Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

A questo punto il gioco è fatto: scatta una trappola raffinata e delicata, un viluppo morbido e inapparente, che accalappia l'uno e l'altro. Chi è Flora Diamond? Cosa è venuta a fare in quella città? E Franz? E la lettera e le rose? Presi da un gioco che fin dal primo momento li sopravanza- anche se fin quasi all'ultimo credono di essere loro a condurlo- i due amici passano la giornata a «far ricerche sul nome Flora». Investigano, suppongono, cercano di saper chi sia e soprattutto di incontrarla. Il racconto si dipana così, di ricerca in ricerca, da una supposizione all'altra: e fin quasi all'ultimo momento si ha l'impressione che l'agnizione, l'incontro con Flora siano imminenti. E invece... invece non succede niente, tutto finisce in niente. Le ricerche si impantanano, non portano a nessun tipo di risultato. E dopo aver vagato a lungo insieme per le vie della città, i due amici si ritrovano seduti ognuno a casa propria, con un libro in mano- il narratore, si direbbe, come lievemente inebetito-mentre fuori la neve va coprendo la città. Che significa tutto questo? Dove ci vuol portare un racconto così limpido, delicato e tuttavia così terribile, così lievemente, sottilmente terribile? 3. Il gioco Anche in Gioco di corte troviamo la stessa situazione di base: due amici imprecisati che- in una città europea e in un Novecento imprecisati- trascorrono insieme una giornata, al fine di realizzare un progetto. Solo che in questo caso il progetto riguarda la presa del potere (si tratta di assassinare un generale golpista, per riportare sul trono il re esiliato). E questo progetto, anche se non sappiamo bene come, viene tradotto in realtà (il racconto s'interrompe un istante prima del passaggio all'atto, cioè un istante prima del passaggio fra il presente e il futuro). Si capisce solo che la realizzazione del progetto sfocerà in una trage169

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==