Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

ne di Dante il volgare comincia di qui ad ascendere i gradi delle cause: quanto alle due «perfezioni» dell'uomo - «la prima lo fa essere, la seconda lo fa essere buono» - «la propria loquela m'è stata cagione de l'una e de l'altra» (Conv., I, XIII). Il volgare, dice Dante, è stato infatti una delle «cagioni efficienti» - e «massima de l'altre» - della sua vita e della sua scienza18 • Universalità ed esperienza: viene in primo piano l'esempio dell'uomo Dante, ciò che significativamente prelude all'iperbato /Dante protagonista/ nella Commedia. Così egli è certo del proprio impegno personale, perché il volgare «è stato meco d'uno medesimo studio», «questo medesimo studio è stato il mio», «uno medesimo studio è stato il suo e il mio». L'identificazione di un «lavoro» del volgare e la coincidenza di questo col proprio, nell'allusione al percorso delle cause, dà all'impegno di Dante una dimensione dinamica, viva come un'esperienza, ma certa come un apriori. Questa concentrazione di movimenti introduce al tema della luce·, col quale termina, subito di seguito, il primo trattato del Convivio: «Questo sarà quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soperchieranno le sporte piene. Questa sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l'usato tramonterà, e darà lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade per lo usato sole a loro non luce»19 • Non si tratta ancora certo del «pan delli angeli»20 , e così anche la luce del volgare è solo un'indicazione, e non ancora il suo principio (causa formale e finale). Causa formale (beneplacito). Per trovare il proprio concetto, questa idea di lingua viene discussa, più o meno esplicitamente21 , nell'ambito della formalizzazione totalizzante della scientia sermocinalis, e, soprattutto importante, nell'ambito della semantica giuridica - come p.es. ha mostrato Nardi, indivi61

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