Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Come infatti le Sacre Scritture sono «narrazioni relative agli oggetti creati che fanno sì che il più importante di loro, cioè Dio, possa descrivere la struttura della stessa creazione» (p. 309)-l'autrice interpreta infatti il Dio delle Scritture come entità creata dall'uomo - così il Capitale «è un complesso ripercorrere un sentiero lungo il quale la reciprocità della produzione umana ha smarrito la possibilità di ritrovare le proprie origini umane» (p. 413). L'uomo è quindi stato sviato da una sua originaria capacità di creare e di produrre, o delegando a un Dio creato l'intera creazione, o perdendo il senso della creazione stessa attraverso i meccanismi della produzione capitalistica. E Orfeo? Non è altro che l'uomo che, attraverso le proprie capacità, ma soprattutto agendo per pietà e compassione verso i suoi compagni di viaggio, recupera nei confronti del Dio la propria autonomia creatrice, e ciò facendo automaticamente viene a negare che ci possa essere una voce al di fuori dell'uomo capace di lenire il dolore e di far cessare la sofferenza. L'immaginazione infatti, dice la Scarry, «tende a collocarsi eticamente sempre dalla parte della sensibilità», e ancora «è diretta contro il dolore che ci ripugna e ci isola». Grande importanza, infine, nel saggio viene attribuita alla creazione degli oggetti: essi rappresentano ancora una volta la risposta dell'uomo alla sofferenza: una sedia può essere una risposta al mal di schiena, ma allo stesso tempo può trasformarsi in arma, e cambiare il nostro rapporto nei suoi confronti: la falce diventa lancia se l'uomo rivolge se stesso contro il suo simile, o la lancia falce, come auspica il profeta Isaia, se invece vince il rapporto di sensibilità e compassione. Ma nel corso della lettura, pur pensando che il grande valore dato all'oggetto è frutto della sensibilità e del mondo in cui opera l'autrice, lo trovavo tuttavia ricollegabile a quel rapporto così pregnante nel mondo greco antico 90

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