Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

nostro mondo, e quello d'oltre Oceano in particolare) nel loro rapporto con l'uomo, classificandole secondo la loro capacità di procurare o lenire il dolore. Questo aspetto delle cose agisce per l'autrice come gli atomi per Lucrezio, e la sua passione argomentativa è tale che riesce a coinvolgere anche il lettore profano in una lettura che in sé non è certo fra le più semplici. Il volume si divide in due parti ben distinte, l'una dedicata alla distruzione del mondo (la tortura e la guerra), e l'altra alla sua costruzione (il rapporto dolore/immaginazione, la struttura della fede e quella dell'artefatto), e offre quindi in modo immediato la sua chiave di lettura: il dolore è il motore del comportamento dell'uomo, e questi agisce distruggendo quando vuole procurarlo, immaginando e creando, invece, quando vuole allontanarlo da sé. Nell'introduzione la Scarry ci dice che possiamo dividere la materia del libro in tre argomenti: 1) la difficoltà di esprimere il dolore, 2) le complicazioni politiche e percettive che ne derivano, 3) la natura della esprimibilità, cioè della creazione, sia corporea che verbale. Nel corso dell'opera, però, sembra che il discorso puramente verbale e linguistico scompaia del tutto o sia alquanto attenuato: esso è invece sotteso a tutto il libro come unico filo conduttore: la creazione e la distruzione degli oggetti sono in realtà in stretto rapporto col linguaggio, e l'immaginazione, che per l'autrice è l'unico elemento che può aiutare a ricreare in positivo e a lenire il dolore, ridona all'uomo quella facoltà che durante la sofferenza egli perde completamente: la capacità di esprimersi verbalmente. La struttura della fede, che la Scarry tratta con tanta accuratezza e passione nella quarta parte del libro, è affrontata attraverso una lettura parallela tra due testi fondamentali nella storia dell'Occidente, la Bibbia e il Capitale. 89

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==