Lo Stato Moderno - anno III - n.5 - 5 marzo 1946

104 LO STATO MODERNO scientemente e proditoriamente scatenata questa guerra, di avere fomentata e inculcata nelle masse una politica di odio, di avere sostenuto ed affermato il principio antisociale della superiorità di un popolo sugli altri, anzi della superiorità di una razza sulle altre, cosa che doveva inevitabilmente por– tare allo scatenarsi di un conflitto. Ora i reati della prima specie possono essere giudicati da un qualsiasi Tribunale militare delle Nazioni vincitrici. E' pacifico nel diritto internazionale - ed in questa guerra ne abbiamo avute innumerevoli applicazioni - che i Tri– bunali militari possono giudicare delle più gravi violazioni del diritto bellico avvenuto ad opera di sudditi di paesi nemici. Del resto i Tribunali alleati hanno già operato in numeros1ss1m1casi - e continuano ad operare con pieno fondamento - a questo proposito. Rimangono i reati della seconda specie, o meglio, ri– mane w1 reato fondamentale: quello di avere tenacemente perseguito una politica di superiorità razziale, che logica– mente dovevq portare ad una politica di odio 'fra le nazioni al crollo dell'ordine internazionale preesistente, alla guerra. E' questo un reato giuridicamente perseguibile? Che poli– ticamente possa essere punito, è un fatto incontrastato: la storia, anche la più recente, è piena di sanguinose punizioni di uomini che attentarono all'ordinamento preesistente, e la cui azione intempestiva trovò una sanzione politica. Ciò che accade nel campo nazionale, è logico accada pure nel campo internazionale: è logico che gruppi di nazioni, e la politica della santa alleanza verso Napoleone ne. è il più chiaro esem– pio,. colpiscano gli uomini che si sono eretti contro l'ordine coshltuito. Quello che diffioilmente è compreso, è che - sulla base de1 diritto internazionale positivo - questi uo– mini vadano colpiti con sanzioni giuridiche. Ora qualsiasi ordinamento contiene delle norme penali che, e soprattutto gli ordinamenti a base democratica, colpiscono i tentativi di sovvertirlÒ violentemente. E' logico che una norma di tale genere sia contenuta anche dall'ordinamento internazionale, ed è logico che questa norma, come le altre norme della costituzione internazionale, non possa dedursi che da un esame. Rimane una sola possibilità di dubbio. L'attuale ordi– namento internazionale è un ordinamento .composto di nu– mer<>sistati, non ancora retti da un potere accentratore. Questo ordinamento .semplice, e sotto taluni aspetti, primi– tivo, è caratterizzato da una' estrema libertà concessa ai soggetti· e ad una grande scioltezza di movimenti. In esso la guerra non è considerata come un atto illecito, ma è pre– vista e regolata come uno strumento di produzione di norme giuridiche. Non sarebbe strano quindi che talune norme prevedessero la guerra come mezzo lecito di autotutela ed altre norme prevedessero una sanzione penale per chi muove la guerra? La risposta è qui estremamente facile. L'ordinamento internazionale prevede e regola la guerra entro limiti de– terminati. L'ordinamento internazionale attuale è basato sul . presupposto dell'eguaglianza dei suoi soggetti, e solo una lenta evoluzione storica può trasformarlo in un ordinamento su altre basi, cioè l'ordinamento internazionale deve quindi contenere una norma che colpisce ogni tentativo di sovver– tirlo • ab imis fondamentis •, introducendovi un principiò di predominio d'una nazione a danno delle altre. La norma in base alla quale saranno condannati i cri– min~i nazisti è quindi una norma non solo etica, ma anche giuridica- Ogni profonda scissura fra morale e diritto ci ha sempre trovati dubitosi. Il diritto, è vero, qualche volta non è giusto, ma l'interprete deve partire dal pr06upposto che il diritto è quasi sempre giusto. Noi abbiamo sempre rite• nuto che occorra usare ogni cautefa prima di affermare che il diritto non ,contenga una norma che preveda un caso che la morale decisamente giudica. Noi riteniamo che !'<interprete risalendo ai principi ge– nerali del diritto, possa risolvere casi che, con un metodo puramente esegetico non possano venire regolati. li processo di Norimberga non si chiuderà qumdi con una sentenza, anche se eticamente giusta, giuridicamente infondata. SANDRO MIOLL\ZZA SBLOCCODEI LICENZIAMENTI E RISANAMENTO INDUSTRIALE \ Siamo ormai abituati, alla fine di ogni trimestre,. a rive– der l'isorgere un grave ed impormntissirno problema che ogni volta non .si risolve e, con qualche- e non 5empre 5a110 accorgimento, non si fa che rinviare di qualche mese. Pro– blema ,grave ed importantissimo, abbiamo detto, e la cui continua mancata soluzione da quasi un anno pesa ormai peniodicamente, quale tragica spada di Danlocle, 5ul oapo dei lavoratori nonchè delle imprese. Dopo quelli di giugno, sono venuti gli accordi del settembre 1945. Dopo quelli di settembre sono venuti quelli di gennaio 1946 che avviano la soluzione ma non l'ottengono. Djfatti il licenziamento del 13 ,per cento del ,personale oocupato, diluito in tre mesi, condizionato da molte norme, non permette ancora l'ill'izio di una vera opera di risanamento economico. Opera neces– saria se vogliamo che gli organismi produtivi italiani, pas– sati attraverso ,le fomie morbose nate dalle contingenze del– )'autarclùa e della guerra, possano riprendere, ·con vitalità, la Joro azione economica ed attuare <la tanto attesa ma sem– pre procrastinata ricostruzione del -paese. • Due punti essenziali debbono essere presenti e ferma- mente espressi: · 1) li ,problema della disoccupazione, e quindi dello sblocco dei licenzbmenti, è problema sociale che investe la politica economica generale del ·governo e deve essere ri- solto dallo stato con mezzi attinti dalla collettività io forma organica ed economica mediante un trasferimento di una parte del reddito <Dazionalea favore della indispensabile, necessaria, obbligatoria assistenza da fornire a coloro che, aon per foro volontà ma per Je dolorose condizioni 0 Ìlt' cui versa il paese, non' possono dare il cpntributo della loro operosità fattiva e produttiva; · 2) in questa opera di assistenza ai lavoratori non oc– cupati, le imprese industriali non debbono essere chiamate a contribuire che in misura analoga a quella lin cui tutte le categorie di redditieri debbono .,.... coeteribus paribus - essere obbligate a collaborare: ad essi 'non .si •può pertanto chiedere contrib~ che vadano al di là della loro capacità di sacrifici contro il rischio di colpire in tal modo le stesse fonti di reddito con catastrofiche conseguenze per il pros– simo domani. LI problema economico italiano è, in sintesi, problema di, squilibrio tra produzione e consumo: produzione l.inritata tecnicamente da una grave deficienza di materie prime e di energie ~ econornJcamente da un'alta incidenza di costi fjssi o quasi, consumo espresso da una ,numerosa massa di consumatori già duramente provati dai sacrifici della guerra ed in possesso di una modesta disponibilità d'acquisto. Au– mentare-l'una e diminuire l'fl)tro è l'evidente meta cui deve

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