Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

e un solo oggetto diretto; e, inoltre, l'osservazione che i verbi da cui derivano le forme considerate hanno funzioni grammaticalmente diverse (rispettivamente: copulativa, . fraseologica, transitiva), senza che queste corrispondano poi all'effettivo uso che troviamo nei versi. Se ne può concludere che lo spazio nel quale si compie questo «esperimento del soggetto» è tutto costruito per variazioni, o regolazioni, che richiamano le lacune e le macchie (per es. anche nelle incongruenze grammaticali, o effetti ellittici di «credo che-fanno», di «n'appar (da laggiù) qua sù diverso» o di «rari e densi»), o che richiamano la ricerca e l'orientamento, se guardiamo alle variazioni delle funzioni grammaticali-spaziali come a tentativi, quasi tattili, di ritrovamento. b) Nel caso del III canto il luogo dove si concentra lo sforzo del vedere è probabilmente il famoso paragone dei vv. 10-18, ma abbiamo scelto due versi del primo intervento di Piccarda, perché è proprio il momento in cui l'immagine - che abbiamo assimilato a un'allucinazione ipnagogica - si confronta con la dimensione della verbalizzazione, parlando della propria sussistenza. Piccarda accoglie Dante con la metafora carità/porta aperta e con il richiamo al principio della somiglianza, e subito la disponibilità interiore e la somiglianza sono gli elementi di cui si serve per sollecitare la memoria di Dante, che la conobbe in vita: e se la mente tua ben sé riguarda, non mi ti celerà l'esser più bella (III, 48-49)51 I verbi: qui la situazione appare meno complessa che nel caso precedente. Anche qui «celerà» è un futuro anomalo: non dà un'informazione relativa al futuro, ma è riferito alla situazione della sorpresa presente, nella quale Dante viene invitato a trasportarsi - uno spazio dove si 82

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