Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Dunque il nostro René camminava nella notte. Aveva un leggero mal di testa a causa delle ore trascorse al tavolo del poker. Da poco si era voltato e di nuovo aveva visto che la finestra dello studio del padre era ancora illuminata. Lo immaginava assorto, vedeva la sua scrittura dritta e chiara e si chiedeva se in quella scrittura vi fosse la spiegazione della profezia, della sinistra previsione che apriva a lui, René, un campo infinito di congetture. Si ripromise di fargli una domanda precisa la mattina, quando, accogliendo la sua richiesta, e onorando la tradizione, lo avrebbe accompagnato al treno. Già ora d'altronde poteva immaginare qualche risposta riandando con la memoria ad altre parole di suo padre. Non le ricordava con precisione, ma il senso gli era chiaro nella mente: era possibile la guarigione? Ricordava che, riflettendo sulla guarigione di un malato, o meglio sulla guarigione di un individuo ammalato, suo padre si era interrogato sulla guarigione del mondo. «Malato non è il mondo - aveva detto senza pentimenti - ma chi lo vuol guarire». Aveva acceso il suo avana ed era passato ad altro. C'era, chiarissima, una continuità tra le parole sull'isteria che avrebbe pervaso il mondo nell'immediato futuro e questa riflessione che rovesciava i luoghi comuni. Era un luogo comune capovolto o una verità? René, sul momento, vi aveva scorto una segreta intenzione di abbandonare l'arte del medico. Egli si chiedeva se davvero i guaritori avrebbero provocato la catastrofe. E lui, suo padre, non era anche lui un guaritore, con le sue medicine, le sue teorie, con la sua volontà di prevedere? Era questa, senza alcun dubbio, la domanda che gli avrebbe rivolto. Pensava al padre, ma anche a se stesso, e di nuovo sentì la voce di Emma: «Tu, René, non sei un personaggio, sei un problema». Emma gli suggeriva pensieri lieti. Come quando parlava del modo e della necessità di perdere il tempo. 27

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