Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

di una situazione protetta e come aggrovigliata nelle stretté dell'io - la condizione dell'anxieux - aprendola al contatto di identità lacerate che nella lacerazione trovano il loro sbocco comuniale. La violenza di Sade è collegata al silenzio imposto della vittima: «Sade parle, mais il parle au nom de la vie silencieuse, au nom d'une solitude parfaite, inévitablement muette»15 • Ma proprio tale condizione oppressiva spinge a spezzare il blocco della solitudine, della condanna all'inespresso, con la messa in scena di fantasmi mostruosi. Possibilità eccessive vengono alla luce attraverso «grandi irregolarità di linguaggio» che spazzano le rimozioni e collegano la rabbia distruttiva a una presa di coscienza agghiacciata. La comunicazione è crudele perché nasce dal silenzio e «désavoue la relation de celui qui parle avec ceux auxquels il s'adresse». La dialettica conflittuale fonda per Bataille, attraverso Sade e come in Baudelaire, una modalità di espressione che, a causa degli impedimenti con cui deve scontrarsi inizialmente, impone all'altro verità inaccettabili, quel che il pensiero si era vietato di pensare: «Le refus de communiquer est un moyen de communiquer plus hostile mais plus puissant». Su tale linea tracciata dall'ingorgo del linguaggio che poi erompe in forme deflagranti, percussive, si ripropone quell'esperienza dello choc che per Bataille s'iscrive dalla parte del male. Se per male si dovrà intendere, fra l'altro, una comunicazione che incide l'individualità isolata e, colpevole, la spalanca alla ferita fusionale. Ancora una volta è confrontandosi con un interlocutore di elezione che si andrà sempre più lontano, rompendo le difese e aprendosi «alla coscienza di sé». A partire da Sade, in un percorso segnato da rinvii analogici, prolungamenti, snodi e riprese, Bataille giunge a riformulare, irraggiandolo su diversi piani interconnessi, il tema del supplizio sacrificale che colloca al centro della 55

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