Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

lo «da affettar salami e uccider tigri», né fu fermato da uno sbocco di sangue che ebbe al momento della partenza. Sulla ferrovia si poteva contare soltanto per il tratto Mosca-Jaroslavl e per il passaggio degli Urali; il resto dell'interminabile percorso fino alla costa orientale asiatica doveva essere coperto in battello e in carrozza, se tutto fosse andato bene. Cehov partì dunque nell'aprile e raggiunse di sera la suddetta città; dove pioveva, sicché egli, appena imbarcato per Perm, si coricò. La mattina seguente la Volga gli si svelò in tutto il suo splendore. Ma, imboccata la Kama, già cominciarono i ghiacci galleggianti, e neve a terra; gli alberi erano spogli, dalle rive si udivano malinconici suoni di organetti. Eppure era solo il principio: «Non potrebbe esser peggio», disse un contadino emigrante; «Sarà peggio», rispose un altro. Anche a Perm faceva freddo e pioveva, e Cehov seguitava a sputar sangue; più oltre nevicava addirittura. A Tjumen, non avendo trovato il battello per Tomsk, Cehov affittò una carrozza, e via con questa attraverso la desolata pianura siberiana tra la neve, per pessime strade, senza neppure il conforto della vodka, che da quelle parti non era buona. In compenso la rivoltella si rivelò pel momento inutile, e gli animali incontrati non erano neanche lupi, ma lepri senza animosità o sospetto. Un incidente nondimeno segui, e fu una terribile collisione di carrozze, tra cui quella di Cehov, con rotolamento di questi e dei bagagli nel mezzo della strada; per fortuna di poca conseguenza. Ché i vari cocchieri poi vociassero è da crederlo; e allora: «Non potete immaginare come mi sentii solo in mezzo a quell'orda selvaggia e bestemmiante... Non sapevo impedirmi di pensare che ero in un altro mondo». Poi cominciò a piovere, e tutta la Siberia divenne una specie di acquitrino; bisognava passare i fiumi col traghetto, e c'era da morire di malinconia, non fosse stato pei tarabusi col loro verso (familiare a Cehov da certi sog111

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