Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

sorge la fobia, appare il congiuntivo, e, per le enunciazioni «teoriche», vengono usate frasi bimembri, coi verbi strettamente correlati in strutture ellittiche - secondo una tendenza dell'Io, descritta da Freud66, ad organizzarsi attraverso una «coazione alla sintesi», a «legare e unire». Questa ipotesi di una relazione fra l'angoscia e la risposta grammaticale delle funzioni verbali - relazione certo non univoca né limitata a una sola procedura d'espressione - può essere giustificata da un'osservazione di F6nagy67 relativa all'espressione di un rapporto causale attraverso una funzione verbale: «L'expression verbale du rapport causal est probablement due à une regression sémantique à l'aide de métaphores grammaticales, c'est-àdire à une conception mythique démotivée». Il verbo transitivo che compare attualmente (ad es. «l'albero getta l'ombra») sostituisce una capacità perduta di pensare il rapporto di causalità (già implicita invece nell'espressione, molto più libera, «l'ombra dell'albero»). Si può forse ipotizzare che in una fase arcaica l'espressione nominale sia stata rigettata a causa dell'angoscia della pensabilità che comportava, che ora è risolta in una sintesi grammaticale, come se la pensabilità fosse stata un trauma assimilabile a quello di trovarsi improvvisamente di fronte alla luce troppo forte (circostanza effettivamente testimoniata da alcune osservazioni paleo-antropologiche), di fronte al quale sarebbe stato necessario predisporre un sistema di schermi. Si potrebbe azzardare che, come i blubatteri impararono a riconvertire il letale ossigeno in uno strumento vitale due miliardi e mezzo d'anni f a68, così gli uomini impararono a regolare la luce - abilità di cui rimarrebbe traccia nel fototropismo, non più letale perché demotivato in strutture logico-grammaticali. Per comprendere come si sia stratificata, nell'uso, la «memoria» delle parole e delle loro grammatiche, è necessario lo studio delle determinazioni storiche delle di89

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