jega per coincidenza ·di interessi, ma con ciò Ja dega non perdette fa ,sua caratteristica. Si tentò poi nei secoli XV-XVI da umanisti e geografi di stabilire una corrispondenza fra i nomi classici e quelli venuti in uso nel medio evo, ma nella realtà mentre in alcune regioni prevalsero gli antichi in altre vinsero i nuovi. Il mutar di nomi nulla però toglieva alla sostanza delle cose, sicchè la regione, in sè e per sè, continuava ad esistere. E nulla toglievano anche le modificazioni avvenute per ra– gioni politiche: se, ad esempio, Bergamo e le sue valli fecero per secoli,. sia pure dopo lotte, piirte della repubblica di Ve– nezia, è indubitato però che per linguaggio, per usi, per i loro _rapporti essi cimasero iombardi. Può avvenire certamente però che vi siano zone per le quali l'attribuzione ad una regione o ad un'altra sia dubbia, ma ciò avvenne e avverrà per molti territori di confine fra gli stati e non è cosa quindi che debba o suscitare meraviglia o far respingere l'esistenza della regione. Lo stesso spezzamento dell'Italia prima del suo risorgi– mento de1 sec, XIX aveva, in molti luoghi, ·carattere regio– na:le;·tale eui in Piemonte, in Venezia, in Lombardia (nigno lombardo~veneto), nella Liguria prima dell'annessione •al re– gno sardo, annessione che però non tolse ad essa la sua ca– ratteristica regionale, in Toscana, nel •regno delle due Sicilie, dove proprio nel nome stesso si esprimeva la necessità sto– rica di tale distinzione regionale. Ma si può dire che lo stesso fenomeno non è visibile nell'Emilia (suddivisa fra più organismi politici statali) o nello Stato Pontificio {che abbracciava invece parecchie regioni). Ma possiamo rispondere pet quanto riguarda l'Emilia che nulla impediva che la Polonia esistesse come nazione anche se come stato era in certi tragici momenti della sua storia smembrato fra i vicini; per lo Stato Pontificio ricorderemo che il vecchio impero austriaco riuniva in sè parecchie na– zionalità senza che queste tuttavia perdessero la loro indi– vidualità. . Qualcuno potrà qui arricciare i1 naso per questo avvi– cinamento fra fa nazione e la religione: eppure, ci pare, a ben

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