Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

geologia potesse sostituire la precedente teodicea popolare nell'offrire giustificazioni e consolazioni. Come osservava preoccupato il reverendo John Mellor Brown, Buckland aveva introdotto non solo nuove teorie geologiche, ma «una nuova teoria della morte»; aveva completamente accantonato uno dei cardini della concezione cristiana del mondo: il carattere «punitivo» (pena[) della morte (Brown 1838, p. 43). Per alcuni, addirittura, questa concezione non riguardava solo la morte per opera dei carnivori, ma ogni tipo di morte violenta. Vi era stato e vi era chi, ad esempio, considera anche i terremoti come una conseguenza del peccato, una punizione comminata «ad una razza di criminali». In un ordinamento del mondo improntato a pura misericordia, nessun atto punitivo caratterizzerebbe il governo divino, e in un tale ordinamento si troverebbe sicuramente l'uomo, se non avesse 'corrotto la sua esistenza'. Non serve a nulla obiettare che spesso il bene è prodotto dal male che effetti benefici spesso derivano dagli agenti apparentemente più avversi e distruttivi, che uragani e terremoti, fatali a pochi, sono utili ai molti. Tutto questo è scontato. Ma sotto un governo ispirato a benevolenza pura, tutto questo bene sarebbe potuto essere, e sarebbe stato, chiaramente conseguito prescindendo dal benché minimo mezzo doloroso (T.M. 1837, p. 411). Se la morte fosse solo un lento digradare verso la dissoluzione, non penseremmo ad una conseguenza del peccato; ma la distruzione, la violenza, gli spasimi dell'agonia provano che si tratta di una vera e propria esecuzione capitale (ibidem). Per Buckland e per Smith, invece, la morte non era un segno della giustizia, ma della bontà divina: era il mezzo della massima estensione della vita e della felicità. Ma non era una contraddizione dire che la morte rapida è una cosa buona perché pone fine alle sofferenze degli animali vecchi e malati? Se un Dio buono ri178

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==