Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Ora René poteva disporre a sufficienza nei limiti della notte e della mattina successiva. «È facile. Basta non fare programmi», e Emma gli aveva letto un breve periodo appena tradotto dalla sua lingua. Era facile per lei, con l'aiuto delle sue droghe. Ma lui, come poteva non fare programmi, come poteva rinunciare a consolanti superstizioni e a rassicuranti fughe nella previsione? Mentre camminava, si accorse che poteva distendere i muscoli, sgombrare la mente, evitare ansiose prefigurazioni. Si sentì libero. Durò poco, perché quelle strade che percorreva lo riportavano al passato. Erano volti, fatti, sensazioni, profumi. Inutilmente cercò di fare il vuoto nella mente. Emma ci riusciva, ma lui no. Gli occhi obliqui di lei erano il segno di misteriose ascendenze orientali. La differenza tra loro due gli fu chiara: lui prefigurava l'avvenire, lei, con le carte o con le foglie del tè, più spesso con l'ironia, lo prevedeva. Ne aveva le prove. Perdere il tempo non era impresa per lui: voleva e sapeva solo guadagnare quel tanto che gli serviva per quietare l'ansia. Svoltò e gli apparve la piazza vuota. (. . . ) Ottavio Cecchi 28

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