Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

peuti. Non solo, del resto, all'ultimo sangue, ma anche in forza di relazioni e di scritti che, paradossalmente, devono pur utilizzare quella lingua che non sarebbe, a sentir loro, che un epifenomeno secondario e mentitore: la lingua della parola, la lingua grazie alla quale possiamo nominare le cose. Per ciò che concerne l'affermazione sul carattere ambiguo, menzognero, enigmatico, ingannevole--:-in breve, del tutto insoddisfacente - del linguaggio verbale, gli psicoanalisti sono interamente d'accordo con questi nuovi terapeuti. Del resto, non è ciò che viene detto che lo psicoanalista ascolta, ma, al contrario, i vuoti della parola, i suoi inciampi, le parole che si dicono allorché se ne vorrebbero dire altre, come pure le parole che vengono dimenticate, e infine i silenzi, sempre così colmi di parole che si vorrebbero dire. Il linguaggio, quindi, inganna, e il primo a essere ingannato è colui che parla: egli dice, infatti, più di quanto crede di dire. Le parole tradiscono sempre; chi non ne ha fatto l'esperienza? Ed è proprio questa la ragione per cui parlare può essere fonte di tanta angoscia. Riguardo al carattere del tutto insoddisfacente del linguaggio verbale, gli psicoanalisti sono dunque pronti a «intendersi» con i nuovi terapeuti. Tuttavia non possono seguirli quando essi affermano che il linguaggio del corpo sarebbe più vero e meno ingannevole di quello della parola. Si tratta di affermazioni che dovrebbero anzitutto trovare l'opposizione di chiunque abbia potuto constatare in quale diversa maniera sia stato interpretato dalle diverse persone del proprio ambiente, questo o quello dei suoi gesti, questo o quell'aspetto della sua mimica. L'affermazione del primato del linguaggio corporeo dovrebbe inoltre sbalordire chiunque abbia tentato di comprendere la trama di un film sul proprio schermo televisivo diventato muto. Il linguaggio del corpo è anch'esso, come quello verbale, gravido di eni48

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