Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

sogni cattivi? I Tanto curante della specie essa sembra,/ tanto incurante dell'individuo, / che io, considerando per ogni dove I l'ascoso senso delle azioni di lei / e trovando che di cinquanta semi/ essa ne porta sovente uno soltanto allo sviluppo,/ vacillo, dove il mio passo era sicuro, I e cadendo col mio peso di cure/ sui gradi d'altare dell'universo/ che salgono nelle tenebre su a Dio,/ distendo le braccia monche di fede e brancolo/ e raccolgo polvere e pula e invoco/ quel che sento essere il Signore di tutto/ e timidamente credo alla più ampia speranza./ Tanto curante della specie? ah no!/ Dalle dirupate balze e dai blocchi di pietra/ ella grida: Infinite specie sono scomparse; I di nulla mi curo, tutto scomparirà. / Tu fai appello a me: / io meno alla vita, io meno alla morte; I lo spirito non è se non fiato: I io non so altro. E l'uomo, / l'uomo, l'ultima opera di lei, che apparì così bella,/ con tale splendida meta negli occhi,/ che sciolse salmi ai cieli ventosi,/ che templi costruì di sterile preghiera,/ che credette Dio essere amore/ e l'amore la legge finale del creato/ benchè la Natura, rossa nei denti e negli artigli,/ con la sua preda gridasse contro l'umana credenza/ che amò, che sofferse indicibili mali, I che combatté per il Vero e per il Giusto,/ l'uomo sarà disperso come polvere nel deserto/ o sigillato come un fossile dentro al ferrigno sasso?/ E nulla più? Allora l'uomo è un mostro, una irrealtà,/ una dissonanza. I sauri della prima età/ divorantisi l'un l'altro nel loro limo/ furono una dolce armonia in paragone all'uomo. (A. Tennyson, In memoriam [1850], LIV-LV; tr. it. di U. Norsa, Lanciano, Carabba, 1920). 15 Si ritrova, ad esempio, quasi con le stesse parole, in The testimony ofnature and revelation to the being perfections, and government ofGod (1833) di Hemy Fergus, alle pp. 299-302, e, prima ancora, e in una versione particolarmente ottimista, nella Natural theology (1802) di William Paley (pp. 508-509), oltre che in numerose altre opere. 16 L'impossibilità dell'immortalità alla luce del principio di pienezza è un altro luogo comune. Ecco, per esempio, che cosa scrive Smellie in proposito: «Se l'esistenza degl'individui fosse eterna o fosse dieci volte più lunga del periodo ora stabilito, sarebbe negata la vita a miriadi di esseri che attualmente godono la loro piccola parte di felicità» (Smellie 1790, p. 309). Dell'equazione vita-felicità abbiamo già detto. 17 Vale la pena di sottolineare il vischioso antropocentrismo estetico che informa questo ragionamento e tutti gli altri simili in cui si privilegia l'importanza della specie rispetto a quella dell'individuo. Alla domanda perché un animale debba morire di morte violenta non è vera risposta dire: perché così un altro può spassarsela al suo posto (finché non gli tocca la stessa sorte). Se questo non vale per gli uomini, non può valere per gli animali: o si deve auspicare un'eutanasia per tutti i derelitti che non hanno fede in Dio e non sono consolati delle loro miserie dalla carità di parenti o conoscenti? È lecito controbattere un argomento antropomorfico mascherato estendendolo esplicitamente all'uomo e mostrando le assurdità che ne derivano. Pochi ragionamenti sugli animali sono più «inumani» di questo (le implicazioni per l'uomo giustificano l'uso dell'aggettivo). Si tratta di un ragionamento, insomma, che non consola né il cane né il suo padrone. Né le cose migliorano se si afferma che la vita di un animale, per quanto breve, è un godimento (gratification) ininterrotto e che quindi il dolore istantaneo di una mor191

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