Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

gione del «catastrofismo» di molti geologi non è stata sempre debitamente sottolineata. Non a caso l'uniformista Lyell si diede tanta pena per sostenere che l'equilibrio generale, se si era conservato costantemente, come tutti ammettevano, a prezzo della morte degli individui, non era affatto sconvolto dalla morte delle specie. Tutto sommato, la concezione dell'equilibrio e dell'armonia della natura dimostrava una grande capacità di sopravvivere adattandosi alle nuove situazioni. Con qualche piccolo accorgimento, anche l'estinzione di una specie poteva essere fatta rientrare nella visione provvidenzialistica tradizionale. Prendiamo un esempio dà un articolo dedicato al Dronte o Dodo (Dinus ineptus, Linn; oggi Raphus cucullatus), il grosso e goffo uccello colombiforme delle Mascarene (oggi Mauritius), visto ancora nel 1691 dal viaggiatore Legnat ed estinto fra la fine del '600 e l'inizio del '700 con ogni probabilità a causa dell'uomo. Nel 1829 il naturalista inglese John Thompson cercava di risolvere i problemi posti dalla sua scomparsa con una combinazione delle dottrine delle creazioni successive, della catena dell'essere e dell'equilibrio mediante freni reciproci. In pratica, concludeva, qualche altra specie, forse l'uomo stesso, lo sostituisce nella funzione di freno all'aumento di altre specie. Sembra che questo uccello fosse quello che può a ragione essere definito un uccello del paradiso, destinato a scomparire quando scoccasse la sua ora. Poiché è l'unico vertebrato di cui possiamo essere sicuri che sia scomparso dall'ultima creazione, esso offre al naturalista filosofico un interessante argomento di riflessione. Se cerchiamo di indagare quale anello della catena si sia spezzato con la perdita di questa specie, quali altri abbiano perso i freni (al loro aumento) e quali altri ancora siano necessariamente seguiti alla perdita del solo animale che contribuiva al loro so159

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