Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

essa averà migliaia di strade di fare i fatti suoi, che noi non le sappiamo» (pp. 52/105). «Intendesi per pittura - aveva scritto proprio Galileo Galilei in una lettera indirizzata a Lodovico Cigoli- quella facoltà che col chiaro e con lo scuro imita la natura», attribuendo al tinteggiare delle ombre e delle luci la facoltà di mutare nella superficie del disegno il «piano» in «rilievo». «Perché - prosegue Galilei - delle cose che appariscono e si veggono, altro non si vede che la superficie, e la profondità non può dall'occhio esser compresa, perché la vista nostra non penetra dentro a' corpi opachi»13 • A tale scopo, impedito nei fatti alla vista, Scilla spacca il rilievo assunto dal disegno delle forme costruendo scenari di materia morta con gli elementi sterili della natura: denti, ossa, scheletri, frantumi di animali, sganasciati smembrati e grinzati; mascelle, vertebre rotte, ganasce spolpate, gusci decomposti imputriditi e disfatti dal fango. Da qui si diparte e attraverso la «tecnica» della ricerca biologica, strutturale della natura latens dei fossili, egli perviene a un concetto di interno e esterno invertiti rispetto al senso comune. «Avendo rotto molti denti non impietrati che tutti sono da una scorza particolare vestiti, la quale serve di pelle alla sostanza interiore del dente, ch'è in molti dell'osso istesso, ma quanto più umoroso, ed in altri, come si è detto, d'una materia tenerissima» (p. 97). Il duro, l'osso contiene la materia «impura e torbida» o di «limo delicata», la delimita, la trattiene, ma la materia si differenzia per la qualità della consistenza sfumandosi nei colori dal fuori al dentro. Il corallo appartiene alla profondità dei mari che circondano la sua terra e Scilla, in collina, ne ha scorte «molte branche imbrogliate insieme con gli Echini e conchiglie» che, seppur perduto il colore in superficie, nel dentro «si conserva una certa 137

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