Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

duando nel Codice giustinianeo la fonte dell'espressione cruciale «Nomina sunt consequentia rerum» di Vita Nova, XIII, 422 • È uno «studio» nel quale le scelte teoriche appaiono orientate dalla discriminante dell'esperienza, soprattutto visiva. Nel primo caso (discussione presso la scientia sermocinalis) le promesse di un'escatologia «interpretativa» per il recupero «intellettuale» della lingua adamitica (cioè una teoria del linguaggio che si fonda solo su una filosofia, quella del «continuo sguardare» averroista dell'intelletto) vengono abbandonate in favore delle possibilità esegetiche della lingua naturale, poiché il «riguardare discontinuato» dell'intelletto23 è tanto più in grado di vedere e scoprire la realtà dal punto di vista della sua discontinuità sensibile. Nel secondo caso, attraverso la semantica giuridica si afferma la necessità di una considerazione sociale e materiale, di una osservazione allargata dei fatti umani mutevoli e instabilissimi, dei quali è specchio la lingua. Amici, pane, volgare; politica come raggiungimento universale; materialità e teoresi, estensione dell'esperienza: c'è qualcosa di Galileo in questo arrivare infine a vedere nei cieli le stesse leggi naturali della Terra: «la circulazione del cielo, che è del mondo governo; lo quale è quasi una ordinata civilitade, intesa ne la speculazione de li motori» (Conv., II, IV). Queste leggi sono quelle della luce realizzata nelle somiglianze, intensive perfetta come forma della conoscenza. In questa procedura di pensiero c'è anche qualcosa di Descartes, il quale nella sua opera Il Mondo o Trattato della luce costruisce egli stesso un universo per ipotesi (cap. VI)24, che somiglia, infine, a quello sensibile (cap. XV)25, ma che scopre questa somiglianza «speculativa», di superiore valore teorico, solo dopo aver stabilito (cap. I) una critica preliminare della somiglianza - quella che appare ovvia al senso comune e ai filosofi. Soprattutto notevole è 62

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