Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Nel terzo e quarto capitolo della seconda parte del Chisciotte, sono don Chisciotte stesso e Sancio, stimolati dal baccelliere Sansone Carrasco, a funzionare ex professo da critici del loro proprio romanzo. Anche se le intenzioni probabili di Cervantes nell'architettare l'episodio hanno a che fare con l'usurpazione operata dal «continuatore» abusivo Alonso Fernandez de Avellaneda, non sta certo qui l'interesse del lettore per questa formazione «en abyme». L'opera si miniaturizza e si duplica, in quanto si assume per un momento quale oggetto di analisi critica. Per dirla semplicemente: don Chisciotte e Sancio, personaggi di romanzo in atto, discutono di sé come personaggi di romanzo. (Jorge Luis Borges, si capisce, non si era lasciato sfuggire questo bel torciglione strutturale...) I rimarchi riguardano più che altro correzioni di fatto dell'aneddoto narrativo: come avvenne il furto dell'asino di Sancio, che fine abbiano fatto i cento scudi trovati nella valigia sulla Sierra Morena: lacune e distrazioni della storia. Sancio rappezza come può le sviste. Il solo appunto formale investe l'economia della struttura, vale a dire l'inserzione di un corpo estraneo, la novella «L'indagatore indiscreto» - provocando peraltro appena un lamento preventivo di don Chisciotte: «In tal caso... non è stato un dotto l'autore della mia storia, ma qualche chiacchierone ignorante, che si è messo a scriverla a tentoni...». C'è tuttavia una frase di Sancio che mette sulla strada di ciò che è veramente in gioco, sotto sotto, nell'intermezzo «critico»: «A questo, disse Sancio, non so quel che rispondere se non che o lo storico si è ingannato, o che forse è stato uno strafalcione dello stampatore...». La critica dunque evoca lo «storico», ossia l'autore della storia, Cide Hamete Benengeli, per l'errore o il travisamento. Del resto, alcune pagine avanti, don Chisciotte, avvertito dell'uscita di un libro dove si raccontano cose 34

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