Dante a quasi identificarsi con le teorie (averroistiche) dei logici modisti1° è attirato anzitutto dal carattere sistematico della loro ricerca. Nel principio dell'autonomia della grammatica Dante non vedeva genericamente un «progresso» scientifico, ma lo statuto di istanza surdeterminante dell'oggetto lingua, la sua vocazione alla totalità. Ne è prova il percorso delle coincidenze salienti con le opere dei modisti e dei loro continuatori bolognesi (la distinzione degli inventores gramatice e dei positores; la definizione di grammatica come «quedam inalterabilis locutionis ydemptitas»; la tripartizione degli ydiomata e le possibilità generative delle singole grammatiche storiche come habitus animae; l'arbitrarietà del signum ecc.), ma anche la serie delle divergenze (la definizione del signum come «sensuale»; la considerazione di linguaggi non verbali; e soprattutto il rilievo dato all'amore come istanza mistica, che apre una nuova dimensione alla pensabilità grammaticale)11• Ma i concetti linguistici appaiono investiti da una passione di ricerca che li sposta dal loro contesto disciplinare originale e li avvia a una trasformazione. In particolare l'amore, motivo o movente dell'ispirazione della poesia, comincia ad agire più immediatamente su di essa. Già la canzone «Le dolci rime d'amor ch'io solia»» (Conv., IV) con la sua scelta della «rima aspra e sottile» (v. 14) in rapporto al nuovo argomento - indica la consapevolezza che ad una variazione nell'ambito dell'amore deve corrispondere una variazione in ambito linguistico, e la consapevolezza che la poesia deve costituirsi a partire dai suo fine (espressivo), in quanto orientata da quello. Poi l'amore esce dall'ambito metaforico e diviene, nella Commedia, un'esperienza strutturante del pensiero, poiché, per riprendere i termini di uno studio di Hermann12 , esso dà luogo a uno spazio più ampio, spiegato - e che molte conferme, nel poema, consentono di definire «pseudosferico» -; e contemporaneamente esso diventa il fine58
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