Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Ancora un'impressione musicale, il saluto dei beati a Maria che risale all'Empireo: Indi rimaser lì nel mio cospetto, «Regina celi» cantando sì dolce, che mai da me non si parti 'l diletto. Se non nell'economia del poema sacro, certo nella memoria poetica del lettore c'è una rispondenza tra questo coro paradisiaco e quello purgatoriale della valletta dei prìncipi: «Salve, Regina» in sul verde e 'n su' fiori, quindi seder cantando anime vidi, che per la valle non parean di fuori. L'episodio si chiude con una «moralità» che conferisce allo stile certa gravità parenètica e con un preannunzio al lettore di quel che lo aspetta voltando pagina: Oh quanta è l'ubertà che si soffolce in quelle arche ricchissime che fuoro a seminar qua giù buone bobolce! Quivi si vive e gode del tesoro che s'acquistò piangendo ne lo essilio di Babilòn, ove si lasciò l'oro. Quivi triunfa, sotto l'alto filio di Dio e di Maria, di sua vittoria, e con l'antico e col novo concilio, colui che tien le chiavi di tal gloria. Abbandoniamo agli amici filologi e lessicologi quelle «bobolce», intese da alcuni nel senso di «bifolchi» (in latino, bubulci) e da altri in quello di «terre», secondo l'uso ancor vivo in alcuni dialetti dell'Italia settentrionale. Forse, per l'aggiustatezza della metafora sarebbe preferi162

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