Lo Stato Moderno - anno III - n.5 - 5 marzo 1946

100 I, O STATO MODERNO curezza del loro avvenire, se 'tutti i cittadini non ottengono la certezza di un livello di vita sufficiente a garantire lo svi– luppo della propria personalità. E' necessario che le classi lavoratrici abbiano parità di responsabilità, di funzioni e di dignità nella vita sociale; possano elevare le proprie con– dizioni materiali, godere di un organico sistema di sicurezza sociale, essere liberate dalla ricorrente minaccia della disoc– cupazione, ,avere ,possibilità ,di istruzione in tutti i gradi della scuola. Ma occorr~ anche che le organizzazioni dei lavoratori svolgano una politica improntata a libertà da una parte, a energia, serietà e resportsabilità dall'altra, e aderiscano alle condizioni in cui si trova il· paese. I rapporti fra Stato e Chiesa devono essere fondati su un regime di aconfessiona1ità dello ,stato, sulla piena libertà delle coscienze e parità di diritti dei cittadini, sulla libertà di culto e di organizzazione della Chiesa Catttolica e delle altre confessioni religiose. Ma la nuova democrazia non può 11011 tener conto della posizione della Chie,sa Cattolica in Italia. Essa deve rifuggire da ingerenze giurisdizionalistiche uella Chiesa e ne deve riconoscere l'importanza sociale. L'accordo fra gli ,stati. la solidarietà economica, il disar– mo e la pace devono costituire l'obbiettivo della nostra poli– tica• interna2lionale. Senza una ,5ocietà organizmta di stati che abbia il diritto e il potere cli farsi valere, non vi è pos– sibi:ità di pace ne avvenire per le nazioni democratiche. Senza una federazione europea, nell'ambito dell'organizzazio– ne più vasta, non vi sarà contributo dell'Europa al progresso democratico del mondo. Ma anche senza una pace giusta per l'Italia, che rispecchi i suoi diritti nazionali e le sue ne– cessità di vita materiale e spirituale, •non vi potrà essere con– tributo del popolo italiano all'opera di ricostruzione demo– cratica internazionale. • Questi i motivi e i punti fondamentali clella nostra azione politica. Sappiamo di presentarli al popolo italiano in un mo– mento in cui urgono problemi di vita immediata, di pane e di 1avoro, di indumenti e di .case, di ricostruzione di un minimo di vita civile. Intendiamo contribuire alla loro solu– zione, ma saypiamo che, accanto a tali problemi, deve essere risolto, se vogliamo avere un avvenire, il problema della crea– zione ,dello 1;tato,di domani. La' grande battaglia per la repubblica italiana, non re– pubblica socialista o comunista o conservatrice, ma repub– blica democmtica, è aperta. Il nostro movimento intende ri– chiamare gli italiani sul significato di questa battaglia, che deciderà delle sorti d'Italia per generazioni. Esso intende anche dare un contributo a quella concentrazione di forze democratiche e repubblicane dalla quale dipende l'esito di questa battag:ia. Alle forze della reazione monarchica e conservatrice che, approfittando delle tragiche condizioni in cui versa il paesè, vengono compatte a battaglia, opponiamo un grande movi– mento di ideali democratici e repubblicani: opponiamo la no– stra Repubblica Democratica. POLITICi\ CONTADINA (Second'(J puntata) Cli interventi governativi nei problemi delle affittanze agrarie e della mezza<lria dimostrano chiaro l'intendimento del Ministro Cullo di spossessare i proprietari a favore dei conduttori di fondi. E' un metodo, per non dire una manovra, del comunismo che si è ancorato al Ministero dell'Agricol– tura per ragioni che si mostrano sempre più evidenti. - Così i proprietari, menomati gradualmentè nei loro pro– fitti e nei loro diritti, dovrebbero trovarsi a breve scadenza costretti a « mollare» la loro proprietà ai conduttori, fitta– bili o mezzadri. Guardando alla superficie del problema, si potrebbe teoricamente accettare un ,principio che sancisce I' attribu– zione <lella « terra ai contadini ». Nulla di più legittimo e di più rispondente alle esigenze di una nuova giustizia sociale. Ma è facile rilevare la impostazione puramente dema– gogica del problema che, nel caso particolare, non risolve affatto l'aspirazione dei contadini, ma tende solo a rovesciare la situazione trasformando i fittabili ed i mezzadri in pro– pietari e gli attuali proprietari in spossessati. Se ingiustizia vi è, questa resterebbe ribadita - con un semplice spostamento di censo - da un'altra ingiustizia. Bisogna quindi esaminare la questione in profondità, proprio per val~tare un principio di giustizia che non deve essere sopraffatto dal facile « comunismo » di una c1\tegoria troppo intere5sata a questo rovesciamento di posizioni che è la sola base di una fragile adesione politica. Non riteniamo con -qùesto che tutti gli affittuari ed i mezzadri si siano schierati ali' estrema sinistra, per attendere che la proprietà cada nelle loro braccia come un frutto ma– turo. Molti di essi - più consapevoli e più lungimiranti - non si creano facili illusioni e preferjscono aderire al principio degli accordi diretti coi proprietari, attraverno ai quali hanno ottenuto finora di realizzare largamente ff loro interesse. Ma è bene prenderé .anche su que,sto problema una chiara posizione che fissi senza sottintesi demagogici il nostro pensiero. E diciamo subito che intendiamo difendere la'. proprietà come istituto 1,ociale che, anche nel campo agricolo, ha una • sua funzione redentrice e di propulsione alla conquista di un più elevato regi.me economico. Per non essere .fraintesi precisiamo che il nostro pen– siero ha particolare valore per il tipo di proprietà della nostra regione e prescinde dal problema del latifondo ç,, della pro– prietà improduttiva che merita una diversa valutazione. E riaffermiamo anche che la ricchezza agricola è inclusa nella mobi)itazione ai fini sociali della economia e del pro– fitto, e non deve essere sottratta ai suoi ,doveri verno Je classi lavoratrici che devono partecipare al frutto della loro fatica. Si tratta di un problema sociale contadino, che noi af– frontiamo con larghezza di vedute ponendo ogni categoria - braccianti e salariati, enfiteuti, mezzadri ed affittuari - nella possibilità dj conquistare posizioni più elevate, di redimersi dalla tirannia del bisogno, di garantirsi di fronte ad ogni disavventura, di assicurarsi le sorgenti di una vita civile e di una libertà spirituale. J Ma bisogna finirla una buona volta col considerare la proprietà come una colpa, quando è in definitiva alla--pro– prietà - e particolam1ente a quella della terra - che si aspira come alla sola formula che dia ,la prova concreta della ~·edenzione e della giustizia sociale. Di fronte al trattamento privilegiato che si vuol con– cedere ai conduttori nei conkonti dei proprietari, come se

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