Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Quotidianità e incertezza nella narrativa di Ottavio Cecchi 1. Fine dei progetti Siamo entrati, da non molti anni, in un'epoca in cui non pare più possibile pensare il futuro: le grandi speranze, i grandi progetti sono crollati, spesso dopo aver rivelato una realtà di grettezza e orrore che si celava proprio dentro quello che si presentava come un programma di futura salvezza. Ma la caduta del futuro nell'impensabile e nell'irrappresentabile ha trascinato con sé anche il presente: privo del suo prolungamento in un futuro da progettare, infatti, il presente sembra andare sempre più restringendosi in una quotidianità minacciata, in una provvisorietà minacciosa, esposte entrambe all'angoscia di una dilagante mancanza di senso. Il fatto è che la nostra cultura e la nostra mentalità sono ancora una cultura e una mentalità del progetto e dell'inveramento nel futuro: stentiamo a vivere il presente come dimensione a sé. Eppure, ciò a cui ci chiama la nostra epoca è forse proprio l'elaborazione di un pensiero capace di pensare qualcosa come l'eternità del presente: un pensiero cioè in grado di valorizzare e rendere più vivibile quel poco che c'è, in quanto poco che comunque è, è 166

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