Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

ti, una sola specie di esseri viventi la cui esistenza non dipenda, in misura maggiore o minore, dalla morte e dalla distruzione di altre, ma tale «sistema generale di carneficina» (p. 384) ha un senso e un'utilità. Innanzi tutto - e questo può forse servire a rendere meno pauroso il quadro generale - bisogna considerare che sulla terra gli animali carnivori e rapaci sono, per una saggia disposizione della natura, meno prolifici delle specie «mansuete e socievoli» (pp. 381, 383). Invece i carnivori acquatici sono dotati di una fecondità straordinaria, ma il rapporto fra preda e predatore si pone qui in termini diversi, poiché tutti gli abitatori delle acque sono carnivori. La loro grande fecondità risponde dunque a due scopi: la specie si conserva in vita pur tra tanti nemici e tutti trovano cibo adatto in quantità sufficiente (p. 383). Per avere un'idea delle conseguenze disastrose che questo sistema di cose evita, basti pensare che, ad esempio, il merluzzo produce in una sola stagione più di nove milioni di uova (il calcolo è di Leeuwenhoeck): se una tale moltiplicazione non fosse frenata, in pochi secoli si riempirebbero tutti gli oceani. Resta comunque la domanda: perché era necessario istituire un sistema di predazione? Tanto più che le ostilità non sono limitate ai rapporti fra le specie, ma hanno luogo in molti casi perfino fra individui della stessa specie: in tutti i pesci, in molti insetti e anche in alcuni mammiferi «i più deboli sono invariabilmente preda dei più forti» (p. 384)3. Smellie cita casi di ferocia e anche di cannibalismo fra gli animali e indica nella guerra,in un certo senso, il corrispondente nell'uomo del sistema naturale di carneficina (pp. 386-387)4 • Ma anche in questi casi è spesso possibile vedere gli effetti benefici di uno stato di cose apparentemente crudele. Per esempio, se agli inizi di ottobre le vespe e i calabroni uccidono le larve è per risparmiare loro una più dolorosa morte per fame, poiché quest'insetti non hanno, a differenza delle api, l'istinto di 148

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