Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

Il piccolo Hans r.ivista di analisi materialistica 57 primavera 1988 Virginia Pinzi Ghisi 5 La psicoanalisi e le _macchie Sergio Pinzi 7 Forme della natura e del soggetto: la «nevrosi di guerra in tempo di pace» e una teoria psicoanalitica dei colori Patrick De Neuter 37 Corpo, linguaggio. Enigmi e equivoci del linguaggio del corpo Paolo Bollini 55 Una lingua di luce Matilde Tortora 97 Visioni Giuliano Gramigna 112 Natura, lettura, litura Manuela Trinci 123 L'occhio, l'occhialino e la vista di Agostino Scilla Antonello La Vergata 147 La distruzione, i carnivori, il male Giulio Barsanti 200 Le immagini della natura nel Settecènto MINUTE Giuliano Pancaldi 225 Natura intricata Darwin e l'origine dei sessi Mario Schiavone 235 L'Origine delle specie e le sue edizioni

Il piccolo Hans rivista di analisi materialistica direttore responsabile: Sergio Finzi comitato di redazione: Contardo Calligaris, Sergio Finzi, Virginia Finzi Ghisi, Giuliano Gramigna, Ermanno Krumm, Mario Spinella, Italo Viola. a questo numero hanno collaborato: Giulio Barsanti, Paolo Bollini, Patrick De Neuter, Sergio Finzi, Virginia Finzi Ghisi, Giuliano Gramigna, Ermanno Krumm, Antonello La Vergata, Giuliano Pancaldi, Mario Schiavone, Mario Spinella, Matilde Tortora, Manuela Trinci, Italo Viola. redazione: Via Nino Bixio 30, 20129 Milano, tel. (02) 2043941 abbonamento annuo 1987 (4 fascicoli): lire 35.000, estero lire 52.500 e.e. postale 33235201 o assegno bancario intestato a Media Presse, Via Nino Bixio 30, 20129 Milano Registrazione: n. 170 del 6-3-87 del Tribunale di Milano Fotocomposizione: News, via Nino Bixio 6, Milano Stampa: Tipolitografia Meina, Carugate (Milano)

La psicoanalisi e le 7?1acchie Come le macchie nel canto secondo del Paradiso di Dante non sono il risultato di una maggiore o minor densità delle parti lunari, così l'apparizione delle macchie in psicoanalisi non è connotata dalla qualità. Che cosa è una macchia? Da questo interrogativo che nasce dal!'analisi dei sogni e dallo studio di casi di nevrosi traumatica e di un tipo particolare di nevrosi che Pinzi chiama «nevrosi di guerra in tempo di pace», siamo introdotti in ciò che collega al mondo della natura il soggetto: «come è una macchia a sancire negli ultimi nati di una specie animale la discendenza dal capostipite, la lotta tra fratelli indica la pertinenza della macchia alla figura del padre primordiale.» Macchie collegano l'inconscio dell'uomo al sistema complicato della reversione, per cui strisce e colori compaiono in un colombo esattamente come nel primo esemplare della specie. Se la perversione utilizza la qualità degli ornamenti e la psicosi ne fa delle insegne, la « nevrosi di guerra in tempo di pace», illustrandoci invece il perché di forme e colori offre alla psicoanalisi una direzione della cura. Forme, colori, luce, guerra, ci mostrano l'affinità di un trombo con un rombo, suono di un ordigno creato dall'uomo e pesce guizzante del mare. L'attenzione al linguaggio non rimane alla superficie di assonanze o nel campo del soggetto umano proprio della dialettica del significante.. 5

Ciò che collega un trombo e un rombo, passa per l'anatomia umana, per l'anatomia animale, attraverso la zoologia e la tecnica delle costruzioni, per ciò che l'uomo costruisce fuori di sé e per i rapporti che queste costruzioni intrattengono con la sua struttura psichica, e infine il linguaggio non è più ciò che differenzia l'uomo dall'animale ma ciò che esplicita i legami che intercorrono tra i due. La patologia dell'uomo rivela una nascosta diversa cultura, una nostalgia cui un sistema di gradazione cerca di porre rimedio, per la forma in virtù della quale tutte le cose «hanno ordine tra loro». Virginia Pinzi Ghisi 6

Forme della natura e del soggetto: la "nevrosi di guerra in tempo di pace" e una teoria psicoanalitica dei colori Questa idea di una continuità, di una identità delle forme della natura e del soggetto mi viene da due fonti. Studiando Darwin mi sono accorto che nel flusso di Variazione, nella trasmutazione delle specie, qualcosa resta immutato, qualcosa accompagna Darwin dal principio alla fine, dai primi abbozzi dell'Origin all'ultimo libro sui lombrichi, qualcosa da cui l'autore si ritrae, come provano i passi da lui soppressi dalle prime edizioni dell'Origin, e che d'altronde continuamente ritrova, riproduce. Tutta l'opera di Darwin scaturisce, come direbbe Lacan, da una «copulazione di significanti». Per due generazioni la D di Darwin si era accoppiata con la W di Wedgwood. Questa ripetizione turbò talmente il nipote di Erasmus Darwin da farlo esitare a lungo davanti all'idea del matrimonio. Ma infine anch'egli si unì alla sua Wedgwood nella persona della cugina Emma. Due brani rendono tuttavia l'idea del «peso» di questo destino coniugale: quello che recita «mille cunei (Wedges) eromperanno» a lacerare la superficie del mondo, e l'altro: «il volto della natura è simile a una superficie percossa da diecimila cunei aguzzi ecc...». È quasi un movimento di stantuffo, un va e vieni, un ciuff-ciuff di spaven7

tosa violenza fallica. Ne ho presentato gli addentellati con la psicosi. 1 La legge della selezione naturale riproduce questo poderoso stantuffo: «selezione ed estinzione procedono dello stesso passo». La forma cuneo divenne così per Darwin veramente «forma della natura e del soggetto». Se a Galileo il mondo era apparso come un libro scritto in caratteri geometrici, per Darwin la natura rivelò in ogni sua forma, in moltissimi dettagli della sua organizzazione, l'impressione di un unico segno, di quel solco che caratterizza una scrittura cuneiforme e cui corrisponde in una scrittura fonetica la lettera V, rudimento cuneiforme, lettera che nel nome Wedgwood è raddoppiata e restituita alla sua natura di forma: V, W, Weélge. La lavorazione dell'insoffribile godimento paterno («la pressione è sempre pronta, semi senza fine sparsi ovunque»), lavorazione assicurata dalla funzione del con, il sesso, ma anche la forma cuneomaterna, corrisponde alla trasformazione del mondo in un vaso vivente, anima! mould, sulla cui superficie colori e forme si combinano a raffigurare la schiera dei pensieri e la schiera dei viventi in un duplice nastro di gradazioni intonate. Il marchio della lettera informò per Darwin la struttura fisica e la forma mentis di tutte le gradazioni della natura, nella gamma che si estende dai Vermi (i Worms, la cui «estremità a.nteriore funziona come un cuneo» e che sanno <deggere»'·l� cifra cuneiforme in un pezzo di «carta da scrivere») all'uomo. La «discesa dell'uomo» è una discesa all'inferno, e Darwin ne fa ritorno con una teoria dei colori. Ancora oggi Darwin viene accusato o semplicemente vissuto per aver sostenuto la parentela dell'uomo con le _ scimmie. Ma non è così. L'uomo è parente dell'uomo, e così strettamente da spingere Darwin ad auspicare, verso la fine della Descent, più approfonditi studi sugli effetti delle nozze fra consanguinei. Ma l'uomo è anche nemico 8

dell'uomo, ed è dalla guerra, dal fenomeno imponente della mobilitazione di un gran numero di persone, fenomeno che dà luogo a misurazioni, registrate e depositate nelle statistiche dei distretti militari, è dal fenomeno di una grande guerra come fu la guerra civile americana, che Darwin, da quel luogo denominato Down, posto in capo a tutte le sue lettere, in cui la sua «vita si svolge come un orologio» e «io- come ne scrive al capitano FitzRoy nell'ottobre 1846- sono fissato sul punto dove la finirò»2, cirripede allo scoglio, «maschio di complemento», embedded nella carne di sua moglie3 , è da qui che spinge giù l'uomo dal vertice su cui si era installato. Il confronto non avviene con la scimmia, in una visione comunque lineare, ascensionale, ma con una scimmia, con un pipistrello, con una foca... Al di là del confronto diretto delle strutture, l'essere umano si scopre simile alle bestie nelle sofferenze: perché prende le stesse malattie (idrofobia, vaiolo, colera, sifilide, herpes...), perché ne guarisce allo stesso modo, con le stesse medicine, con gli stessi ritmi, influenzati dalle fasi lunari; perché le sue ferite sono riparate dagli stessi processi di risanamento, e i monconi che restano dopo un'amputazione posseggono, come negli animali inferiori, un qualche modo di rifarsi. L'uomo dunque è paragonato agli animali, i più vari, non solo le scimmie, in quanto malato, ferito, amputato. E per un certo potere di rigenerazione. Ma questo richiamo alla sofferenza non va nel senso di una storia naturale dell'universale tragedia di vivere, un tema cui tanti psicoanalisti appaiono oggi sensibili una volta buttata a mare la metapsicologia freudiana, bensì nel senso di scoprire e valorizzare un gioco di forme nella «comunanza di struttura» con gli animali. A questo gioco di forme dà accesso una teoria dei residui, una teoria cioè che dai «monconi» che ho nominato prima passa, incrociando il nostro discorso sui residui e la protesi, all'attenzione del tuttp privilegiata che Darwin 9

accorda ai Rudiments. Diversamente da un Bateson che fonda la sua prospettiva ecologica sulla corrispondenza funzionale fra gli organi e l'ambiente, Darwin si cura pochissimo di Organi importanti, principio di attività e di incivilimento nell'adattamento ambientale. Egli si interessa di quegli organi, absolutely useless, assolutamente inutili, che sono gli organi rudimentali, ma nemmeno organi, la denominazione esatta è rudimenti. Se non organi, questi «dettagli» inutili del corpo umano sono forme, la forma per esempio appuntita di una piccola sporgenza che in alcuni soggetti, come scoprì il famoso scultore Woolner, informandone Darwin, si protende fuori da una piega dell'orecchio esterno, vestigia di orecchie un tempo erette e a punta4 • La stessa forma, in cui non stentiamo a riconoscere la forma del cuneo e della V, si ritrova in altri rudimenti come l'appendice vermiforme dell'intestino cieco, soggetta a infiammarsi e a provocare la morte quando vi entrino «corpi duri, come per esempio dei semi», o nei canini, nell'osso coccige, nell'utero biforcato, nella prostata o nelle mammelle dell'uomo, parti queste ultime trasmesse da un sesso all'altro ma spogliate della funzione, ridotte quasi a modelli, schemi formali: tutti «coni», rintracciabili anche nelle forme embrionali di un cane, un pescecane, un pipistrello, un rettile, che mentre documentano una «comunità di discendenza» dell'intera serie animale, ricostruiscono l'effigie del primo progenitore. Vale l'immagine del conio, che è una delle applicazioni, traduzioni del cuneo, con in francese, riferito alla sessualità, conio per le monete e per la maniera della coppia animale-uomo di improntarsi reciprocamente: l'allevatore, dice Darwin, «ha impresso sui propri animali i caratteri della sua intelligenza - dei suoi gusti, del suo giudizio»5 e ogni uomo, aggiunge poi, «porta nella sua conformazione corporea lo stampo indelebile della sua origine bassa»6 . 10

Dopo il contagio e il conio reciproco, la compenetrazione è aggravata dal fenomeno della Reversione, il principio per cui «una struttura smarrita da lunghissimo tempo è chiamata indietro in esistenza» 7 • La reversione avviene quando una struttura è arrestata nel suo sviluppo, ma non nella sua crescita che continua finché viene a rassomigliare a qualche corrispondente struttura in una forma inferiore dello stesso gruppo. Casi di adulti «scimmieschi», ricoperti su tutto il corpo da un manto peloso possono essere attribuiti a un arresto nello sviluppo pilifero nello stadio della cosidetta «lanugo» fetale, accompagnato da una continua crescita. Avendo presente la raccolta di similitudini nell'embrione, ricapitolazione dell'intera storia naturale e ritratto inconsapevole del progenitore di tutte le forme viventi, vero dio inferiore della natura, la reversione. è tanto un passare (upwards) del macaco nell'uomo che un passare (downwards) dell'uomo nel macaco, interpenetrazione di forme che trova, per noi, un corrispondente nella configurazione che Freud diede all'apparato psichico con la conformazione dell'Es. La psiche dell'uomo rivela lo stampo che la natura ha rivelato a Darwin. L'esperienza clinica ce ne dà le modalità di apparizione e il funzionamento. Un mio paziente sogna che è a scuola e che gli viene dato da svolgere un tema. Incomincia a scrivere, ma poi si ferma, indugia a lungo e infine esclama: Basta! rinunciando a proseguire nonostante che il tempo non sia ancora scaduto. Un insegnante fa poi una specie di graduatoria tra i compiti consegnati e il nostro sognatore rimane sorpreso di ritrovarsi terzo. Il primo arrivato lo conosce, è un suo antico compagno di liceo, e se il terzo è lui, chi è il secondo? Quello del secondo è un posto vuoto, un posto vuoto da un chi. Il primo ha svolto un tema sulla guerra partigiana. En11

tra così in gioco il fattore guerra in relazione al quale il paziente si trova nella posizione del «prigioniero» legato al periodo di detenzione di suo padre in un campo di concentramento durante, e dopo, la seconda guerra mondiale. Il terzo posto che il sognatore si assegna marca la sua discendenza in graduatoria dal primo, quello occupato dal padre in guerra, e insieme un distacco, sottolineato dal secondo posto vuoto: il paziente si trova in rapporto alla guerra del padre, ma non è la guerra direttamente la causa della sua nevrosi. Dopo aver raccontato il sogno il paziente si trova a ricordare un'altra esperienza di guerra, un'esperienza narrata in questo caso, come egli ha narrato il suo sogno, e precisamente quella del romanzo di Mario Spinella Lettera da Kupjansk. In particolare evoca la parte finale del romanzo dove appare una fase della guerra talmente inglobante, totale e disperata, da annullare persino il pensiero del ritorno, della casa, dei familiari. Un punto in cui ci si dimentica che si può ritornare. La psicoanalisi ha a che fare con queste cifre, con queste posizioni radicali. La guerra le fa da sfondo e ne costituisce l'elemento invisibile. Io non so che cosa sia una psicoanalisi non marcata dalla guerra, talmente inoltrata in un lungo periodo storico senza conflitti da aver perduto anche le tracce, i «residui» delle ultime guerre. So invece che ora noi abbiamo a che fare con una psicoanalisi segnata dalla guerra, ho scoperto che molte delle difficoltà che sembrano appesantirla, che fanno parlare alcuni di «dipendenza» e di «interminabilità» di un'analisi dipendono invece dal mancato riconoscimento di una specifica sindrome, una figura della clinica della quale, avendola individuata, posso appropriarmi come Freud del sogno: mia la talea, mio lo strato di concime, e una nova species mihi. Ho chiamato questa «nuova forma» della clinica psi12

coanalitica, nevrosi di guerra in tempo di pace8 . È una nevrosi che non colpisce dei combattenti o ex combattenti ma i loro discendenti nati negli ultimi giorni della guerra, o anche molti anni dopo la sua conclusione. Pur essendo lontana nel tempo e staccata dalla drammaticità degli eventi cui si riferisce, questa nevrosi ha la caratteristica davvero singolare di essere una nevrosi traumatica, come se fosse sorta in seguito allo choc di un'esplosione o di un bombardamento. Ma la connotazione più enigmatica dipende dal fatto che questo trauma, che pur appare legato nel modo più stretto a bombe e scoppi di guerra, si rivela in analisi senz'ombra di dubbio come un trauma sessuale. Quarto e fondamentale punto, la semeiotica da cui si riconosce una nevrosi traumatica di guerra in tempo di pace non sono le espressioni linguistiche o comportamentali dei pazienti, i lapsus, le azioni sintomatiche, ma determinati aspetti e vicissitudini della luce e dei colori. L'intensificarsi della luce nei sogni svela il versante della nevrosi di guerra che dà sulla follia, un'inclinazione psicotica, e riguarda l'amore incestuoso per il padre. La· tonalità, una gradazione di colore nei sogni, il confronto fra tinte simili che sfumano l'una nell'altra, concerne invece, sul versante della perversione, il trasporto amoroso per la madre. Scopriamo così come la tinta sessuale di una nevrosi traumatica di guerra deriva da quell'operazione che Freud, parlandone a Fliess, chiamava la «cattura del tema dei genitori»9 , il tema dei partigiani, il tema della guerra, ma anche il tema della loro unione sessuale, unione indicibilmente violenta e scaturigine di quello scandalo della ragione che fa dire a un mio paziente, evidenziando i legami con la paranoia: «Come posso essere figlio di mia madre? Un essere umano non può fare un figlio. Non esiste». Vi è infatti nella procreazione qualcosa di impensabile 13

e di esplosivo. Per primo osò guardarvi Darwin, illuminato dalla lettura di Malthus, e da questo riconoscimento, dal riconoscimento cioè della stretta parentela tra l'atto generativo, la copula, e un'esplosione, uno scoppio di inaudita violenza, guerra e sessualità, trasse i lumi sufficienti a comprendere l'origine delle specie. È così questa nuova forma che ho individuato alla nevrosi, la nevrosi di guerra in tempo di pace, che ci permette di cogliere anche negli altri tipi di nevrosi, una struttura, una «forma», con la quale ricolleghiamo oggi le forme che ci appaiono della psiche all'origine delle specie. La paziente di un giovane psicoanalista che vedo per un controllo e che è ancora in analisi con me gli dice di essere preoccupata perché non è riuscita a fare la pipì prima della seduta. Egli la invita a soffermarsi su questa sua abitudine di «depositare» ogni volta la sua pipì prima di raggiungere il luogo dell'analisi, possibilmente nel bar appena sotto, comunque nelle immediate vicinanze. Si schermisce, naturalmente, affermando di farlo per evitarsi un incomodo e per non trovarsi anche a dover chiedere di andare in bagno. Il suo analista le ricorda tuttavia uno dei primi sogni da lei riferiti. C'era il lettino dell'analisi, che non era però una chaise langue, ma un vero letto, che in mezzo aveva una larga chiazza di urina. In un angolo della stanza due animali lottavano accanitamente. Nel corso delle sue associazioni che la riportano all'infanzia la paziente parla dei suoi violenti litigi con il fra� tello. L'analista la distoglie però da ciò per ricondurla, come mi dice in supervisione, al «corpo», cioè all'insieme di sintomi isterici che hanno accompagnato una sua tumultuosa relazione sessuale con il cognato. In qi.iesto modo egli, che pure aveva notato come il comportamento della paziente si ricollegasse a qualcosa che essa continuava a lasciar fuori dalla sua analisi, la riporta all'usato perdendo di vista che non si tratta qui di 14

«cognati», ma di «fratelli», di qualcosa dunque di più antico e di più radicale: come è una macchia a sancire negli ultimi nati di una specie animale la discendenza dal capostipite, la lotta tra fratelli indica la pertinenza della macchia alla figura del padre primordiale. Ma questa figura, ignorata, il nostro analista la introietta. «Non cedere sul proprio desiderio», con questa massima fissata in testa nella quale crede di riconoscere tutto il succo della lacaniana éthique de la psychanalyse, l'analista non vede neppure la macchia in quanto macchia: la macchia sta per lui per la funzione fisiologica e la funzione per l'insieme delle funzioni fisiologiche, per il «corpo» quindi cui l'analisi sarebbe debitrice di un godimento senza intralci. Come intende a questo punto il suo compito l'analista? In cuor suo egli traduce la formulazione «lasciare la pipì dappertutto» nella formula che la sua paziente usò prima di rinunciare al legame con il cognato: «fare l'amore dappertutto», una formula e un modo di agire che non sembrerebbero, come non lo sembra la formula lacaniana ricordata, e diversamente dalla forma e dal colore di una semplice macchia, essere senza un senso. · Si delinea così una battaglia intorno, per dirla con Merleau Ponty, a senso e non senso in analisi. Egli dice «corpo», io gli dico «macchia» e il Sogno (non il sogno sognato, ma il sogno sognante, a ricalco dell'antica distinzione tra Natura naturata e Natura naturans, di cui dura la funzione finché un'analisi continua a mostrare una peculiarità del luogo della fobia: come nel caso della paziente affascinata dalla continuità del disegno della moquette tra la sala d'aspetto e lo studio nonostante la parete che divide le due stanze, segno di un'obliata continuazione delle forme della Natura nella struttura dellapsiche dell'uomo) e il Sogno sognante, funzione della Natura e dell'Es, dà ragione a me. 15

Il doppio corso del transfert, tra l'analista in formazione e la sua paziente, tra questo analista e me, ha permesso un'evidenziazione: il transfert come supporto del sogno sognante mette in risalto, contro la funzione più fisiologica del sogno, al servizio del bisogno di dormire e a modello di un'attività terapeutica che punta a un risveglio, anche se questo come nella Montagna incantata o nell'Uomo senza qualità, come in gran parte dell'intelligenza europea del '900 a eccezione di Keynes e di Joyce, debba sfociare nella guerra 10, l'altra funzione: più fisiognomica direi, che procede invece, come noi abbiamo fatto qui, dalla guerra, rinuncia all'impiego di quegli choc attenuati di cui è costituita l'interpretazione, per avvalersi invece di un diverso procedimento cui diamo il nome, improntato a Freud, di Regolazione (Regulierung). Sogna dunque, questo analista, che discende verso di lui da uno scalone, una signora che ha perso di vista da moltissimo tempo. Ricorda di averla frequentata in un certo periodo al suo paese nell'Italia Centrale e di averla cercata in seguito per proporle di acquistare un cavallo di cui intendeva sbarazzarsi. Il cavallo aveva ricevuto da lui un nome, in onore dello psicoanalista che aveva affidato la sua originalità all'aver svelato il «campo del godimento», Godimento ne era diventato il nome. Ma la signora aveva declinato l'offerta. Come nella divisione lacaniana tra campo del godimento e campo del soggetto, anche questo sogno è diviso in due campi, in due zone distinte. E dalla parte del soggetto, presso l'analizzante, compare una forma inquietante, un animale, una cosa rugosa, forse un rospo. Il sogno è in qualche modo simmetrico a quello della sua paziente: il fattore fobico degli animali che lottavano in un angolo dello studio, compare qui a fianco del soggetto ancora in analisi, nel posto, il lettino, di quella stessa pozza di urina cancellata da un'interpretazione troppo «sintetica», ignara di ciò che è drammaticamente in gioco non solo nella 16

psicosi ma nei rapporti che intrattengono con questa nevrosi e perversione: non la liberazione dei desideri (i rapporti sessuali della paziente con il cognato), ma la liberazione dal desiderio che guarda al godimento del padre come lo stampo che dà forma a ogni atto della propria vita. Faccia a faccia con questo godimento, è il fondo psicotico che si costituisce nel soggetto, in ogni soggetto, prima dell'età dei quattro anni, e che nella storia del soggetto adulto può continuare a minacciare quella costruzione di difesa dal godimento del padre che è, attraverso la rimozione, la nevrosi. L'urina spegne il fuoco, ma è la stessa «forma», la macchia, nella psiche, al pari di quanto avviene per le macchie, gli ocelli sul corpo degli animali, a dirci di che fuoco si tratti. Il «rospo» del sogno è da un lato la «macchia» senz'altro senso che la funzione di rievocare la presenza, il marchio del padre, dall'altro la presenza dell'animale con la quale riaffiora la funzione di rappresentazione di quanto è avvenuto intorno all'età dei quattro anni, il distacco dal fondamento psicotico con il delinearsi della mappa del «luogo della fobia», contro il premere di quanto nell'uomo resiste a qualsiasi rappresentazione, la Cosa minacciosa che Freud ha chiamato das Ding11 • L'offerta di Godimento rifiutata, in cui si rovescia la sottolineatura del godimento del corpo, vale allora a far prendere alla macchia disconosciuta come Forma un rilievo allucinatorio. E la donna di cui l'analizzante ha sottolineato a due riprese che «è senza un senso», tanto la sua presenza nel sogno gli appariva immotivata, gli richiama un'altra donna, da lui intensamente amata, la quale in seguito a un'operazione chirurgica al seno, era rimasta senza quel «rospo» che egli ora si ritrova accanto, orribile da baciare. Orribile da ingoiare. Qui della macchia come la incontreremo tra poco, ci è 17

mostrata l'origine. Non è ancora una forma e non ha ancora un colore, e d'altra parte è il corrompersi di f orme e colori: il presentimento del deforme, l'ombra di una gravidanza mostruosa, e rispetto ai colori è il tendere di essi al giallo (solare) ma nella modalità di un rosso o di un verde degradati nel giallo verdastro di sostanze, come il siero e la bile, che sembrano scaturire dall'impazzimento, come avviene di una maionese, del liquido seminale. Una macchia che è essenzialmente lo schizzo, lo schizzo che ritorna nel Macbeth, con tante sfumature verdastre, del cervello di un bambino. «Ma c'è ancora una macchia qui.» · Evocando il liquido seminale, l'interpretazione ha sospinto la macchia verso la sua origine fatta di liquidi secretivi, mentre una diversa direzione dell'analisi sposta la macchia sull'animale e da qui la rende disponibile per una elaborazione f o rmale. Per questo è così lungo e difficile f ormare uno psicoanalista. Perché un'analisi, il progresso di un'analisi avviene a spese del fantasma dell'analista ed è da quanto lo psicoanalista cede del suo desiderio che si misura il successo della cura dei suoi pazienti. Un piccolo spavento è spesso il dato elementare, il nucleo, intorno a cui tende a organizzarsi, esistendone le condizioni, una nevrosi traumatica di guerra. Esso funziona come una di quelle macchie sopra un occhio dei cani che essendo, come dice Darwin, stronghly inherited, e correlate ad altri segni ricorrenti, devono riprodurre una marca di colore appartenente al progenitore scomparso12 . Molto tempo prima che incominciassi a svelare qualcosa di queste correlazioni, mi sorprese in due sogni di due diversi pazienti la funzione della macchia in cui sembrava manifestarsi una sorta di engramma psichico darwiniano. In uno un treno, quasi ripetendo all'inverso il film choccante dei fratelli Lumière, entra in una galleria. Sull'impiantito c'è un buco e da questo buco il paziente nota 18

di sotto un cane, un bassotto chiazzato. «Che bello!», pensa e vorrebbe prenderlo ma lo trattiene la paura di essere travolto dal treno. Bassotto gli ricorda Barsotti, una figura rispetto alla quale egli era sotto, in posizione di soggezione e che ora è stato nominato Padre generale di un ordine religioso, un padre al quadrato. Le chiazze portano al padre, ma sono chiazze che il soggetto ha sopra di sé. «Ho sognato - mi dice l'altra paziente - di essere un cane dalmata.» I segni puntano al padre. Ma non perché vi sia qualcosa come una paternità. Darwin è stato spesso accusato di aver posto la selezione naturale, un meccanismo deterministico, in posizione di soggetto, di averla personificata, di averle assegnato una sorta di volontà. Ma in questo sta proprio la sua maggiore profondità, cui si aggancia anche il «segno» dei piccoli choc: il concetto di «discendenza con modificazione» comporta che la linea in cui ci rappresentiamo la nostra venuta al mondo, sia spezzata, tratteggiata e che, nelle sue discontinuità trovi riferimento a un godimento che è disgiunto dalla figura del padre. Rimosso nelle nevrosi, ancorato al fondamento psicotico della soggettività13 , il godimento del padre, che nella psicosi permea di sé tutta l'esperienza 1 4 , si mescola a tratti all'esistenza del nevrotico di guerra: irrompe in sogni traumatici, determina assenze, malumori, depressioni periodiche, decisioni inconsulte, brusche svolte, premonizioni e fenomeni di chiaroveggenza nello stato di veglia. La sera prima ha ricevuto un piccolissimo choc. Completa fiducia e sorpresa ne sono gli elementi («Domani telefoniamo all'amministratore», aveva programmato con la buona intenzione di dare, prima di dormire, un assetto tranquillizzante alle incombenze del giorno dopo, e il marito reagì alzando un poco la voce: «Ma perché parlarne adesso... ». Senonché antivedere è una necessità per il nevrotico di guerra che cerca sempre di sorprendere ciò che lo sorprese). 19

E sogna di essere in chiesa, di dirigersi alla sagrestia dove deve forse servire messa. Qualcuno si stacca da lei e si affaccia al davanti di alcuni confessionali pronunciando una frase come: «Abbeverati alla sorgente della verità.» «Ho l'impressione di usare molte parole per spiegare questo, ma tutto è stato... », stringe le punte delle dita della mano nel gesto che, mentre vorrebbe solo significare un'esigenza di concisione, incappa nella raffigurazione volgare, popolare di uno stringimento degli sfinteri anali che indicherebbe fifa, paura. «A queste parole uno dei preti ha un soprassalto.» Di fatto, tutto ciò che si è collocato tra l'«Abbeverati» e il soprassalto, l'indugio a spiegare e perfino il segno della paura e della concisione, è servito a distanziare l'Abb dal soprassalto: lo choc arriva in ritardo, in un secondo tempo rispetto al trauma. Anche qui il fonema Abb, abbaiare, bau, evoca il luogo della fobia15 con l'animale che vi presenzia, ma invece dell'evidenziarsi di una barriera, il soggetto viene spinto verso la sorgente, il getto, che è il punto di partenza per lui della questione della verità. Nello stesso tempo però il racconto del sogno tende a creare dove non c'era, una dimensione spaziale. Il tipo che ha pronunciato la frase viene ora descritto come un uomo segaligno, con un vestito lungo e stretto. «È come un uomo che diventa donna.» Il commento già ripercorre il trauma, sotto il segno della trasmutazione. La nevrosi traumatica comprende e utilizza il sogno come un'espressione matematica subordina ciò che è chiuso tra parentesi a ragioni di calcolo più complesse, marcate da altre parentesi, quadre, circonflesse. Al nostro sogno è così lasciato il compito di «eseguire» tre pezzi del complesso traumatico, quello che riguarda il getto (il fonema Abb! e la sorgente di acqua che la scelta della forma arcaica indica); e il lasciar passare (ho l'impressione di usare troppe parole, l'intervallo del passaggio del trauma), il penetrare (segnato dalla trasmutazione) oltre lo 20

schermo violato, tre azioni destinate da Freud all'Es e che ritroviamo come «azioni di guerra»16 . L'ABC dell'arco traumatico trova però il suo complemento nel piccolo gesto di stringer le dita, un gesto che si colloca fuori dal sogno, nell'intervallo, presso il racconto che ne viene fatto all'analista, e che raccolto appare della massima importanza: esprime inf a tti il moto di correre ai ripari per legare le energie penetrate che, libere, portano distruzione nell'apparato psichico. Il sogno lavora non solo a ritrovare in analisi il luogo della fobia, ma il passaggio dove è avvenuta la forzatura traumatica (silenziosa, inavvertita), dello spavento o dello scherno. E questo porta a immediato contatto con il proprio fondamento psicotico. È quanto prende il nome di regressione. Sogna di vedere suo padre che esce dal bagno. È in vestaglia e la vestaglia è bagnata, ma in vari punti, come spruzzata. Lo abbraccia e si sente felice di poterlo f are senza timore né turbamento. Si tratta di un'altra nevrotica di guerra che lega alla prima, con l'emergenza del godimento del padre (il getto è sorpresa, scoppio di bomba, ma sempre anche eiaculazione: che la giacca del tipo segaligno questa volta sia di tweed anziché come in altri sogni di principe di Galles, c'entra col fatto che invece che a quadri, questa volta la giacca è puntiforme come i granelli di sabbia del «gettatore»17 ), il_ rischio di non poter sostenere la regressione, di non poter trasformare la regressione in ripresa, in patto che lega stabilmente le energie sciolte. In tutta una serie di sogni regressivi, ha sognato ancora di trovarsi nella casa di sua zia. È nel bagno, in un bagno dove vi sono colonne di alabastro e statue. In piedi sul water c'è un uomo nudo che lei vede da tergo, con un tappo nel sedere. Il pericolo avvertito è che, partendo quel proiettile, lei stessa possa essere evacuata fuori dal suo lavoro, dalla 21

sua vita, scheggia lei stessa che schizza contro tutto ciò che la circonda e l'abbraccia. Ma il vero pericolo è che, percorrendo la via a ritroso della regressione, la nevrosi di guerra, non trovando da colpire all'esterno, lasci partire all'interno dell'organismo i proiettili di una di quelle forme di difficile definizione medica che sembrano tuttavia avere la caratteristica, come ho constatato in diversi casi, di poter provocare spasmi o trombi. Da un altro caso, cui fa da spia dell'appartenenza alla sfera della nevrosi di guerra il primo ricordo infantile di una notte illuminata da fuochi artificiali, fra i quali brillerà la stella della giovane cugina morta in odore di commercio carnale con i tedeschi occupanti, pensata dall'analizzante in modo acritico come coetanea contemporaneamente a sé e alla figlia che ne ha ricevuto il nome (ebraico) e la cui nascita mi viene annunciata con una citazione delle ultime parole di un mio libro: «E una dichiarazione d'amore può far nascere una stella in cielo», c_ on cui si chiude il ritorno ai e dei fuochi artificiali, da quest'altro caso di nevrosi di guerra il sogno seguente che mostra come la regressione non sfoci in conoscenza ma in un orrore che le blocca, regressione e conoscenza. Sogna di scoprire nella propria bocca dei denti cariati. Sono molari della mascella inferiore. Sono neri, li vede con orrore, e molli. Formano una grande macchia nera. Poiché sono molli li strappa con le mani e ne esce anche la parte sottostante. Vede la gengiva rossa e gonfia. Nei denti scorge dei filetti bianchi. Questi la portano a pensare ai vermi, alla morte. Alla bellezza in rapporto alla morte. Il problema con i nevrotici di guerra è che il loro regredire metodicamente in analisi tende a trasformarsi in Reversione. I punti, le macchie, i filetti bianchi che appaiono nei loro sogni manifestano una tendenza simile alle pezzature dei cavalli di tutti i colori, ma specialmente dun-coloured, cioè di tinte smorzate, ricche come vedremo di gradazioni che Darwin minuziosamente descrive in 22

The Variation of Animals and Plants, la tendenza cioè a diventare delle strisce identiche a quelle che dovevano apparire sul mantello di quel singolo, colorato di una miscela di tutte le tinte, dun-coloured dunque, cavallo che ha dato origine alle razze più svariate. Ecco il passaggio dalla macchia al colore. Le «forme della natura» aprono la via alla costruzione di una teoria psicoanalitica dei colori che, vedremo piiì avanti, consentirà una gradation nella stessa cura. Il soggetto dichiara le sue «forme» al pari di un piccione. Nasce un piccione blu e invariabilmente avrà sulle ali e sulla coda le stesse marche nere che contrassegnano il piccione, Col{imba Livia, da cui tutti gli altri discendono18 . La reversione ha le stesse caratteristiche di questa migrazione e mescolanza di tinte da cui può emergere, secondo leggi precise (i punti e le macchie che diventano strisce, le strisce che, lo vedremo, disponendosi in configurazioni ellittiche, danno infine luogo alla forma perfetta dell'ocello), la marca incancellabile del padre. Due miei pazienti, entrambi nevrotici di guerra, fanno sogni di strisce: uno per indossarle, l'altro per smetterle. Sogna il primo che arrivano gli extraterrestri. Esce dal luogo dòve si trova e vede un paesaggio fantastico. Si potrebbe dire un deserto con delle buche e delle strisce trasversali. Tra due alberi passa un veicolo... ed egli stesso passa a ricevere, come tra due rulli, come in risposta alla morte recente del padre, la stampa dei caratteri reversivi del paesaggio. « Un sogno di camicie» è invece quello dell'altro che ancora è alle prese con una ipnosi paterna che gli fa avvertire oggi intorno al collo la stessa sensazione che deve aver provato quando da piccolo riceveva nel lettino dove veniva abbandonato dopo il bombardamento il colaticcio del biberon di acqua e zucchero. Nel sogno dunque indossa una sua vecchia camicia di lino e si accorge che ha il colletto logoro. Formula allora il pensiero che gli piacerebbe una camicia a righe, una di quelle ca23

micie che sono alla moda. Poi però dice, ma no, perché seguire la moda, ne ho tante. E lascia cadere la cosa. I due fanno i conti con la reversione. Uno ne è affascinato, l'altro, al termine della sua analisi, ci sta rinunciando. La distinzione, la differenza fra i sessi, perde importanza nelle nevrosi traumatiche di guerra, è sostituita dal dono dei colori che, come negli uccelli, possono addensarsi tutti sul maschio o riversarsi anche sulla femmina, che possono sottolineare differenze che simulano addirittura l'appartenenza a specie diverse o somiglianze che portano alla confusione nell'identità: al gioco dei sessi si sostituisce un gioco di colori, di differenze e variazioni cromatiche. Colori mescolano i sessi, migrano addensando e rarefacendo la tinta a formare, come negli ocelli delle farfalle e dei fagiani, una forma perfetta per la quale Darwin impegna il nome di Raffaello19 • La natura dipinge, e dipinge usando la tecnica surrealista del cadavere squisito: come se da una selezione casuale di rozze spennellate date da una lunga serie di giovani pittori per niente ispirati a tratteggiare una figura umana potesse uscire il volto perfetto di una Madonna. L'inconscio è diviso in istanze psichiche separate, ma la luce le attraversa, i colori si mescolano: un apparato psichico funzionante a barriere (barriere freudiane di contatto, barriere della fobia) sembra subire una trasmutazione che, esaltando affinitàe somiglianze con gli animali induce una regressione che porta l'Eros a entrare fin nella morte. E questo è il funzionamento dell'Es. L'esempiodellapitturamostranelpiccolo sogno seguente il legame fra l'attivitàdi dipingere, i colori, e il padre. Per diventare pittore, l'artista deve in qualche modo attraversare il terreno di una sua nevrosi traumatica di guerra, e lo fa prendendo a prestito simulacri di perversione. Sogna un piccolo ascensore (che le fa ricordare un sogno precedente di un grande ascensore). Lei deve andare a mettere la sua firma in fondo a dei quadri che ha vendu24

to. Ma a un tratto si ritrova in un universo immobile come se appartenesse agli antichi romani. Ci sono delle statue. Le viene in mente suo padre, già insegnante di storia, ora vecchio e paralizzato. La scelta del «piccolo»20 e l'orientarsi a scrivere il proprio nome, viene strattonato dalla attrazione incestuosa verso il padre. L'utilizzazione tecnica di elementi della perversione blocca qui nella rigidità della statua l'impeto regressivo che trascinerebbe uno psicotico in tutta una sequenza di metamorfosi animali indotte da un amore più forte della morte. In un caso di isteria traumatica insorta con ogni probabilità in seguito a un'effettiva seduzione sessuale da parte del genitore, è col linguaggio della pittura e della guerra che un'altra paziente, di cui mi fu portata l'analisi in supervisione, scrive, alla conclusione del suo breve trattamento, il nome dell'autore di quell'opera, in un certo senso raffaellesca, per grazia leggera e intangibile, per trasfigurazione e paura, che lei stessa, la paziente traumatizzata, è divenuta. Ha avuto un aborto che l'ha lasciata molto scossa. Era rimasta incinta in seguito a un incontro con qualcuno che non era il suo fidanzato. Il fidanzato e la madre hanno fatto forti pressioni perché interrompesse la gravidanza. Il padre si dichiarò invece disposto a «tenerle» il bambino. Ha angosce, sudorazioni, paura di morire. Si fa vedere da molti medici perché teme una malattia cardiaca. I suoi sogni hanno come caratteristica, rilevata dal suo terapeuta, di non terminare. Penso che riproducano nella loro forma l'interruzione della maternità. Sono sogni traumatici. Il loro contenuto è di una sconcertante leggerezza. Sogna di specchiarsi, di andare a feste, di flirtare... In un certo senso rispecchiano la sua vita che è dominata dal desiderio di piacere, di sedurre, di fare l'amore con molti partners. A differenza dell'isteria che influisce su un funzionamento di organi, la nevrosi traumatica in 25

quanto espressione dell'Es aggrega e disgrega forme. I suoi sintomi sembrano migliorare; ha ripreso a lavorare senza troppi problemi,quando dopo due sogni la terapia è interrotta bruscamente dall'intervento del padre. Nel primo era a letto con un attore di una certa età, «come Lionello, ma - precisa - non Oreste, Alberto». Prova una grande angoscia perché è presente sua madre che la osserva. Come Clitennestra evoca il riscatto del padre e l'uccisione della madre. Il secondo sogno è un ritratto, il ritratto di Hitler formato con delle rose. Qualcosa che ricorda l'arroseur arrosé, il bagnatore bagnato: lui ha fatto di lei una rosa equesta rosa ne diventa il ritratto. «Sta per spuntare il sole. » Nel racconto dei sogni di solito le prime parole sono indicazioni spaziali. Eroqui, andavamo là. L'inizio diquest'altro sogno apre a una specie di rievocazione del nazismo, in cui appare, nell'ambito di una congiura e di scene orgiastiche, anche una messa con passatoia rossa attribuita alla benedizione di una guerra, ma anche evidentemente a un matrimonio, e un bagno azzurro (da notare qui i colori antitetici); questa frase «sta per spuntare il sole», che viene sussurrata all'orecchio della sognatrice (la stessa del sogno dell'«Abbeverati ! ») le dà, nel sogno, la chiave per capire che la congiura sta per esplodere e anche chi ne è il capo. Schematizzando un po' potremmo dire che l'abituale indicazione spaziale segnala dei sogni provenienti dall'Inconscio visto «nell'apparato psichico» che come sappiamo è esteso, orientato, ecc.21 . Quando la prima parola invece è riferita come qui alla luminosità, all'intensità luminosa, allora un sogno traumatico, forse un sogno traumatico di guerra, che mette in gioco l'Es, sta per accadere. Il sogno di una bambina diquattro anni raccontato dalla sua mamma entra a far parte dell'analisi diquest'ultima che riesce a proteggersi da ciò che dalla guerra ancora 26

la minaccia solo ponendo se stessa a salvaguardia di un'altra creatura minacciata. «C'era un gran sole e dove gettava la sua luce, quando la sua luce si posava su un bambino, il sole lo divorava. Poi c'era un carretto che raccoglieva i bambini da portare al sole.» Sono sogni che fanno rabbrividire. «Brrr... », commentava Freud certi sogni che gli capitava di fare con dentro sua figlia Anna. Lo stesso paziente che abbiamo incontrato desideroso di prendere il bassotto pezzato sotto il pavimento (riferimento alla tomba fresca del padre), e immerso in un paesaggio striato, sogna di fare un gioco che definisce del «tutto o niente»: deve mettere in fila una serie di bottiglie colorate indovinando il posto giusto in relazione al colore. Si tratta di uno di quei giochi di gradazione che appassionano molti bambini e in cui ritrovo il modello dell'uso della gradazione cromatica nei sogni. Un culmine e una serie indefinita di punti per avvicinarvisi sono contemporaneamente messi in gioco nella sfida a classificare ogni sorta di oggetti in una scala di merito che punta al «massimo» e insieme se ne tiene, sempre un po' meno, lontano. In una forte immagine simbolica, il nevrotico di guerra è fermo su una scala, paralizzato dal timore o incapace di intendere un comando, ma la scala è una scala mobile. La luminosità che abbiamo visto nel precedente sogno di un bambino, nel sogno che stiamo per vedere di un adulto, viene scomposta, diventa gradazione. «Sogno che mi trovo in una stanza, una grande sala aperta, molto luminosa.» La grande sala, come il Grande Vano Unico, spesso ottenuto nei sogni abolendo corridoi e anticamere, traduce l'intensità luminosa nel suo equivalente spaziale: ciò di cui si tratta in ogni caso, in altezza (l'ascensore) come in ampiezza è di innalzare e ingrandi27

re il piccolo per portarlo faccia a faccia con il godimento del padre. «Sogno che mia moglie è al telefono e parla di un vestito che tiene in mano, con le maniche corte, di colore rosa o lilla. Entra il Signor Pavus accompagnato da qualcun altro (forse i suoi figli): è pallidissimo, ha la pelle liscia, rasata di fresco ma si vedono i puntini scuri della barba. Dice che prima di tutto bisogna che vada a far colazione. Io intervengo a questo punto proponendo di accompagnarlo.» Si tratta della stessa «colazione» del sogno di prima, del sole che divora i bambini. Pavus commercia in ceramiche (cfr. il rapporto: padre/ceramiche/perversione) e la creta richiama il luogo a Milano22 in cui un folle violentò e straziò un bambino, strappandogli a morsi i genitali. Posto che il padre - pallidissimo - è evidentemente morto, la paura (Pavus) di esserne divorati (anche qui è con i puntini la figura del gettatore) è vinta dalla coincidenza di diventare lui (accompagnarlo a colazione), con i diritti (coniugali) che ne conseguono. Con l'apparizione della propria moglie in rosa o lilla, l'intensificazione luminosa ha trasfigurato l'Inc in Es, in un clima che la delicata gradazione dei colori mostrati (rosa o lilla) mi fareb-. be definire traumatico. Anche in sogni normali per così dire, come il prossimo di un mio paziente il cui padre fu partigiano, la relazione con il padre è registrata da una scala cromatica. Sogna un bambino che era immobile, paralizzato. «Era un bambino di sette anni ed era così perché suo padre era morto. Diventava magro. Il volto smagriva repentinamente e prendeva la colorazione del volto di mio padre, pallidissimo sul letto di morte. Il sogno riguardava questa colorazione.» Ricorda di essere stato colpito dal colore del volto del padre morto, in confronto con quello, molto colorito, 28

di una foto da giovane, in moto. Osserva stupito che c'è una differenza di vent'anni: suo padre è morto vent'anni dopo l'età del bambino in sogno, quando egli stesso, non più bambino, aveva appunto ventisette anni. Sono emersi sin qui diversi aspetti della gradazione. Per Darwin, gradation non è la gradualità dell'evoluzionismo sociale. Vedremo anzi più avanti come la gradazione proceda, conoscitivamente e nella realtà, a rovescio, come già il titolo di «Discesa dell'uomo» lascia intravedere. L'aspetto che ora ci interessa sottolineare è l'accezione coloristica del termine gradation, che significa sfumatura di colore, accezione che è da ricollegarsi al modo in cui Darwin, come mostrai in Il posto dell'Origine nel riconoscimento della psicosi, ebbe a concepire la sua rivoluzione scientifica, come invenzione di una «teoria della luce». La gradazione è da ricollegare proprio alle trasmutazioni della luce, in particolare, primo aspetto, in rapporto allo sviluppo fotografico, al trapasso dal negativo al positivo: ciò che appare nel formarsi delle configurazioni naturali (passaggio da animale a animale, da animale a uomo, da rose a Hitler) è la perversione che vira al terribile. Hitler in questo senso, nel ritratto che abbiamo visto, è l'arcimboldo che combina, nel suo volto rosato, albe e massacri. Lo studio sull'uomo di Darwin culmina in uno studio delle «leggi della colorazione». «Colouring follows laws», aveva scritto in Variation ofAnimals and Plants. La gradazione luminosa è il secondo aspetto della gradazione, che domina The Origin of Species, by means ofNatural Selection. Mentre prende il sopravvento in The Descent of Man, and Selection in relation to Sex, il terzo aspetto, la gradazione dei colori. La gradazione è un fatto di sfumature come nell'accennata analisi del termine dun-coloured che «include tre gruppi di colore, cioè quello tra il color crema e il bruno rossastro che gradua nel baio luminoso (baio luce: lightbay) o nel sauro chiaro (light-chesnut) - questo spesso 29

chiamato fulvo-dun; in secondo luogo color piombo o ardesia, che gradua in color cenere; e, infine, il dun scuro (dark), tra bruno e nero.»23 Ma per gradazione si intende anche, l'abbiamo visto, un quarto aspetto: la tendenza dei punti a formare più ampie macchie, e delle macchie a disporsi in strisce che, opportunamente distribuite, sul corpo del cavallo, lo marcano come reversione del Padre morto. A questo punto, nella struttura dell'Es l'articolazione Io, Es, Super-Io, mostra il suo funzionamento. Assumo la Reversione del Padre morto come definizione del Super-io. ·n soggetto fa propri gli ideali, i colori del padre, ne assume le insegne, le macchie, le strisce, le bandiere. L'Io, il sedimento di passati investimenti oggettuali, si identifica, lo abbiamo visto, agli oggetti di amore e di odio del padre. I baffetti del suo idolo si spostano sul volto della donna amata. Ma c'è un terzo caso in cui non il soggetto si identifica al padre, ma il Padre si ribalta nel soggetto: nell'Es, sedimento delle immagini arcaiche, dei volti degli antenati, riconosciamo il depositarsi dei lineamenti del volto, caricaturato, del padre. I foulard, i calzini, il fazzoletto nel taschino sono gli accessori che lo psicotico sottolinea nel padre, come fonte del suo scherno. Sono accessori, ma legati al godimento sessuale con un'annotazione irrisoria: il foulard «da play boy anni '60». Del resto, nella forma stessa disegnata da Freud per raffigurare l'Io-Es, il «berretto acustico» su cui ci siamo soffermati, l'averlo così definito, è il segnale che per Freud quel disegno rappresentava una faccia, e come allora non vedere nel berretto, messo a sghimbescio, la riproduzione dell'altro berretto, quello che, colpito e fatto volar via da un passante che l'incrociava, era stato oggetto dell'umiliazione del padre, oggetto consegnato a Freud bambino dal racconto che il padre stesso gliene fece? 30

Questo disegno caricaturato che troviamo al fondo della definizione dell'Es, per lo psicotico è colorato: i calzini rossi, il volto scuro o pallido, le penne verdi e blu. L'eredità paterna, la sua luce, ma temperata (la luce intervallata di To the Lighthouse, le abat-jour, lo splendore smorzato della bellezza della Signora Ramsay, i cui pensieri sono «cunei d'ombra» che intercalano i raggi del faro) appartengono alla possibilità che il soggetto ha di strutturarsi: ciò che dell'Es viene ritagliato a essere Misura nella gradazione (e in questo risiede in fondo la differenza di Darwin da Chambers e le sue vestigia della creazione o da Geoffroy Saint-Hilaire e la sua passione delle anomalie: nell'affrontare la gradazione con metodo scientifico, il medesimo che distinse Galileo da Paracelso o da Cardano). Presenterò ora due sogni fatti da una nevrotica di guerra che mi ha parlato dell'analisi fatta in precedenza lasciata per la resa del suo psicoanalista di fronte ai segni di sofferenza fisica che ne accompagnavano i progressi. Come si vedrà la gradazione dei colori è ciò che rimane di un ordine, di una domanda di regolazione, nel disordine del movimento agitato, intensificato, che pare suscitare e travolgere di continuo le barriere della fobia. Nel primo che chiamerò il sogno di Cenerentola (e chissà che il color cenere di questo nome non stia dietro, a consentire il sogno che si esprime in tinte tanto più accese: allo stesso scopo Marco, il bambino di cui parlai in Misurazione, calco e originale, dopo aver dipinto di violetto e di rosa, la casa del suo disegno preferito, respinse il celeste che gli veniva offerto per colorare il cielo e preferì il grigio). «Si doveva andare a una festa e c'ero io e una mia sorellastra. Questa sorellastra apriva un armadio e veniva attratta da un vestito che avevo, blu scuro da cavallerizza. Dice: "Lo metto per _an31

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