Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

Tutta la concezione linneana dell'economia della natura si fondava sul postulato di un sistema di distruzioni reciproche e controllate, il cui fine era proprio di impedire che una specie distruggesse altre: si trattava, insomma, di un sistema in cui la distruzione era una forza non sovversiva, ma al servizio della conservazione. Idea diffusa e persistente. Nel 1790 il medico e naturalista fiammingo Noel-Joseph Necker (1729-1793), botanico dell'Elettore del Palatinato, scriveva: Nessuna distruzione di specie può mai avvenire fin tanto che dura il nostro pianeta; perché ciò avvenisse bisognerebbe che esso subisse l'urtodi una cometa o che accadesse qualche altro disastro simile. Dunque nelle specie degli animali e dei vegetali soltanto gli individui sono passibili di distruzione e di rinnovamento. Proprio grazie a questo tutte le specie dei corpi organizzati si mantengono e si perpetuano senza che la natura possa annientarle, fin tanto che il nostro pianeta esiste (Necker 1790, p. 21). Ovvero come scriveva Thomas Jefferson, meglio noto come presidente degli Stati Uniti: Tale è l'economia della natura che non si può citare un solo esempio di una razza degli animali da lei prodotti che si sia estinta o di un anello così debole, nella sua grande opera, che si sia spezzato. Il problema aveva una notevole rilevanza filosofica e non era discusso solo dai geologi e dai naturalisti. Posto in termini più generali, coinvolgeva la creèienza nella concatenazione necessaria di tutte le cose e di tutti gli avvenimenti passati, presenti e futuri. Se la natura era un insieme armonico e pieno, ogni cosa aveva non solo un posto ma anche una funzione. Ora, aveva senso spingere l'applicazione del principio di pienezza e l'idea della grande catena dell'essere fino a sostenere che nessun ele156

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