Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

NOTE 1 Un secondo volume della Philosophy of natural history fu pubblicato postumo nel 1799 dal figlio di Smellie, Alexander. 2 «Poor book» si legge sulla penultima di copertina. La copia di Darwin si trova nella Manuscripts Room della University Library di Cambridge. Ringrazio Mr. P.J. Gautrey di avermi consentito di usarla e citarla. 3 In questo non si può affatto vedere un'anticipazione della teoria darwiniana: Smellie non dice nulla sulla competizione fra le varietà di una stessa specie. 4 Smellie, però, non è «malthusiano», nel senso che non stabilisce un rapporto diretto fra la guerra come ostacolo repressivo e la sovrappopolazione: «se si potesse stabilire la pace universale», scrive, «e se la terra fosse coltivata nel modo più perfetto possibile, è improbabile che la moltiplicazione del genere umano raggiungerebbe un punto tale da superare la quantità di risorse alimentari prodotta dall'agricoltura e dall'allevamento e necessaria per la sua esistenza e la sua felicità» (p. 387). 5 «Essi (gli animali selvatici) devono esercitare il massimo sforzo (the full exertion) di tutte le facoltà ed energie per conservare la loro vita e per provvedere a quella della prole. [...] L'animale selvatico deve crearsi, e spesso sudarsi (labour), ogni boccone di cibo, deve tener desti la vista, l'udito, l'odorato nel cercarlo, nell'evitare i pericoli, nel procurarsi un riparo dall'inclemenza delle stagioni e nel provvedere al sostentamento e alla sicurezza della prole. Non c'è muscolo del suo corpo che non venga, ogni giorno, ogni ora, chiamato in azione, non senso o facoltà che non sia rafforzato da un esercizio continuo» (Wallace 1858, pp. 269, 275-276). 6 V. Blyth (1835), p. 95 e cfr. Eiseley 1959. 7 Smellie si serve dello stesso argomento per sostenere che l'uomo ha il diritto di mangiare gli animali che sono sotto la sua protezione: «Non è crudeltà. Ha il diritto di mangiarli, poiché, al pari della Natura, sebbene egli distrugga di tanto in tanto animali domestici, razze timide e docili, tuttavia, allevandoli e proteggendoli, egli dà vita e felicità a milioni di esseri che, senza il suo aiuto, non potrebbero esistere». 8 In margine a questo brano, nella sua copia Darwin mette un punto esclamativo. 9 Anche perché Smellie non vi dedica molto spazio. Vale la pena, comunque, di notare che, subito dopo il brano, citato poc'anzi, sul ciclo perenne di vita e distruzione, egli continua: «Anche fra gli uomini i forti spesso opprimono i deboli, ma d'altra parte, i saggi istruiscono gl'ignoranti. Questi sono i vincoli sociali e le scaturigini del progresso (improvement)) (p. 398). E più avanti, in un capitolo sulla «Scala progressiva o catena degli esseri nell'universo», usa il principio di pienezza e di varietà per giustificare l'esistenza di disuguaglianze naturali fra gli uomini: «... perché, indipendentemente dalle costituzioni politiche, la Natura stessa ha diviso la specie umana in caste o classi (casts or ranks)» (pp. 521-522). Prima di chiudere questa digressione, non sarà inutile ricordare, a dimostrazione della persistenza di certi schemi in189

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