Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

estraneo a quella intuitio mystica. Il punto di vista delle cause, ruotanti una dentro l'altra come cieli aristotelici, lascia intravvedere il sistema dei movimenti del pensiero, la trasmissione e gli effetti di trascinamento, spesso compresenti e dinamicamente stratificati in una sola immagine o parola, nell'intreccio di metodo di ricerca, moventi vitali e motivi letterari. Mantenere un simile punto di vista può dimostrarsi utile nella lettura dei passi nei quali la sensibilità, la lingua e la luce danno luogo a originali intrecci dinamici. Un esempio della funzione strutturante della luce, e che è anche il primo grande esempio di Volgare Illustre in movimento, è il cielo della Luna come viene rappresentato nei primi canti del Paradiso. È il momento di una doppia crisi: dalla parte della luce la difficoltà dell'«indiarsi» della vista; dalla parte del Volgare Illustre la difficoltà dell'«indiarsi» della lingua, che affronta il paradiso senza essere la Grammatica forma-universale che Dante aveva pensato di teorizzare. È una doppia insufficienza che richiede all'autore-pellegrino una complessa elaborazione, che si estende per quattro canti, e che comporta la discussione di diversi «errori» decisivi, che occorre saper vedere nella loro relazione reciproca. Anzitutto l'esplicito «errore filosofico »: ritenere, con gli averroisti, che le macchie lunari siano dovute a una causa materiale, o efficiente, mentre invece esse dipendono dalla luce come causa formale, o finale. Questo comporta anche un «errore della vista», il vedere delle macchie, mentre invece, nel movimento che porta Dante fin lì, si vede che sono dei segni (divini). Ma la Luna non è solo un «locus» filosofico- il primo dell'ascesa alla Teologia-; è anche un «locus» linguistico. Difatti Dante, proprio nel passo del Convivio in cui aveva sostenuto la tesi delle macchie, aveva anche identificato la Luna colla Grammatica: 67

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