Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

problema del male. C'è un'altra giustificazione delle ostilità tra gli animali («l'uomo compreso», si affretta a precisare Smellie): esse producono un «miglioramento reciproco» (mutuai improvement) attraverso uno stimolo continuo a sviluppare, pena la morte, le loro doti. Le ostilità degli animali, l'uomo compreso, danno origine ad un miglioramento reciproco. Gli animali migliorano e rivelano una superiorità delle parti del loro corpo, in proporzione al numero dei nemici che devono attaccare o da cui devono fuggire. I deboli, e dunque timidi, sono costretti ad adoperare al massimo le loro capacità nell'inventare e nell'attuare ogni possibile modo di fuga. Il puro istinto è una molla potente, ma molto viene appreso dall'esperienza e dall'osservazione. I rapaci, invece, sono costretti da ripetute delusioni a premunirsi contro l'astuzia e la vigilanza della preda. Gli erbivori, avendo poche difficoltà di procurarsi da mangiare, sono relativamente stupidi; ma lo sarebbero ancora di più se non avessero nemici a disturbarli. L'uomo, se la sua attenzione e le sue doti non fossero stimolate dall'ostilità (animosities) dei membri della sua stessa specie, dagli attacchi delle fiere e anche da quelli degli insetti, sarebbe un animale indolente, indifferente (incurious), sporco ed ignorante (ibid, pp. 391-392). Si tratta, in pratica, della vecchia idea della «sferza del bisogno», dell'idea, cioè, che le facoltà dell'uomo, e degli animali, debbano essere sottoposte ad una sollecitazione continua e che il bisogno e le difficoltà stimolino le potenzialità, temprino non solo il carattere ma anche il fisico, aumentino, in un certo senso, la vitalità e l'efficienza dell'organismo. La necessità, insomma, è la madre dell'invenzione, ma mantiene anche il leone nella sua forza, e la lepre nella sua velocità. Se venissero meno gli stimoli de150

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