Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Si era alzata, aveva traversato la stanza e, secondo il rito, cominciò a preparare un tè «forte e denso» come piaceva a René. Nel ricordo, René la rivedeva: gli occhi obliqui, orientali, il passo lungo, la vita sottile, i capelli tagliati corti contro l'usanza di quei primi anni del secolo. «In realtà- aveva detto- Kipling inganna se stesso senza saperlo: mentre tu inganni te stesso sapendo di ingannarti. Tu, René, sei doppiamente colpevole, perché sai bene che non è più possibile raccontare le cose come sono: non è rimasto niente dell'estetica di Dick, di quel povero pittore da quattro soldi, che vede persino la gente affollarsi davanti a una vetrina dove sono esposte le sue tavòle. Un pover'uomo, che si è meritato quella sciabolata e la conseguente cecità». Fissandolo disse: «Quello che conta sei tu di fronte alle cose, ciò che senti, ciò che pensi. Come hai scritto? "Il fiore dei raffinati e dei pervertiti". Sono o non sono parole tue?» Aprì la cartella, cercò la pagina e lesse: «"Il pubblico di Kipling, per quanto vasto, per quanto grosso, comprende anche le persone colte, il fiore dei raffinati e dei pervertiti"». La perversione consiste in quella menzogna, in quella superstizione. In quell'inganno nel quale andate a cacciarvi volontariamente». Versò il tè nelle tazze. Quella bella donna gli faceva un dono raro: lo accoglieva senza complicazioni sentimentali, aveva capito che René traboccava di sentimenti e perciò era incapace di riceverne ancora. Gli dava la sua simpatia e ne riceveva altrettanta. Stavano bene insieme. «Sei un uomo del tuo tempo, perfettamente incapace di amare. L'ho capito subito, appena ti ho visto. L'amore ti farebbe infelice, ti sarebbe d'impaccio. Non ti invidio perché sei incapace di amore: non ti invidio, perché anche io lo sono, ma non come te. Finirà così, che tu o io, uno dei due si stancherà, e allora ci lasceremo. Spero che in quel 16

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