Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

universale-così come nella permeabilità logica di bianco e trasparente nella visione delle «più facce a parlar pronte». Così anche l'esempio di Dante che smette di tacere, e domanda come possa essere «articolato» il patto con Dio stabilito nel voto: Beatrice s'infiamma, e rimanda la «comunicazione» al canto V, provocando da ultimo in Dante un episodio di abreazione: «mia virtude diè le reni, I e quasi mi perdei con li occhi chini». La conferma dell'interesse di una lettura dei canti II, III e IV condotta attraverso i tre modi di produzione espressivi indicati da Hermann potrebbe essere data solo da un'analisi rigorosa di un complesso di materiali molto vasto, e che nell'analisi dei diversi livelli d'organizzazione del testo tenesse presente lo stratificarsi di diverse funzioni anche nello stesso dato; rischiando anche che le ipotesi interpretative apparissero contraddittorie o indeterminate per esser state attirate nel vortice della compossibilità. È estremamente difficile, quindi, predisporre un'analisi testuale adeguata a queste esigenze: ci limiteremo perciò a vedere come determinati nessi grammaticali, i verbi, reagiscono nei momenti più significativi dello svolgimento logico che abbiamo indicato, in particolar modo nei luoghi dei tre canti nei quali emerge una risposta formale all'angoscia, che nei tre casi appare con funzioni diverse in quanto legata a qualità diverse del nonsapere. Nel primo caso: l'esperimento scientifico, proposto da Beatrice come luogo dell'esercizio-produttore di senso ulteriore-di libertà e necessità, un libero fare da sé da parte di chi non sa, e che scopre la legge obiettiva superiore della natura (operazione della sensibilità e causa efficiente); nel secondo caso: il prendere la parola da parte dell'allucinazione ipnagogica, chiamata Piccarda, e la sollecitazione produttrice di senso che sta fra tranquillità e angoscia, fra il vedere e il non capire (prendere consisten75

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